Giorno per giorno – 22 Marzo 2011

Carissimi,

“Ma voi non fatevi chiamare ‘rabbì’, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate ‘padre’ nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare ‘guide’, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo” (Mt 23, 8-10). La comunità di Matteo doveva essere davvero preoccupata dagli atteggiamenti che stavano prendendo piede in essa, se si è sentita in dovere di richiamare questi ammonimenti di Gesù. E, forse, dovremmo esserlo un po’ anche noi. Già, che tipo di chiesa siamo noi? Chi chiamiamo e consideriamo nostro maestro, padre, guida? O anche: siamo chiesa che evangelizza nella fraternità e nel servizio, o istituzione ricalcata sulla falsariga dei poteri del mondo che dispensa un sapere negato dal suo fare (“dicono ma non fanno”)? Se Gesù si dice (o lo confessa comunque tale la Comunità di Matteo) il solo maestro e l’unica guida, è perché ha la piena consapevolezza di essere in mezzo ai suoi “come colui che serve” (Lc 22, 27). E lo si può riconoscere a vista. Noi non sappiamo lì da voi, ma qui da noi si moltiplicano, un po’ in tutte le chiese, scuole e corsi di liderança, di leadership. Non avendole mai frequentate, non ne conosciamo materie e contenuti. Però sogneremmo che avessero come programma questo: “Leggere e rileggere incessantemente il santo Vangelo per avere sempre dinanzi alla mente gli atti, le parole, i pensieri di Gesù, al fine di pensare, parlare, agire come Gesù, di seguire gli esempi e gli insegnamenti di Gesù e non gli esempi e i modi di fare del mondo, nel quale ricadiamo così alla svelta appena stacchiamo gli occhi dal divino modello. Ecco il rimedio secondo me. L’applicazione è difficile, perché coinvolge cose fondamentali, la realtà interiore dell’anima. Ma la difficoltà non deve fermarci: più essa è grande, più dobbiamo metterci con sollecitudine all’opera e impegnarci in essa con tutte le forze. Dio aiuta sempre coloro che lo servono”. Lo scriveva Charles de Foucauld a don Huvelin, suo direttore spirituale.  

 

Oggi, il calendario ci porta la memoria del gesuita Luis Espinal Camps, martire in Bolivia.

 

22 Luis Espinal.jpgLuis Espinal Camps era nato nel villaggio catalano di St. Fruitós de Bages, nei pressi di Manresa, nel 1932, in una famiglia cristiana di semplici lavoratori. Una sua sorella entrò nel Carmelo, e suo fratello maggiore tra i gesuiti. Luis lo seguì qualche anno più tardi, nel 1949, quando varcò le porte del noviziato della Compagnia di Gesù, a Veruela (Saragozza). Terminata la formazione teologica e ordinato sacerdote, Espinal studiò per due anni nella Scuola di giornalismo e di audiovisivi dell’Università Cattolica, a Bergamo. Nell’agosto del 1968, rispondendo all’invito di un vescovo boliviano, partì per la Bolivia, dove visse, senza mai più tornare in patria, un’epoca di terribili dittature, repressione, carceri, fucilazioni, sparizioni, esili, violazioni dei diritti umani, prepotenza militare, censura.  La chiesa, sulla scia del Vaticano II e di Medellin, cominciava sia pur timidamente a far udire la sua voce di denuncia sulle violazioni dei diritti umani e Luis prese con insistenza a ricordare che in un sistema di ingiustizia, non è possibile la neutralità. Ogni opzione è politica. Perciò la Chiesa fa politica (lo voglia o no), sia quando parla che quando tace. Per fedeltà a Cristo, la Chiesa non può tacere. Una religione che non abbia il coraggio di parlare in favore dell’uomo,  non ha il diritto di parlare a favore di Dio.  La denuncia di Espinal contro il sistema di ingiustizia, si caratterizzò positivamente come opzione per la vita. La vita, ogni vita è sacra. La vita di ogni essere umano è qualcosa di assoluto che non si può vendere a nessun prezzo. Le sue parole sulla necessità di dare la vita per il popolo, le realizzò esistenzialmente. Tutta la sua vita fu al servizio della gente: degli universitari cui insegnava, dei giovani che accompagnava, dei suoi lettori, della gente semplice del barrio Vila San Antonio, dei suoi compagni di comunità  e di lavoro, dei suoi amici. La sera del 21 marzo 1980, Espinal era andato al cinema per via del suo lavoro di critico cinematografico. Aveva visto un film dal titolo “Gli spietati”. Uscendo dal cinema, alcuni sconosciuti lo caricarono a forza su una jeep, che partì sgommando. Gli assassini, guidati dal paranoico Arce Gómez, portarono Luis Espinal al mattatoio del barrio di Achachicala, dove fu torturato per almeno quattro ore e poi ucciso con 17  proiettili. Il suo corpo, gettato in un deposito di rifiuti sulla strada per Chacaltaya, fu trovato all’alba da un contadino. Sulla sua tomba si legge: Assassinato per aver aiutato il popolo. Quattro mesi più tardi, con un colpo di stato, García Meza e Arce Gómez prendevano il potere in Bolivia.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap. 1,10.16-20; Salmo 50; Vangelo di Matteo, cap. 23,1-12.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

21 Giornata mondiale dell'acqua.jpgOggi si celebra anche la Giornata mondiale dell’Acqua, voluta dall’ONU a partire dal 1992, per sensibilizzare tutti sul tema dell’acqua come bene di vitale importanza per tutti gli abitanti del pianeta. Ricordiamo che ancora oggi vi sono al mondo più di un miliardo e quattrocento milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile e 2,4 miliardi che non hanno accesso ad installazioni sanitarie adeguate, con la conseguenza che 30 mila esseri umani muoiono ogni giorno per malattie dovute all’assenza o alla cattiva qualità dell’acqua e dell’igiene.

 

Qualche anno fa, come oggi, una nostra amica,  di cui non vi faremo il nome, né vi diremo di dov’è, tanto lo sa lei e Lui, ha come si dice, voltato pagina. E ci è venuto in mente di scriverle così: “Quel giorno che Lui t’ha detto: / ‘Con me via dal Libano sposa /  con me via dal Libano vieni /  guarda dalla cima dell’Amanah /  dalla cima del Senir e dell’Hermon / dalle tane dei leoni e dai monti dei leopardi. //  Mi hai incantato sorella mia sposa /  mi hai incantato con uno solo dei tuoi occhi /  con una sola delle pietre del tuo collo’ (Ct 4, 8-9). // Quel giorno, tu gli hai creduto / e l’hai seguito per giardini e deserti / e deserti e giardini. / Forse più quelli che questi. /  Ma, forte del Suo sguardo / che sentivi su di te. / Ed è quanto basta. // Auguri, principessa!”. Oggi è l’undicesimo compleanno di Vitor, figlio di Aparecida, figlia di dona Dominga. La comunità gli ha regalato un paio di scarpe, come a dirgli: Ne farai di strada nella vita, ragazzino! Ci hanno scritto che domani, p. Marcelo Barros sarà sottoposto a una piccola chirurgia al cuore, e che irmã Ione Buyst, la liturgista belga che ha abitato qui da noi per molti anni, sta affrontando problemi seri di salute. Noi mettiamo tutti nella vostra preghiera.  

 

E, per il resto, ci si congeda qui, lasciandovi a una delle “Oraciones a quemarropa”, qualcosa come “Preghiere e bruciapelo” di Luis Espinal, dal titolo “Non abituarsi”. Sì, promesso! È questa, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Abbiamo il vizio  di abituarci a tutto. Non ci indignano più le bidonville; né la schiavitù dei raccoglitori di caucciù; né fa più notizia l’apartheid, né i milioni di morti di fame, ad ogni anno. / Ci abituiamo, limiamo gli spigoli della realtà, per non ferirci, e la inghiottiamo tranquillamente. / Ci disintegriamo. Non è solo il tempo che ci scorre via, è la qualità stessa delle cose che arrugginisce. Ciò che è più esplosivo diventa routine e conformismo; la contraddizione della croce è ormai soltanto un ornamento su una scollatura mondana, o sul giubbotto di un Hitler. / Signore, abbiamo l’abitudine di abituarci a tutto; anche ciò che vi è di più doloroso finisce per ossidarcisi. / Vorremmo vedere sempre le cose per la prima volta; vorremmo una sensibilità non cauterizzata, per meravigliarci e ribellarci. / Facci superare la malattia del tradizionalismo, cioè, la mania di mettere il nuovo nei vecchi paradigmi. Liberaci dalla paura dello sconosciuto.  / Il mondo non può andare avanti  nonostante i tuoi figli, ma grazie a loro. Spingili. /Gesù, dacci una spiritualità di iniziativa, di rischio, che abbia bisogno di revisione e di neologismi. / Non vogliamo vedere le cose solo dal di dentro, abbiamo bisogno di avere un amico eretico o comunista. / Per essere anticonformisti come te, che fosti crocifisso dai conservatori dell’ordine e della routine. / Insegnaci a ricordare che Tu, Gesù Cristo, hai sempre rotto le coordinate del prevedibile. E soprattutto, fa che non ci abituiamo a vedere le ingiustizie, senza che divampi in noi l’ira e la volontà di agire. (Luis Espinal Camps, No acostumbrarse).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Marzo 2011ultima modifica: 2011-03-22T23:57:00+01:00da fraternidade
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