Giorno per giorno – 23 Marzo 2011

Carissimi,

“Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 25-28). Beh, ogni tanto, ci prende un po’ di pessimismo e ci viene da pensare che le cose, da allora, non sono mica cambiate granché, né tra i governanti delle nazioni, né tra i discepoli di Gesù. Ben rappresentati, nel Vangelo di Marco, dai due figli di Zebedeo (Mc 10, 35-40), e, nel racconto di Matteo, che abbiamo ascoltato oggi, dalla loro madre (Mt 20, 20). Allusione, forse, a una chiesa (è lei, la madre dei discepoli, no?) che continua a pensare secondo la logica del mondo. Stamattina ci veniva in mente la limpida testimonianza, che, in senso contrario alla pretesa di Giacomo e Giovanni, ci ha offerto, lo scorso dicembre, un anziano  pastore di questa nostra chiesa brasiliana, dom Manuel Edmilson da Cruz, ottantaseienne vescovo emerito di Limoeiro do Norte (Ceará), a cui il Parlamento aveva deciso di assegnare il “Premio Dom Helder Câmara per i Diritti Umani”.  C’è andato, in Senato, il vecchio presule, ma solo per dire: no, grazie. I parlamentari avevano infatti da poco votato quasi all’unanimità e in pochi minuti un aumento dei propri onorari pari al 61%.  E lui ha cominciato col dir loro che, tutto bene, viviamo in una società complessa, ed è vero che sono innegabili i progressi del Paese negli ultimi anni, trenta milioni di brasiliani hanno varcato la linea della povertà e dell’indigenza per aggiungersi ai ceti medi, e c’è il Sistema Unico di Salute, e la borsa famiglia, e il Ministero per l’Integrazione Nazionale, ma c’è ancora, per esempio, gente che muore di malasanità e c’è troppa corruzione. Ed ha aggiunto: Per questo mi sento di ripetere anche qui, “in pieno Congresso Nazionale, ciò che ho già detto nell’Assemblea del mio Stato e nel Consiglio municipale: Chi vota per un politico corrotto, sta votando per la morte! (I vari movimenti per la vita dovrebbero annotarselo! ndR). Anche se, paradossalmente, si trattasse di una persona molto buona, di un grande uomo. Non ancora tuttavia della levatura di un Nelson Mandela che, nell’assumere la carica di Presidente della Repubblica ridusse del 50% il valore dei suoi onorari”. E, poi ha concluso: “Il premio attribuito oggi non rappresenta la persona del più grande cearense, che fu dom Helder Câmara. Non la rappresenta. Anzi, la sfigura. Senza risentimento e agendo per amore e per rispetto verso  tutti voi, signori e signore, per i quali prego ogni giorno, mi resta solo un atteggiamento: rifiutarlo. Esso è un attentato, un affronto al popolo brasiliano, al cittadino, alla cittadina, che contribuisce al bene di tutti con il sudore della fronte e la dignità del suo lavoro. È suo diritto esigere giustizia ed equità quando si tratta di onorari e di salari. Se è suo diritto ed io lo accettassi, starei andando contro i Diritti Umani. Perderebbe tutto il suo senso questo momento storico. Ogni aumento, quando si decide un adeguamento, dovrebbe rispettare sempre la stessa proporzione dell’aumento del salario minimo e della pensione più bassa. Questo non succede. Ed è, lo ripeto, un attentato contro i Diritti Umani del nostro popolo”. E ha preso ed è venuto via. I cristiani in politica (ma anche chi non lo è) potrebbero rifletterci un po’ su. Anche lì da voi, nel caso.  

 

Oggi, il nostro calendario ci consegna le memorie di Turibio di Mongrovejo, pastore e difensore degli indios, e di Nikolai Berdyaev, filosofo e pensatore religioso.

 

23 TURIBIO di MONGHROVEJO.jpgTuribio Alfonso di Mongrovejo era nato nel 1538 da una nobile famiglia a Leon, in Spagna. Da giovane aveva studiato Diritto canonico all’Università di Salamanca. Quando nel 1580 papa Gregorio XIII lo volle vescovo di Ciudad de los Reyes (l’attuale Lima), Turibio non era neppure prete. Ricevette quindi tutti assieme gli ordini previsti per essere consacrato. In quel tempo la diocesi di Lima era assai grande e importante e la sua giurisdizione si estendeva su gran parte del territorio dell’America Latina. La situazione del Paese che incontrò al suo arrivo gli mostrò in tutta la sua gravità i danni arrecati dalla conquista, soprattutto per quanto riguardava i rapporti instaurati dai coloni bianchi con le popolazioni indigene e con gli schiavi africani. Sicché Turibio ritenne doveroso denunciare tale stato di cose e favorire una migliore qualità del clero, richiamando con severità e durezza quei preti che, per ignoranza o opportunismo, avevano preferito porsi al servizio dei conquistadores piuttosto che testimoniare con coraggio la Parola di Dio. Si premurò di imparare le lingue locali, per comunicare direttamente con la sua gente, ascoltarne le richieste ed i bisogni, e poi evangelizzarla nelle forme ritenute più rispettose della sua dignità. Alieno alle cerimonie di corte  e ai rituali sontuosi, che gli sottraevano tempo prezioso al contatto diretto con i  fedeli, compì  tre lunghissime visite pastorali in tutto il territorio della diocesi. Fu proprio durante il terzo di questi viaggi che Turibio cadde ammalato nel nord del Perù, incontrando la morte a Saña, il 23 marzo 1606,  Giovedì santo.

 

23 Nikolai Alexandrovich Berdyaev.jpgNikolai Alexandrovich Berdyaev era nato in una famiglia aristocratica il 6 marzo 1874 a Kiev (Ucraina). Educato in un collegio militare, era passato successivamente all’Università di Kiev, dove prese progressivamente coscienza dell’ingiustizia che regnava nella società. Aderì al marxismo, impegnandosi nelle attività dei movimenti clandestini rivoluzionari. Condannato a tre anni di esilio, li scontò nella provincia di Vologda, dove potè comunque proseguire i suoi studi. Aiutato dalla lettura di Dostoevsky, scoprì i limiti della filosofia materialista, e al suo ritorno a Kiev abbracciò il cristianesimo ortodosso. Ma non ebbe vita tranquilla. Animato com’era dall’esigenza di un radicale cambiamento sociale e profondamente deluso dall’identificazione della gerarchia ortodossa con il potere zarista, nel 1913 scrisse un articolo in cui denunciava apertamente tale atteggiamento del Santo Sinodo. Questo gli valse l’arresto, per essere incorso nel reato di bestemmia. Solo lo scoppio della guerra e il suo esito rivoluzionario gli evitarono la condanna all’esilio perpetuo in Siberia che tale accusa prevedeva. Il regime bolscevico gli offrì una cattedra di filosofia all’Università di Mosca, ma, conoscendo il nostro, la cosa non poteva durare. Dopo essere stato imprigionato due volte,  nel 1922  fu arrestato e bandito dall’Unione Sovietica, sotto pena di morte. Si stabilì prima a Berlino, dove fondò un’Accademia Russa di Filosofia e Religione, e, successivamente a Clamart, nei pressi di Parigi, dove insegnò in un’istituzione analoga, partecipando a dibattiti ecumenici e offrendo preziosi contributi sulle tematiche filosofiche e religiose. Berdyaev seppe guardare con lucidità al processo di disumanizzazione che il materialismo, nelle sue varianti capitalista e collettivista, aveva innestato. Tuttavia,  il peggio era per lui rappresentato dalla resa del cristianesimo allo spirito “borghese”, che si dà là dove le chiese sostituiscono la sicurezza dell’istituzione alla proposta sovversiva del “regno di Dio”, con cui Cristo sfida la storia di ogni tempo.  Berdyaev morì il 23 marzo 1948.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da :

Profezia di Geremia, cap.18, 18-20; Salmo 31; Vangelo di Matteo, cap.20, 17-28.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con  quanti ricercano la Verità del mondo e l’Assoluto della loro vita, lungo i sentieri dell’impegno per la pace, la giustizia e la fraternità tra popoli e individui.

 

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, con una citazione di Nikolai Alexandrovich Berdyaev, tratta da un’antologia dei suoi scritti, curata da Donald A. Lowrie, uscita col titolo “Christian Existentialism: A Berdyaev Anthology” (Allen and Unwin). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

L’uomo si trova davanti all’abisso di essere o non essere. Ed egli non può dominare questo abisso con le sue sole forze: ha bisogno di un aiuto dall’alto. Questa è una faccenda divino-umana. E se nel nostro tempo è l’esistenza stessa dell’uomo ad essere minacciata, se l’uomo è dilaniato, è proprio perché egli si è affidato solo a se stesso e alle sue forze. L’umanità sta attraversando quello che è forse il periodo più pericoloso di tutta la sua esistenza. Ma io non penso che il destino dell’uomo sia del tutto senza speranza. Questa disperazione è solo qui, non nell’aldilà. Perché noi crediamo che la storia del mondo non andrà avanti all’infinito, che il mondo e la storia finiranno. Ma questo significa che noi non crediamo nella possibilità di una soluzione finale in questo mondo, su questa terra, in questo nostro tempo… Tuttavia, questo non deve ostacolare l’azione creativa dell’uomo, e la sua realizzazione della giustizia qui ed ora, perché gli atti creativi dell’uomo influenzeranno la fine stessa. La fine è una faccenda divino-umana. E la parola finale, che appartiene a Dio, comprenderà necessariamente anche una parola dell’uomo (Nikolai Alexandrovich Berdyaev, Christian Existentialism).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro 

Giorno per giorno – 23 Marzo 2011ultima modifica: 2011-03-23T22:20:00+01:00da fraternidade
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