Giorno per giorno – 28 Maggio 2010

Carissimi,

“La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, [Gesù] ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!” (Mc 11, 12-14). Beh, noi non si sa se se sia proprio andata così, quel giorno. Incapace com’era Gesù di far male a una mosca, figurarsi se avrebbe fatto seccare un albero, solo per dispetto, come conferma il racconto più avanti. Probabilmente, in origine, si trattava di una parabola, dove, il fico, in realtà siamo noi, Israele, la chiesa, le chiese, quando ci ostiniamo a farci belli di parole, riti, sacramenti, cerimonie, e però, quanto a frutti, niente. O, peggio, proprio il contrario di ciò che quelle parole, eccetera eccetera, significano. Ovvero, annunciamo e celebriamo la Parola della cura, della dedizione, della liberazione e della vita e pratichiamo indifferenza, egoismo, oppressione e morte. Così quelle sono un po’ le foglie di fico con cui mascheriamo la nostra nudità, la nostra sterilità, le nostre abiezioni. Per i testimoni del Regno, al contrario degli alberi da frutta, non c’è stagione dei fiori, delle foglie, dei frutti. È sempre stagione dei frutti, e fiori e foglie hanno senso solo in presenza di questi. Non è un caso che l’evangelista Marco abbia inserito in questa cornice l’episodio della cacciata dei mercanti dal tempio. I quali, poveretti, facevano il loro mestiere, vendere i prodotti necessari per le offerte e i sacrifici, e tuttavia, per una volta, hanno dovuto prestarsi come soggetti di un insegnamento di Gesù. Il quale, a nome di Dio, dice che basta, non ne può più di sacrifici, processioni e messe, più o meno a buon mercato. Vuole il sacrificio di sé, il dono di sé, l’amore. E, infatti, Lui finirà sull’albero della croce, senza più foglie. Il tempio, poi, come anche la chiesa, dovrebbe in qualche modo essere immagine e prefigurazione della società nuova, dei tempi nuovi, che l’avvento del Regno promette. In questo senso, la cacciata dei mercanti, dal tempio, sì, ma, più in profondità, dalle relazioni umane, assume un significato anche più pregnante. L’idolo (il mercato) ha sostituito Dio (il Dono): è tempo di rimettere le cose al loro  posto. Perché il tempio, e il mondo con esso, diventi “casa di preghiera per tutte le nazioni” (v.17), senza più muri, confini, barriere di separazione.  E, invece.  Invece, c’è il quadro che ci troviamo davanti. E, tuttavia, nulla è definitivamente perduto. Resta la sua promessa: “Tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe” ( Mc 11, 22-25). È necessario, però, il perdono e la riconciliazione.

 

Il calendario ci porta la memoria di Andrea, Folle in Cristo, e di Rabí‘a al-‘Adawíyya, mistica islamica, “testimone dell’amore di Dio”.

 

28 ANDREA IL FOLLE.jpgSecondo il suo agiografo, tale Niceforo, prete di Santa Sofia, Andrea era uno schiavo originario della Scizia, che il suo stesso padrone aveva istruito per farne il suo segretario. Improvvisamente, però, il giovane cominciò a manifestare evidenti sintomi di follia, così il padrone lo fece rinchiudere e incatenare nei pressi della chiesa di Santa Anastasia, ma invano. Ebbe così inizio l’avventura del folle in Cristo più amato di Costantinopoli. Da quel momento, la sua vita sarà la simulazione di un degrado esteriore, volto a fargli occupare l’ultimo posto nel consesso umano. Gratificato di numerose visioni, affascinato dal futuro ultimo dell’uomo, Andrea, con la sua vita e con i suoi dialoghi, esprimeva la sua attesa del Regno e il giudizio che sovrasta la storia. Spesso, suo interlocutore era Epifanio, uomo di profonda saggezza,  che fu in seguito patriarca di Costantinopoli (520-535). A differenza di Simone il Folle, che aveva vissuto un’esperienza analoga alla sua ad Emesa (l’attuale Homs, in Siria), Andrea non simulava la follia per smascherare i peccati di quanti incontrava, ma intendeva manifestare l’esistenza di un mondo invisibile e di una sapienza “altra”. Questa è la ragione per cui è tanto amato dai monaci bizantini, che gli dedicarono una miriade di piccole chiese nei luoghi più impensabili. Nella Chiesa russa, la memoria di Andrea è legata alla festa della Protezione della Madre di Dio, che egli aveva profetizzato in una delle sue più celebri visioni.

 

28 Rabí‘a al-‘Adawíyya.jpgRabí‘a era nata in una povera famiglia della regione di Bassora, nell’attuale Iraq, all’inizio del VIII secolo. Ancora giovanissima, a causa di una carestia, era stata venduta schiava ad un ricco signore che tuttavia, impressionato dai doni spirituali di cui ella godeva, la rimandò libera. E, libera, lei volle restare, scegliendosi schiava del suo Signore. Così, a chi le faceva notare l’obbligatorietà del matrimonio, soleva rispondere: Hai ragione, il matrimonio è obbligatorio, almeno per chi è libero di scegliere. Ma io appartengo a Dio. È a Lui, dunque, che bisogna chiedere la mia mano. E nessuno sapeva come arrivare da Lui a chiedergliela. Rabí‘a visse per alcuni anni come eremita nel deserto, poi si stabilì a Bassora, dove condusse una vita in assoluta povertà, abitando in una capanna di giunchi in compagnia di una ancella, ‘Abdia, che fece conoscere ai contemporanei e ai posteri parole e vita della santa. Un giorno i suoi devoti le chiesero se amasse il Profeta. Lei rispose: Certo che lo amo, e molto, ma l’amore di Dio non mi lascia il tempo di amare il Profeta. Le domandarono allora: Odi Satana? Certo che lo odio, ma l’amore di Dio non mi permette di occupare il mio tempo ad odiarlo. Un giorno fu vista correre per la strada portando una torcia accesa in una mano e un secchio d’acqua nell’altra. Quando le chiesero dove corresse, ella rispose: “Voglio incendiare il paradiso e spegnere l’inferno perché i credenti adorino Dio non per la speranza nel paradiso o per la paura dell’inferno, ma solo per amore”.  Già, liberi. Per amare. Morí nell’ 801, più che ottantenne.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1ª Lettera di Pietro, cap. 4, 7-13; Salmo 96; Vangelo di Marco, cap.11, 11-26.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

Per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad un aneddoto su Rabí‘a, che troviamo citato nel libro “Islamismo” (Zahar Editores) di John Aldem Williams. E che è per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

I  sufi di Bassora insistevano con Rabí‘a perché si scegliesse un marito tra loro, invece di continuare la sua vita da nubile. Rabí‘a rispose così: “D’accordo. Chi di voi è il più religioso?”. Le risposero che era Hassan. Allora lei disse che se Hassan avesse risposto correttamente a quattro domande, avrebbe accettato di divenire sua sposa.. Fece perciò la prima: “Che dirà il Giudice del mondo alla mia morte? Che io sono uscita dal mondo come musulmana o come infedele?”. Hassan rispose: “Questo è tra i disegni occulti che solo l’Onnipotente può conoscere”. Lei disse ancora: “Quando sarò collocata nella tomba e gli angeli Munkar e Nakir (angeli che interrogano i morti) mi faranno le domande, sarò capace di rispondere adeguatamente o no?”. E Hassan rispose: “Anche questo è nascosto nella volontà di Dio”.  “Quando i popoli si riuniranno nella Risurrezione e i libri verranno distribuiti, – domandò Rabí‘a – riceverò il mio nella mano destra o nella sinistra?”. E l’uomo rispose: “Anche questo è tra le cose nascoste”. Infine, ella chiese: “Quando l’umanità sarà convocata (nel Giorno del Giudizio), una parte per il Paradiso e una parte per l’Inferno, in quale dei gruppi sarò?”. Egli rispose: “Anche questo è nascosto, e nessuno sa ciò che è nascosto, eccetto Dio. Lui è la gloria e la maestà”. Allora Rabí‘a disse: “Bene, se ciò che hai detto è vero, ed io ho queste quattro domande di cui preoccuparmi, giorno e notte, come potrei aver bisogno di un marito, con cui il mio tempo sarebbe occupato invano?”. (E rimase nubile). (Cit. in John Alden William, Islamismo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Maggio 2010ultima modifica: 2010-05-28T23:34:00+02:00da fraternidade
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