Giorno per giorno – 31 Luglio 2009

Carissimi,

“Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua” (Mt 13, 57). Succede ancora. Anche con Lui. E, paradossalmente, proprio in quella che, a maggior ragione, è considerata la Sua casa: la chiesa, la comunità (e perciò anche una qualunque famiglia) cristiana. Come, allora, la sinagoga. C’è una pretesa di conoscere Gesù, che in realtà ne nega la più profonda verità. Che è il pensare-agire-relazionarsi di Dio che Egli inaugura. E che ci propone come verità della nostra vita. Valdecí diceva stamattina che questo accade anche ogni volta che noi rifiutiamo di accogliere e prestare attenzione al povero. Del resto chi è il povero se non un figlio di nessuno? In Gesù, invece, e per Gesù, egli è il figlio di Dio. Il prediletto. Sicché, rifiutandoci a lui, ci neghiamo a Gesù, cioè a Dio. Accogliendolo, ascoltandolo, identificandoci con lui, noi accettiamo, e in certo modo, realizziamo Dio nella nostra storia. Succede così che, per esempio, anche nel vostro Paese, con i provvedimenti legislativi in tema di immigrazione, sotto il titolo e la scusa della sicurezza, si stia concretamente scrivendo un capitolo in cui Dio non c’è più. Perché mandato via e messo al bando. E, ci sono chiese, o cristiani e persino preti e qualche vescovo, che applaudono e ci mettono del loro. Perché il lavoro sia fatto in fretta e meglio.   

 
Il nostro calendario ci ricorda Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, e  Vladimir Solov’ev, mistico russo.

 

31_IGNAZIO DI LOYOLA.jpgIñigo (Ignazio) Lopez de Loyola era nato ad Azpzitia, nel Paese Basco, nel 1491, ultimo di tredici figli di Beltran Ibañez de Oñaz e di Marina Sanchez de Licona. Quindicenne, orfano di padre e madre, viene inviato a corte, dove sarà educato alla vita cavalleresca. È donnaiolo, sfrontato e attaccabrighe, quanto basta e avanza. Nel 1515 finirà addirittura sotto processo per non meglio precisati “enormi  delitti” commessi durante il carnevale. Intrapresa la carriera militare, durante l´assedio francese alla fortezza di Pamplona, nel 1521, un proiettile lo raggiunge alla gamba, azzoppandolo. È la sua via di Damasco. Durante la convalescenza, Ignazio ha modo di ripensare radicalmente la sua vita. Si reca nel monastero di Montserrat, dove  fa la confessione generale della sua vita, decidendo, poi, di  condurre una vita di penitenza, come eremita, a Manresa, in una grotta isolata di quella regione. Qui, un anno dopo,  improvvisamente, scopre la vocazione all’attività apostolica. Si reca in pellegrinaggio in Terra Santa e, al ritorno, inizia una rigorosa preparazione intellettuale, studiando latino a Barcellona e filosofia e teologia nelle università di Alcalá (dove sarà inquisito per sospetta eresia), Salamanca e Parigi. In questa città comincia a riunire alcuni compagni, con cui, il 15 agosto 1534 costituisce la Compagnia di Gesù, la cui attività abbraccerà predicazione, insegnamento, missioni ecc., conoscendo presto un rapido sviluppo. Appassionato di Cristo e della Chiesa,  lo stesso Ignazio esercita un’intensa attività apostolica, nella guida della Compagnia, con i suoi scritti e curando e orientando la formazione dei suoi discepoli. Di grande aiuto per quanti desiderano sinceramente consacrarsi a Dio risulteranno essere i suoi “Esercizi Spirituali”. Ignazio muore a Roma, il 31 luglio  1556.

 

31_V SOLOVIEV.jpgVladimir Solov’ev nacque a Mosca, il 16 gennaio 1853, e fu teologo, filosofo, mistico, poeta ed ecumenista. Riteneva che l’essenza del cristianesimo consistesse nell’unione di Dio e dell’uomo nel Verbo incarnato, ma che l’ortodossia avesse trascurato l’uomo e il cristianesimo occidentale avesse trascurato Dio.  Fu profondamente convinto che il cattolicesimo romano e l’ortodossia erano rimasti misticamente uniti nonostante la divisione esteriore. Scomunicato dalla sua chiesa e abbandonato da quanti nella Chiesa cattolica ne avevano appoggiato la visione ecumenica e i progetti di riunificazione tra le Chiese, nei suoi ultimi scritti, segnati da un pessimismo che “solo la fede nelle promesse divine trattiene dal cadere nella disperazione”, presenta il sogno che un “piccolo resto” – formato da ortodossi, cattolici e riformati fedeli all’Evangelo e da ebrei ribelli al falso imperatore cristiano, riuniti tutti intorno al Cristo risorto – inauguri il regno millenario.  Morì, il 31 luglio 1900,  ricevendo i sacramenti della sua Chiesa, pregando in ebraico con i fratelli ebrei. Scrisse: “Lo spirito di Cristo muove gli atei quando lottano per la giustizia e la solidarietà universali”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro del Levitico, cap.23, 1. 4-11. 15-16. 27. 34b-37; Salmo 81; Vangelo di Matteo, cap.13, 54-58.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

Siamo davvero cristiani? E come lo siamo? Il battesimo, la scelta di “credere” in Gesù e di farci latori, nella nostra carne, della Buona Notizia di Gesù ai poveri, ci ha fatto, ci fa ogni giorno, diversi da quanti la rifiutano, o ci ha lasciati uguali e, forse, peggio?  Stasera, in omaggio a Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura una “provocazione” del gesuita Francesco Rossi De Gasperis, tratta da un corso di Esercizi spirituali, da lui tenuto al clero romano nel novembre dol 2006. Può andare bene per tutti, anche per noi. Ed è, per oggi,  il nostro    

 

PENSIERO DEL GIORNO

Che cosa mi è successo quando io sono diventato credente? Cristiani non si nasce! Che cosa è successo in me quando ho cominciato a credere e mi sono compromesso con questa fede fino a giocarmi la mia vita? […] Ritornare al mio principio: non solo della mia creazione, perché quello non è dipeso da me; io non ho deciso di venire al mondo, ma io mi sono trovato messo al mondo. Ciascuno di noi è gettato nel mondo! Io non ho preso parte a questo fatto di esserci; nessuno mi ha consultato! Invece si tratta di essere credente o non; non è automatico e nemmeno è un’iniziativa mia, una scelta mia. La fede non è una scelta nostra. Chi è credente sa che risponde di una scelta fatta dal Signore a una chiamata e ci possono essere dei momenti un po’ come quando Gesù dice a Pietro o agli altri: Volete andarvene anche voi? Forse pensiamo: non sarebbe mica male andarsene, ma non è possibile! Tu solo hai parole di vita eterna. Oppure come diceva Tommaso Didimo, quando Gesù voleva andare a vedere Lazzaro perché era morto: Signore, volevano ucciderti adesso anche a te e ritorniamo là? E Gesù insiste nel voler andare; alla fine Tommaso dice: Beh, andiamo, moriamo anche noi con lui! Dove andiamo al di fuori di Gesù? Io non troverei proprio nessuna ragione di vivere. Ognuno lo può sentire nelle sue tonalità del momento, della storia, dell’età, ma dobbiamo ritornare a questa radice che è il dono che Dio ci ha fatto della fede e la risposta che ha trovato spazio in noi, perché in questo principio c’è una promessa, una prospettiva… ciascuno di noi se l’è fatta a sua immagine, un’immagine puerile, infantile, artificiale… La vocazione non è mai un’immagine che noi ci facciamo! La vocazione è una cosa che viene da Dio. È come il nome con cui il Signore ci chiama, ma che non è il nome che ci siamo dati noi, e tuttavia c’è una dinamica che ci porta dal nostro nome al nome che lui ci dà. C’è un progetto di vita che poi si è andato svolgendo e che oggi ci trova al nostro posto. Ma qualunque sia il punto a cui noi siamo arrivati, ci dobbiamo domandare: e io chi sono in questo posto, che cosa sono diventato? Io, come uomo, come credente, come persona,  io come essere davanti al Signore. (P. Francesco Rossi De Gasperis, Vivere nella nuova alleanza da Geremia a Gesù).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-31T23:22:00+02:00da fraternidade
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