Giorno per giorno – 05 Marzo 2024

Carissimi,
“Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte? E Gesù gli rispose: Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18, 21-22). Il discorso sulla vita della comunità si chiude con questa parola sul perdono. Che è pratica decisiva per l’accadere del Regno. Stasera, ci dicevamo che anche in questa occasione Dio fa lui per primo ciò che esige dai suoi (cioè, pure noi). Lui perdona sempre e incondizionatamente (le settanta volte sette della risposta di Gesù a Pietro) e vorrebbe che noi, consapevoli del dono (e perdono) ogni volta ricevuto, fossimo capaci di moltiplicarne l’esperienza intorno noi. Seu João diceva stasera, forse esagerando un po’ (ma echeggiando il Vangelo), che solo chi ha molto peccato può conoscere la misura della grazia di cui è stato investito, e amare così di ritorno. Ricordava un po’ provocatoriamente ciò che Lutero scriveva al suo amico Melantone: “Se proclami la grazia, proclama una grazia vera, non finta”. Destinata perciò a peccatori veri, non finti. Più numerosi i peccati, più grande la grazia, maggiore l’amore di ritorno. È ciò che saremmo portati a identificare come l’infinito debito accumulato nei confronti di Dio. In realtà, siamo noi a vederlo come debito (e Dio come creditore), mentre tutto per Lui è dono, o, meglio ancora, il debito che egli ha da sempre contratto con noi, come è vero per chiunque ami. È in forza, e ad imitazione, di questo unico amore che Paolo può dirci: “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge” (Rm 13, 8). Così, Dio, avendoci dato tutto, la vita con i suoi doni, se stesso, suo Figlio, il suo Spirito, cioè il suo amore e, ogni volta, il suo perdono (ben più dei diecimila talenti della parabola), si attende che lo imitiamo nei nostri rapporti qui sulla terra e nelle scaramucce che possono intervenire in essi. Non procedendo così, saremo noi a consegnare noi stessi all’infelicità del vivere e del convivere (gli aguzzini della parabola) e ai rimorsi della nostra coscienza, che ci riporteranno, Dio voglia, al buon cammino. La Quaresima vuole aiutarci in questo.

Oggi facciamo memoria di una santo piccolo e pressocché sconosciuto: Conone, l’ortolano, martire in Panfilia.

Originario di Nazareth, in Galilea, Conone era, secondo la tradizione, legato da parentela alla famiglia di Gesù. Lasciata la sua terra natale, si stabilì nella città di Mandron, nella Panfilia (una regione dell’attuale Turchia), dove, dalla coltivazione di un orto, ricavava il necessario per vivere. Quando Decio, sconfitto Filippo l’Arabo divenne imperatore, nel 249, e volle riportare in auge la religione romana tradizionale per dare nuova stabilità all’impero, scatenando l’ennesima persecuzione contro i cristiani, ne fu vittima anche il nostro. Per garantirsi la fedeltà dei sudditi, il nuovo imperatore prescrisse l’obbligo per tutti i cittadini di sacrificare agli dèi, con un atto pubblico comprovato da un attestato delle autorità locali. Quando Conone fu invitato a presentarsi davanti al governatore Publio, rispose: Di cosa ha bisogno il governatore da me, visto che sono cristiano? Ditegli di chiamare chi la pensa come lui o ha la sua stessa religione. Il santo fu allora legato e condotto a forza davanti al Governatore, che tentò ripetutamente di convincerlo a sacrificare agli idoli. Conone rispose però con veemenza che niente e nessuno avrebbe potuto distoglierlo dal confessare apertamente la sua fede in Cristo. Fu così che il governatore ordinò che gli fossero perforati i piedi con chiodi, costringendolo poi a correre davanti al suo carro. Dopo un tratto del cammino, tuttavia, Conone, sentendosi mancare, cadde sulle ginocchia, ed elevata un’ultima preghiera a Dio, morì.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Daniele, cap.3, 25. 34-43; Salmo 25; Vangelo di Matteo, cap. 18, 21-35.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Il 5 marzo 1904 nasceva a Freiburg, in Germania, Karl Rahner, uno dei maggiori teologi del secolo scorso. Noi ne facciamo abitualmente memoria il 30 marzo, in coincidenza con la data della sua pasqua. Ma vogliamo rendergli omaggio anche oggi, offrendovi in lettura il brano di una sua profonda e toccante riflessione. Tratta da un libriccino che, scritto nel 1973, reca il contributo suo e di Joseph Ratzinger, e che ha come titolo “Settimana santa” (Queriniana), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Tu sei in agonia, e nel tuo cuore pieno di dolore c’è ancora posto per la sofferenza altrui! Stai per morire, e ti preoccupi di un criminale il quale, persino nei suoi tormenti, deve ammettere che il suo martirio infernale non è un eccesso di pena per la sua vita malvagia! Vedi tua Madre, e ti rivolgi in primo luogo al figlio perduto! L’abbandono di Dio ti sta uccidendo, e tu parli di paradiso! I tuoi occhi si stanno ottenebrando nella notte della tua morte, ma ciononostante vedono la luce etema. In morte si è intenti solo a se stessi, perché si è lasciati soli e abbandonati. Tu invece ti dai pensiero del¬le anime che devono entrare con te nel tuo regno. O cuore misericordiosissimo! O cuore forte ed eroico! Un miserabile delinquente ti chiede di ricordarlo e tu gli prometti il paradiso. Diventa tutto nuovo, se tu muori? Una vita di peccati e di vizi si tra¬sforma così rapidamente, se tu ti avvicini ad essa? Quando tu pronunci le parole dell’assoluzione so-pra la vita di un criminale, vengono graziati e tra¬sformati persino i peccati e le perfidie più ripu¬gnanti, al punto che nulla più gli impedisce l’in¬gresso nella santità di Dio. Ecco, una briciola di buona volontà, quanta fosse bastata per evitare la sorte peggiore, noi l’avremmo ammessa anche in un bruto e malfattore del genere. Ma le abitudini perverse, gli istinti viziosi, la brutalità e il fango, la bassezza… tutto ciò non scompare con una bri¬ciola di buona volontà e con un fugace pentimen¬to sul patibolo! Uno di tal fatta non può andare in cielo così in fretta come i penitenti e le anime che si sono purificate con una lunga ascesi, o come i santi, i quali non fecero altro che affinare il corpo e l’anima per renderli degni del Dio tre volte san¬to! Tu invece pronunci la parola onnipotente del¬la tua grazia, essa penetra nel cuore del ladrone e trasforma il fuoco infernale della sua agonia nella fiamma purificatrice dell’amore a Dio; in un attimo questo amore illumina tutto ciò che in quel cuore rimaneva ancora come opera del Padre tuo e divora tutto ciò che in codesta vita si oppo¬neva a Dio come debito cattivo della creatura. E il ladrone entra con te nel paradiso del Padre tuo. Darai anche a me la grazia di non perdere mai il coraggio di esigere temerariamente tutto dalla tua bontà, di aspettarmi tutto? Il coraggio di dire, fos¬si anche il più rinnegato dei criminali: Signore, ri¬cordati di me, quando sarai nel tuo regno! Signore, che la tua croce s’innalzi accanto al mio letto di morte. E che la tua bocca ripeta anche a me: In verità ti dico, oggi stesso sarai con me in pa¬radiso. Questa tua stessa parola mi renda degno di entrare, completamente assolto e santificato dalla potenza purificatrice della morte subita con te e in te, nel regno del Padre tuo. (Karl Rahner, Sette parole di Gesù in Croce).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Marzo 2024ultima modifica: 2024-03-05T22:07:04+01:00da fraternidade
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