Giorno per giorno – 01 Marzo 2024

Carissimi,
“Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare’ (Mt 21, 42-43). Così si conclude la parabola della vigna e dei contadini omicidi. Stasera, durante la condivisione della Parola, ci dicevamo che la vigna, che l’uomo della parabola pianta con una cura tutta particolare, designa Israele, il popolo eletto – eletto, non in vista della salvezza (se non in seconda battuta), ma in vista della testimonianza, come anche, in seguito la Chiesa – , a cui il Signore viene, di tempo in tempo, a chiedere i frutti. Frutti che non sono atti di devozione, ma la pratica di quella giustizia eccessiva che, sotto il segno della misericordia, sia capace di esprimere la passione d’amore di Dio per l’umanità e, quella di ritorno (i frutti, per l’appunto), dell’umanità per Dio. Solo che no, niente di tutto questo. Tanto l’antico Israele (che dire poi di quello attuale, se mai pretendesse di esserne la discendenza?), quanto la storia della Chiesa, ma forse quella di ogni popolo, a nessuno dei quali sarà mancata una specifica chiamata, rivelano continui rifiuti a mostrare i frutti attesi. Pare proprio che la suggestione dell’antico serpente abbia fatto e continui a far presa sull’animo dell’Adamo che ci portiamo dentro e sulle istituzioni che egli viene creando, soffocando le voci profetiche che lo richiamano alla vocazione/natura originaria. Fino ad uccidere, nei fratelli, il Figlio, giunto a portarci la verità della fratellanza universale, che ha origine dall’unico Padre. La testimonianza del Regno passa così di popolo in popolo, senza che i rifiuti che si susseguono riescano a sfibrare la volontà di salvezza e il dono di amore di Dio, che anzi, proprio in questa persistenza manifestano il loro carattere incontrovertibile. La Quaresima ce ne vuole rendere edotti, perché ci decidiamo ad assumere la bandiera della testimonianza che ci rende partecipi del piccolo o grande resto, che prende sul serio la verità di Dio incarnata una volta per tutte da Gesù di Nazareth e assume l’impegno di amorizzare il mondo e la sua storia, per dirla con le parole di Arturo Paoli.

Con le Chiese anglicana e luterana ricordiamo oggi la memoria di George Herbert, presbitero della Chiesa d’Inghilterra e poeta; e, qui in Brasile, quella di Milton Schwantes, biblista, animatore della lettura popolare della Bibbia.

George Herbert nacque a Montgomery-Castle, nel Galles, il 3 aprile 1593, quinto figlio di Richard e Magdalen Newport Herbert. Dopo aver conseguito la laurea al Trinity College di Cambridge, il giovane George ebbe il posto di “pubblico oratore” all’università e divenne nel contempo membro del Parlamento. Tutto faceva presagire l’inizio di una carriera politica di successo, ma nel 1625, alla morte di Giacomo I, Herbert, solo trentaduenne, decise di abbandonare simili ambizioni, per rispondere ad un’altra chiamata. Dopo il matrimonio, nel 1626, ricevette infatti l’ordinazione a presbitero e gli fu affidata la cura di una parrocchia rurale, a Bermerton, nel Wiltshire, dove nei pochi anni che gli restarono di vita si mostrò pastore attento ai bisogni spirituali e materiali del suo gregge. Quando seppe imminente la morte, chiamò l’amico Nicholas Ferrar, fondatore della comunità monastica di Little Gidding, e gli consegnò il manoscritto della sua raccolta di poesie, The Temple (Il Tempio), lasciando a lui la scelta di pubblicarlo o di distruggerlo. Morì nella sua parrocchia di Bermerton, il 1° marzo 1633. Nei cinquant’anni successivi, The Temple avrebbe raggiunto le tredici edizioni. Nel 1652, sarebbe stato pubblicato postumo anche un altro libro, questa volta in prosa, The Country Parson, his Character and Rule of Holy Life (“Il Parroco di campagna, Suo carattere e ruolo nella vita spirituale”).

Milton Schwantes era nato il 26 aprile 1946 a Carazinho (Rio Grande do Sul – Brasile), da Eugênia Graeff e Delfino Schwantes, quarto figlio di una famiglia di agricoltori. Nel 1951, alla morte del padre, la famiglia si trasferì prima a Nova Petropolis, poi a São Leopoldo, dove la madre trovò lavoro come cuoca presso l’Istituto pre-teologico luterano, riuscendo così a garantire gli studi ai figli, di cui tre diventeranno pastori e uno insegnante. Nel 1966, due anni dopo il golpe che aveva portato i militari al potere, il diciottenne Milton fece il suo ingresso nella facoltà di teologia della IECLB (Chiesa Evangelica di Confessione Luterana del Brasile), dove cominciavano a far sentire la loro influenza autori come Bonhoeffer, con il suo “Resistenza e Resa”, Schaull, con la sua “Teologia della Rivoluzione” e Moltmann con la “Teologia della Speranza”. Dal versante cattolico, il pontificato di Giovanni XXIII, il Concilio da lui convocato, le sue encicliche, non mancarono di aver ripercussioni anche sul protestantesimo latino-americano. Terminati nel luglio del 1970 gli studi alla facolta di teologia, Milton sposò Elisabeth Klein, e l’anno successivo si trasferì in Germania, dove, all’università di Heidelberg, conseguì la sua specializzazione, preparando e difendendo una tesi dal titolo “Il diritto dei poveri”. Tornato in patria, nel 1974, fu inviato come pastore a Cunha Porã (Santa Catarina). Vi restò fino al luglio 1978, quando fu inviatato ad essere professore di Antico Testamento, nella facoltà teologica della IECLB, a São Leopoldo. Scelse tuttavia di vivere in un quartiere popolare, per fare teologia in primo luogo con la gente semplice del vicinato. Nel frattempo, nella situazione di generalizzata repressione che il Brasile conosceva in quegli anni, era entrato in contatto con i movimenti popolari di resistenza, con le comunità di base e gli ambienti della teologia della liberazione. Questo lo portò a partecipare negli anni successivi al grande progetto della lettura popolare della Bibbia (una lettura a partire dalla realtà e in difesa della vita, lasciando la parola ai poveri), portata avanti in ambito ecumenico, attraverso la sua partecipazione al CEBI, il Centro di Studi Biblici a carattere interconfessionale, sorto nel 1979 per iniziativa di Jether e Lucilia Ramalho, Agostinha Vieira de Mello e Carlos Mesters. Trasferitosi a Guarulhos (São Paulo), nel 1987, continuò a coniugare cura pastorale e insegnamento, questa volta all’Universitá Metodista. La sua casa aprì allora le porte non solo ai fedeli affidati alle sue cure, ma anche a quanti, provenienti dai luoghi più disparati del pianeta desideravano conoscere il lavoro delle comunità ecclesiali di base, di cristiani mossi dalla certezza che in Gesù si ottiene la liberazione e che Dio è un Dio che ci libera dalle schiavitù sociali, politiche, economiche e spirituali. Continuò così finché la salute glielo permise. A partire dall’agosto 2002, un’operazione per asportare un tumore benigno all’ipofisi, gli lasciò conseguenze che ne limitarono grandemente le attività. Seppe tuttavia anche così offrire una grande testimonianza di sopportazione e di gioia. Schwantes si è spento il 1º marzo 2012, lasciando la seconda moglie e le sue tre figlie.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.37, 3-4. 12-13a. 17b-28; Salmo 105; Vangelo di Matteo, cap.21, 33-43. 45-46.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Cade oggi il quarto anniversario della scomparsa di Ernesto Cardenal (20/01/1925 – 01/03/2020). Figura di spicco della rivoluzione che aveva avuto luogo in Nicaragua contro la dittatura di Somoza, aveva fatto parte del governo sandinista, come Ministro della Cultura; il che era costato a lui, come al fratello Fernando, Ministro dell’Istruzione, e a Miguel d’Escoto, Ministro degli Esteri, tutti sacerdoti, la sospensione a divinis da parte del Vaticano. A tutti e tre, in tempi diversi, papa Francesco avrebbe disposto la revoca delle censure canoniche con la loro piena riabilitazione. Poeta tra i maggiori del nostro Continente, fu critico lucido e durissimo della deriva autoritaria del governo di Daniel Ortega e della vice sua consorte. Noi scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura il brano di uno dei suoi ultimi poemi, che, terminato l’11 giugno 2019, ha come titolo “Con la puerta cerrada”. Lo troviamo, in traduzione italiana nel sito della rivista Confronti ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nato in una grotta e morto in una croce / scomunicato dai Luoghi Sacri / “Maledetto chi pende da una croce” / La croce adesso fatta da un orafo / d’oro e gemme pendendo sul petto di un vescovo // Era diverso resuscitato / ed era difficile riconoscerlo / Attraversò le pareti ed era lui stesso / ma trasformato / Era lui stesso ma non lo stesso / corpo spirituale disse San Paolo / Non lo riconobbe la Maddalena / “Dimmi dove l’hai messo” / Appariva con la porta chiusa / un’altra forma di vita e non un fantasma / le piaghe ancora fresche da dove sgorgò molto sangue / non come un essere raggiante / ma come un umile umano mangiando pesce // Non un resuscitare per morire dopo un’altra volta / ma piuttosto che Dio l’ha alzato dai morti / e l’ha seduto alla sua destra / per dirlo in linguaggio arcaico / Dio adesso chiamato Abbá / il Dio dell’universo e dei buoni e dei cattivi / Dio Padre era ancora un Dio neolitico / Abbá cambiò il concetto di Dio / e Abbá il nuovo nome del Dio moderno: / un monoteismo differente // Assassinato dalla religione / i religiosi lo ammazzarono / i peccatori e le puttane entrerebbero prima aveva detto / gli intoccabili portati a tavola come amici / quelli che non erano ammessi a tavola / La nuova era della compassione / Gesù stesso era la Buona Notizia / La buona notizia che Dio ci ama. / (Ernesto Cardenal, Con la porta chiusa).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Marzo 2024ultima modifica: 2024-03-01T21:47:56+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo