Giorno per giorno – 27 Febbraio 2024

Carissimi,
“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo. (Mt 23, 2-4. 11). Come sempre, quello che è detto per allora, vale per ogni tempo, quindi anche per oggi. Gesù ci offre qui un criterio per prendere atto – che non significa pretendere di giudicare e condannare – dell’operare che ci è dato vedere nella Chiesa e, al suo interno, anche del nostro, chiamati come siamo tutti a testimoniare la perenne novità del Vangelo, la Buona Notizia, come l’abbiamo conosciuta in Gesù e come, perciò, da allora, sappiamo essere Dio. Se e quando imponiamo agli altri pesanti fardelli che né noi stessi portiamo, né aiutiamo gli altri a portare, possiamo avere la certezza che non siamo da Dio. Eppure, come notava Lucinha, stasera, nella condivisione della Parola, ci sono pagine della Bibbia che vanno proprio nella direzione di questi pesi insostenibili. È vero, per questo bisogna ricordare che non tutto nella Bibbia ha lo stesso peso, e che per noi cristiani vale il principio della compatibilità cristologica, per la quale l’evento di Gesù ci si offre come chiave ermeneutica (interpretativa) dell’intera Scrittura. Dobbiamo cioè passare ciò che leggiamo attraverso il filtro che Gesù, come rivelazione ultima e definitiva di Dio, ci offre per saper ciò che di volta in volta ci è detto e ci è chiesto. Principio dell’agire è, secondo Gesù, il servizio in funzione della vita degli altri. Non, quindi, la ricerca del potere, la pretesa di imporre le proprie convinzioni, l’ansia di veder aumentato il proprio prestigio, il misurare il proprio valore dalla conquista di visibilità sociale, dal far parte di circoli esclusivi, o come assistiamo sempre più frequentemente, il rabbioso accanirsi contro chi la pensa o la vive diversamente: tutto questo fa parte della logica mondana, frutto dell’antica e sempre presente suggestione del serpente. La proposta di Gesù va nel senso contrario. Il suo invito suona infatti così: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 29-30). La nostra vita in famiglia, nella Chiesa, in società può dirsi testimonianza della mitezza e umiltà di Gesù?

Oggi il calendario ci porta la memoria di Gregorio di Narek, asceta, mistico e poeta del X secolo.

Nato intorno all’anno 951, Gregorio entrò giovanissimo nel monastero di Narek, dove era abate Ananaia Narekatsi, uno dei monaci più celebri dell’epoca, fratello di suo nonno. Il monastero sorgeva, ad un’altezza di 1650 metri, a pochi chilometri dalla riva sud-orientale del Lago di Van (oggi in territorio turco), che con i suoi 120 chilometri di lunghezza e gli 80 di larghezza è un vero e proprio mare. Di Gregorio non si sa più nulla, se non che, in quel monastero, visse tutta la sua vita, facendo ciò che deve fare un monaco, pregando, lavorando, insegnando e contemplando. Tradusse in versi mirabili la sua esperienza, il senso acuto del peccato e il desiderio estremo di esprimere e giungere a toccare il Dio che, indicibile e inafferrabile, come in un gioco amoroso a rimpiattino, ci insegue e ci sfugge. Gli cantava: “Tu, se noi sfuggiamo, corri dietro a noi, / se siamo indeboliti, Tu ci fortifichi, / se ci smarriamo, Tu ci spiani un sentiero facile, / se siamo intimiditi, Tu ci incoraggi, … / se mentiamo, Tu ci giustifichi con la tua verità, … / se non desistiamo dalla nostra volontà, Tu ci fai desistere…/ se ci alieniamo, Tu tieni lutto, / se ci avviciniamo, Tu fai festa, / se diamo, Tu accetti, / se noi ci rifiutiamo, Tu maggiormente elargisci i tuoi doni”. Gregorio morì il 27 febbraio 1010 (o forse 1011). Il corpo fu sepolto nel monastero dedicato a santa Sanducht, prima martire armena (I° secolo) e figlia del re Sanatruk, che la tradizione vuole sacrificata per la fede su ordine del padre. Più tardi i resti del santo furono trasferiti a Sebaste, l’attuale Sivaz, nell’Anatolia centrale, accompagnando l’esodo delle popolazioni che fuggivano le prime invasioni delle tribù turciche.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap. 1,10.16-20; Salmo 50; Vangelo di Matteo, cap. 23,1-12.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Noi si è saputo solo oggi della morte di due persone, ciascuna a suo modo, legate a quella che per noi è la Terra Santa. Quella del giovane aviere statunitense Aaron Bushnell, che si è sacrificato, dandosi fuoco, davanti all’ambasciata israeliana, a Washington, la scorsa domenica 25, in protesta contro il genocidio di palestinesi, che sta avvenendo da settimane nella Striscia di Gaza, sotto lo sguardo indifferente, quando non complice, delle nazioni. Il suo gesto ricorda quello di Jan Palach, autoimmolatosi a Praga, il 19 gennaio 1969, per protesta contro l’invasione sovietica, e quello di oltre 30 monaci buddhisti, che si sacrificarono, tra il 1963 e il 1966, nell’allora Vietnam del Sud, per denunciare la dittatura filoamericana di Saigon. Che il suo sacrificio serva a smuovere le coscienze, nonostante l’assordante silenzo dei media, che l’ha coperto. L’altra scomparsa è quella del biblista Francesco Rossi De Gasperis, avvenuta lunedì 26, nella residenza dei gesuiti di San Pietro Canisio, a Roma, all’età di 97 anni. Ci limitiamo a dire che, se questa lettera riucirà ad avere un seguito negli anni a venire, contiamo di farlo entrare nelle memorie che abbiamo in comune tra qui e lì. In una lettera in cui faceva riferimento a alcune inabilità che l’avevano raggiunto nel fisico, aveva scritto: “Ripenso con un certo umorismo a quanto dicevo negli anni passati, parlando di come dovremmo vivere consumandoci, logorandoci nella carità. Dicevo che bisognava essere pronti ad arrivare alla fine della vita avendo perduto qualche pezzo di noi, per amare. E’ proprio così! Ed è bello che sia così”.

Ed è tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una preghiera di Gregorio di Narek, tratta dal suo “Le livre de prières” (Sources chrétiennes 78, Cerf, Paris), e inclusa nel libro “Spero nella tua misericordia. Preghiere e invocazioni di monaci siriaci” (Paoline). È questa, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Figlio del Dio vivo, benedetto in tutte le cose, misteriosamente generato dal Padre altissimo: niente assolutamente ti è impossibile. Quando si levano i raggi senza ombra della tua misericordia, della tua gloria, i peccati svaniscono, sono cacciati i demoni, cancellate le trasgressioni, rotti i legami, spezzate le catene, rinascono a vita i morti; sono guarite le ferite, cicatrizzate le piaghe, annientata la corruzione; scompaiono le tristezze, cessano i gemiti; fuggono le tenebre, si dissipa la nebbia, si allontana la bruma, svanisce l’opacità; finisce il crepuscolo, si leva l’oscurità, se ne va la notte; bandita è l’angoscia, soppressi i mali, scacciata la disperazione; mentre regna la tua mano onnipotente, o Tu che espii per tutti! (Grégoire de Narek, Le livre de prières, XLI, I).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-27T21:42:31+01:00da fraternidade
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