Giorno per giorno – 25 Febbraio 2024

Carissimi,
“Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo! E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro” (Mc 9, 7-8). Questo vangelo, l’abbiamo meditato, stamattina, nella chiesa del Monastero, assieme agli amici e amiche di Fé e Luz, la comunità che riunisce persone con deficit intellettivo e i loro famigliari e amici, con cui ci ritroviamo una volta al mese tutti insieme da diciotto anni. Quando siamo stati chiamati a dare un nome alla comunità ci è venuto in mente proprio l’episodio della trasfigurazione di Gesù e abbiamo scelto di chiamarla “Noi…. la sua tenda”, motivando questa scelta così: “Quel giorno, / lui li aveva portati/ – i suoi amici -, / in cima alla montagna, / (come fosse, per noi, / la collina del Cruzeiro, / o il Cantagalo). / Loro si chiamavano come noi, / Pietro, Giacomo, Giovanni. / Ed ecco che, improvvisamente, / Lui non era più lo stesso, / i loro occhi si aprirono / e potevano ora, / vederlo / come mai prima: / bello, pieno di fascino e d’incanto. / E fu Pietro a parlargli / a nome di tutti: / È bello stare qui; / potremmo / montare una tenda / per te. / No, meglio ancora: / vorremmo essere / noi stessi la tua tenda. / Che ne dici? / Lui scosse la testa / e li guardò sorridendo: / Non possiamo restare qui. / La vita ci aspetta laggiù. / Ma ricordate / come mi avete visto / qui ora / trasfigurato / e siate sempre davvero / la mia tenda, il mio rifugio, / difesa e protezione! / Io sono Gesù, ma / mi chiamo / Cláudio, Valter, José, / Aparecida, Maura, Divina, / Maria José, Fabrícia / Rafael, Carmo, Divino, / Hernando, Cássio, Odaí, / Adriana, Marta, Gesuina, / Ivonete, Maria Clara, Maria, / João Lucas, Inês, Divininha. / Ogni nome, un poema. / Il mistero di Dio. / Il nostro tesoro. / E noi, / per miracolo e grazia, / la loro tenda. / La SUA tenda”. Ce ne siamo ricordati oggi.

I testi che la liturgia di questa II Domenica di Quaresima propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.22,1-2.9a.10-13. 15-18; Salmo 116; Lettera ai Romani, cap.8, 31b-34; Vangelo di Marco, cap.9, 2-10.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il nostro calendario ci porta oggi le memorie di Robert d’Arbrissel, monaco e asceta, e di Peter Benenson, fondatore di Amnesty International.

Robert era nato intorno al 1045 ad Arbrissel (oggi Arbressec), nella diocesi di Rennes, in Bretagna. Durante il pontificato di Gregorio VII, si recò a Parigi, per compiervi i suoi studi e fu allora che divenne sensibile ai temi della riforma della Chiesa. Era questa un’epoca difficile, caratterizzata da una pericolosa confusione/competizione tra potere sacro e potere profano. E chi ne faceva le spese era soprattutto la povera gente, oltre che, naturalmente, la testimonianza dell’Evangelo. Numerosi movimenti popolari erano sorti un po’ dovunque a contestare il profilo decisamente squallido della vita del clero, segnata dalla compravendita degli uffici ecclesiastici, dalla corruzione, e dalla pratica concubinataria dei suoi membri. Nel 1089, Sylvestre de La Guerche, vescovo di Rennes, richiamò Robert in diocesi, perché desse il suo contributo all’azione di riforma. Lui ci si dedicò con grande zelo, facendosi ovviamente molti nemici. Tanto è vero che, alla morte del vescovo, nel 1093, fu costretto a fuggire dalla città e rifugiarsi ad Angers. Due anni più tardi, però, si ritirò nella foresta di Craon, per menarvi vita ascetica ed eremitica. Negli anni successivi, il diffondersi della sua fama, richiamò al suo seguito un numero crescente di penitenti, uomini e donne, nobili e popolani, matrone dell’aristocrazia e prostitute, lebbrosi e mendicanti, oltre a numerose concubine dei preti che la riforma aveva privato dei loro ex-consorti. Nel 1101, anche per rispondere alle critiche di alcuni vescovi, orripilati per tale facile promiscuità, decise di dare una dimora fissa ai suoi seguaci, organizzandone la convivenza. Li insediò così nella valle di Fontevraud, sulla riva sinistra della Loira, nei pressi di Saumur e li strutturò in ordine religioso misto, maschile e femminile, dando loro da osservare la Regola benedettina. Volle che essi fossero conosciuti solo come “poveri di Cristo” e l’ideale che propose loro fu “in nudità seguire Cristo nudo sulla croce”. A capo di tutti, decise di porre una donna come abbadessa, e scelse Pétronille de Chemillé. Il 18 febbraio 1116, Robert cadde gravemente malato, morendo pochi giorni dopo, il 25 febbraio.

Peter Benenson era nato a Londra, il 31 luglio 1921, figlio unico di Harold Solomon e di Flore Benenson, una famiglia ebraica di origine russa. Sedicenne, per non far torto a quel che sarebbe diventato da grande, cominciò a organizzare campagne di solidarietà, la prima in favore degli orfani della guerra civile spagnola, poi, durante la Seconda Guerra mondiale, per aiutare due giovani ebrei a sottrarsi alla persecuzione nazista. E così via. Nel 1957, quando ormai da anni esercitava la professione di avvocato, fondò “Justice”, un’organizzazione in difesa dei diritti dell’uomo. Data all’anno seguente la sua conversione al cristianesimo, con l’ingresso nella chiesa cattolica. Nel 1961, dopo aver letto dell’arresto e della condanna, a Lisbona, di due giovani che avevano brindato in pubblico alla libertà delle colonie portoghesi, pubblicò su un settimanale londinese un appello per una campagna di 12 mesi finalizzata alla liberazione di tutti i prigionieri per motivi di opinione. La risposta entusiasta che la proposta ricevette ovunque convinse Benenson e due suoi amici, Sean MacBridge e Eric Baker, a creare Amnesty International, un movimento globale di attivisti per i diritti umani, impegnati a denunciare le ingiustizie dei governi ed esprimere solidarietà fattiva verso le vittime. Lungo tutta la sua vita questi interessi non sarebbero mai venuti meno, anche quando scelse per un periodo di lasciare ogni incarico nell’organizzazione. Negli anni ’80, divenne il presidente di una neonata “Associazione di Cristiani contro la Tortura” e, all’inizio del decennio successivo, dedicò tutte le sue energie ad organizzare soccorsi per gli orfani del regime di Ceaucescu, in Romania. Nel 1986, per il venticinquennale di fondazione di Amnesty International, durante una cerimonia a Londra, Benenson accese una candela e disse queste semplici parole: “Questa candela non brucia per noi, ma per tutte quelle persone che non siamo riuscite a salvare dalla prigione, che sono state uccise, torturate, rapite, scomparse. Per loro brucia la candela di Amnesty International”. Morì il 25 febbraio 2005 al’ospedale John Radcliff di Oxford.

Oggi, abbiamo celebrato i ventotto anni di ordinazione episcopale di Dom Eugenio Rixen, nostro vescovo emerito, che portiamo nell’azione di grazie e mettiamo nella vostra preghiera amica.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di omelia quaresimale di S. Oscar Arnulfo Romero, che troviamo nel libro “The violence of love” (Orbis Books) e che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Questa Quaresima, che celebriamo tra sangue e dolore, deve essere presagio di una trasfigurazione del nostro popolo, di una resurrezione della nostra nazione. Per questo la Chiesa ci invita a forme moderne di penitenza, digiuno e preghiera, pratiche cristiane eterne, adattandole alle concrete situazioni della gente. Nei Paesi in cui si mangia bene la Quaresima non è la stessa cosa che nei nostri popoli del Terzo Mondo: denutriti, in perenne Quaresima, sempre a digiuno. In queste situazioni, per chi mangia bene, la Quaresima è un richiamo all’austerità, alla rinuncia, al fine di condividere con chi è nel bisogno… D’altra parte, nei Paesi poveri, nelle case dove c’è fame, la Quaresima dovrebbe essere celebrata come motivazione per dare un senso di croce redentrice al sacrificio che si vive; non per un erroneo senso di rassegnazione, che Dio non vuole, ma perché, sentendo nella carne le conseguenze del peccato e dell’ingiustizia, si sia stimolati a lavorare per la giustizia sociale e per un vero amore per i poveri… La nostra Quaresima dovrebbe risvegliare il sentimento di questa giustizia sociale. Celebriamo, quindi, la nostra Quaresima in questo modo: dando alle nostre sofferenze, al nostro sangue, al nostro dolore, lo stesso valore che Cristo ha dato alla sua situazione di povertà, oppressione, abbandono e ingiustizia, trasformando tutto questo nella croce salvifica che redime il mondo e le persone. E senza odio per nessuno, convertiamoci, condividendo, nella nostra povertà, conforto e aiuti materiali con quanti hanno forse maggior bisogno. (Oscar Romero, The Violence of Love).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-25T21:38:56+01:00da fraternidade
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