Giorno per giorno – 23 Febbraio 2024

Carissimi,
“Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna” (Mt 5, 21-22). Il discorso è introdotto da un categorico “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (v.20). Questa superiore giustizia non è il biglietto d’ingresso per il paradiso, ma la condizione per sperimentare il regnare di Dio in noi e tra di noi. Stasera, durante la condivisione della Parola, ci dicevamo che è bene chiarire che qui, quando si parla della giustizia di scribi e farisei, non ci si riferisce alla versione ipocrita di chi dà solo mostra di osservare la legge, ma proprio all’osservanza puntuale e devota di tutte le sue norme. Una giustizia superiore a questa può essere solo di Dio. Il quale non pretenderà da noi ciò che lui non rispettasse per primo. Quindi è già buono sapere che nel regno del Padre, il primo a non adirarsi con noi è Lui, e che mai si sognerà di chiamarci stupidi o pazzi. L’ira e le parolacce di Dio ci ucciderebbero dentro (ben oltre il comandamento di non uccidere, delle cui trasgressioni imputate a lui le pagine della Bibbia sono zeppe) assai più di quanto potremmo farlo noi tra di noi. La Buona Notizia è dunque in primo luogo questa. Poi, in seconda battuta, è che, se nostro Padre è così, anche noi dovremmo poterlo essere. Per il dna che ci ha trasmesso e per l’azione dello Spirito che non smette un minuto di tifare per noi. Se, dunque, a scribi e farisei, poteva bastare il non uccidere, noi vogliamo di più, vogliamo far vivere il nostro fratello (tutti i fratelli) con ogni fibra del nostro essere. Sì, è vero, è un’ambizione eccessiva. Ma è la giustizia che ci richiede nostro Padre. Lo deluderemo?

Oggi si celebra la memoria di Policarpo di Smirne, pastore e martire.

Policarpo nacque probabilmente nel 69 d.C. da una famiglia benestante di Smirne (nell’attuale Turchia) e secondo lo storico Eusebio “non solo fu educato dagli Apostoli e visse con molti di quelli che avevano visto il Signore; ma fu anche dagli Apostoli stabilito nell’ Asia come vescovo di Smirne”. Questo incarico gli deve essere stato affidato intorno all’anno 100. Durante il suo episcopato, nell’anno 107, accolse a Smirne il vescovo di Antiochia, Ignazio, che veniva portato a Roma per subirvi il martirio. E fu proprio Policarpo a raccogliere, su richiesta dei Filippesi, le lettere di Ignazio, che costituiscono uno dei documenti scritti più antichi della primitiva comunità cristiana. Quando Aniceto divenne papa di Roma, Policarpo si recò a Roma per dirimere con lui il contrasto sulla data di celebrazione della Pasqua, che in oriente si celebra in coincidenza con il 14 del mese ebraico di Nisan e in occidente nella domenica successiva al primo plenilunio di primavera. I due non trovarono un accordo, ma decisero che questo non doveva tradursi in motivo di rottura o separazione. Tornato a Smirne, il vecchio Policarpo, che aveva 86 anni suonati, trovò una situazione pesante nella sua comunità. All’imperatore Antonino il Pio, nonostante il soprannome, non dispiaceva scatenare ogni tanto qualche persecuzione nei confronti dei cristiani. E, in provincia, non mancavano zelanti funzionari per eseguire le direttive imperiali. Poco dopo il suo ritorno in patria, il vecchio vescovo, fu arrestato e portato a palazzo del proconsole Stazio Quadrato, che lo sollecitò ripetutamente a sacrificare agli dèi e a maledire Cristo, per tornare libero. Policarpo gli obiettò: “Sono ottantasei anni che lo servo, e mai mi ha fatto torto. Come posso bestemmiare il mio re e salvatore?”. Rifiutò di difendersi di fronte alla folla, arrampicandosi poi da solo sulla catasta pronta per il rogo. Chiese ed ottenne che non lo inchiodassero, ma le guardie comunque lo legarono. Fu finito con la spada. Era il 23 febbraio 155.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.18, 21-28; Salmo 130; Vangelo di Matteo, cap.5, 20-26.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco di misericordia.

È tutto, per stasera. Tra i testi dei Padri apostolici contemporanei di Policarpo, brilla il Pastore di Erma, cui nel secondo secolo fu da molti riservata un’autorità pari a quella della Sacra Scrittura. Nel congedarci, scegliamo di proporvene un brano come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Ascolta, dice, l’azione della collera come è perversa, e come travolge con il suo impeto i servi di Dio e come li devia dalla giustizia. Non devia quelli che sono pieni di fede, nè può agire contro di loro perché la forza del Signore è con loro. Fa deviare quelli che sono vuoti e incerti. Se vede tali uomini che se ne stanno tranquilli, si insinua nel cuore di qualcuno e per un nulla l’uomo o la donna si trova nell’ira o per le faccende del vivere o per i cibi o per qualche futilità o per qualche amico o per il dare o l’avere o per simili cose inutili. Queste sono cose futili, vane, stolte e dannose per i servi di Dio. La pazienza, invece, è grande e forte ed ha un vigore formidabile, saldo e prospero e si estende largamente. La pazienza è gioiosa, contenta, senza preoccupazioni, e magnifica il Signore in ogni tempo. Nulla ha in sé di aspro e rimane sempre calma e tranquilla. La pazienza abita con quelli che hanno una fede perfetta. La collera per prima cosa è stolta, leggera e pazza. Dalla stoltezza nasce l’asprezza, dall’asprezza l’animosità, dall’animosità l’ira, dall’ira il furore. Il furore, poi, che si compone di tanti mali, è un peccato grande e inguaribile. Quando tutti questi spiriti abitano in un corpo, ove dimora anche lo Spirito Santo, quel corpo non li contiene, ma trabocca. Lo spirito delicato, non avendo, dunque, dimestichezza nell’abitare con lo spirito cattivo, né con la durezza, si allontana da un tale uomo e cerca di abitare con la mansuetudine e la serenità. Quando si allontana dall’uomo in cui abita, l’uomo diventa privo dello spirito giusto e, pieno di spiriti malvagi, si agita in ogni sua azione. Tirato qua e là dagli spiriti malvagi, rimane del tutto cieco nel buon discernimento. Così capita a tutti gli iracondi. Lungi dall’ira, lo spirito perverso! Rivestiti di pazienza, resisti alla collera e all’asprezza e sarai con la saggezza amata dal Signore. Vedi di non trascurare questo precetto. Se te ne impadronisci, potrai osservare anche gli altri precetti che ti devo ordinare. Sii forte e incrollabile in essi, e siano incrollabili tutti quelli che vogliono camminare nella loro via”. (Pastore di Erma, XXXIV, 1-8).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-23T21:35:37+01:00da fraternidade
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