Giorno per giorno – 18 Febbraio 2024

Carissimi,
“Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 14-15). Il primo a convertrsi era stato Dio. E il proposito manifestato nella prima lettura di questa prima domenica di Quaresima lo rivelava a sufficienza: “Non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio devasterà la terra” (Gn 9, 11). Come se non fosse bastata la decisione e relativa presa di coscienza, manifestata poco prima: “Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché l’istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto” (Gn 8, 21). A dire il vero, come dicevamo stamattina durante la condivisione della Parola, non era tanto Lui a doversi pentire di ciò che, del resto, non aveva fatto, quanto piuttosto lo scrittore sacro, che glielo aveva attribuito. Come, purtroppo, succederà ancora spesso nei libri tanto del Primo come del Secondo Testamento. E forse non è un caso che nella seconda lettura, nella lettera a nome di Pietro, Gesù sia mandato all’inferno per evangelizzare, e perciò riscattare, le anime [che si volevano e sovente si continuano a volere] perdute: “Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; essi avevano un tempo rifiutato di credere” (1Pt 3, 18-20). Convertito Dio, o meglio, la sua immagine, suggerita dal Serpente, possiamo accogliere l’invito di Gesù a convertirci anche noi. E a credere, così, alla buona notizia che egli è.

I testi che la liturgia di questa 1ª Domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.9, 8-15; Salmo 25; 1ª Lettera di Pietro, cap.3, 8-22; Vangelo di Marco, cap.1, 12-15.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria del Beato Angelico, iconografo; e quella di Martin Lutero, riformatore della Chiesa.

Guido di Pietro era nato a Vicchio di Mugello, intorno al 1390. Dopo aver fatto per un po’ il pittore a Firenze, decise di essere frate predicatore. Entrò perciò nel convento domenicano più a portata di mano, a Fiesole, cambiò il nome, prendendo quello di fra’ Giovanni da Fiesole, fu ordinato sacerdote, ma continuò anche a fare il pittore, dipingendo da allora Crocifissi, Madonne, Angeli e Santi. Lo fece tanto bene che la gente diceva che quel frate, in paradiso, doveva esserci di casa. E lo ribattezzarono Beato Angelico. Si spense a Roma, il 18 febbraio 1455 a Roma, nel convento di Santa Maria sopra Minerva, dove il suo corpo è ancora conservato.

Martin era nato a Eisleben, in Germania, il 10 novembre 1483, da Margarethe Ziegler e Hans Luther. Dopo aver studiato all’università di Erfurt, decise di dare una svolta radicale alla sua vita. Nel 1506, contro la volontà paterna, entrò nel convento agostiniano della stessa città, l’anno successivo, fu ordinato sacerdote e si diede ad approfondire con passione le Sacre Scritture, le lettere di Paolo, il pensiero di Agostino, le sentenze di Pietro Lombardo e la produzione di molti altri teologi e filosofi. Trasferito, nel 1512, al convento di Wittenberg, vi conseguì il dottorato in teologia, insegnando negli anni successivi esegesi biblica all’università. Nel 1517, sdegnato per le numerose deviazioni presenti nella vita della chiesa (nepotismo, amore del potere e della ricchezza, rilassatezza morale), ma soprattutto per lo scandaloso commercio delle indulgenze che aveva preso piede, rese pubblico un elenco di 95 tesi con cui ne contestava la dottrina. Nel 1518 venne chiamato a discolparsi davanti al legato pontificio, cardinale Caetano, durante la dieta di Augusta, rifiutando tuttavia di ritrattare le sue tesi. Nel 1520 il papa emanò la bolla Exurge Domine, con cui condannava 40 proposizioni di Lutero. Questi rispose con un opuscolo durissimo, precisando ulteriormente il suo pensiero in tre opere che posero le basi della Riforma: La cattività babilonese della Chiesa, Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, e Sulla libertà del cristiano. Nel 1521, scomunicato e bandito dall’impero, si rifugiò a Wartburg, presso il principe Federico III di Sassonia, dove si impegnò nella traduzione tedesca della Bibbia. Nel 1525 sposò Catharina von Bora, da cui ebbe sei figli. La rapida diffusione del suo messaggio, lo portò, negli anni successivi, ad impegnarsi nella difesa della sua dottrina dalle interpretazioni più radicali ed estremistiche della riforma religiosa, sfociate, sul piano sociale, nella cosiddetta Guerra dei contadini. Per fronteggiare questa, Lutero non esitó, purtroppo. a chiedere ai principi tedeschi di schiacciare la ribellione nel sangue e restaurare l’ordine violato. Anche in relazione alla questione ebraica, c’è da registrare una grave macchia nella produzione del riformatore. Se, infatti, nei suoi primi scritti egli apparve sostanzialmente benevolo nei confronti degli ebrei (con la speranza, però, della loro conversione), negli ultimi scritti si mostrò sempre più aggressivo, con punte di volgarità e con aperta istigazione alla violenza e alle persecuzioni. Lutero morì nella sua città natale, il 18 febbraio 1546. Poco dopo la sua morte, fu ritrovato un appunto, da lui scritto pochi giorni prima di morire. Riassumeva in una frase quello che è considerato il suo testamento spirituale: “Wir sind Bettler. Das ist wahr”, ovvero: “Siamo mendicanti. Questo è vero”. Se la rottura dell’unità ecclesiale fu l’altissimo prezzo pagato dall’azione di riforma da lui avviata, bisogna tuttavia riconoscere che essa provocò anche nella Chiesa cattolica un salutare sussulto, in vista di una testimonianza più coerente e di un annuncio più credibile dell’Evangelo.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura una citazione di Martin Lutero, tratta dal suo “Commento al Magnificat”. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per comprendere bene questo santo canto di lode, bisogna precisare che la benedetta Vergine Maria parla in base alla sua esperienza, essendo stata illuminata e istruita dallo Spirito Santo; nessuno, infatti, può capire correttamente Dio e la Sua parola, se non gli è concesso direttamente dallo Spirito Santo. Ma ricevere tale dono dallo Spirito Santo, significa farne l’esperienza, provarlo, sentirlo; lo Spirito Santo, insegna nell’esperienza come in una scuola, all’infuori della quale nulla s’impara se non parole e chiacchiere. Dunque la santa Vergine, avendo esperimentato in sé stessa che Dio opera grandi cose in lei, per quanto umile, povera e disprezzata, lo Spirito Santo le insegna questa grande arte comunicandole la sapienza, in base alla quale Dio è il Signore che si compiace di innalzare ciò che è in basso, e di abbassare ciò che è in alto, in altre parole, che distrugge ciò che è costruito e costruisce ciò che è distrutto. Così come al principio della creazione, egli creò il mondo dal nulla, per cui è anche chiamato Creatore Onnipotente, ancora oggi il suo modo di operare conserva questo carattere,e lo conserverà fino alla fine dei tempi, continuando a trarre da ciò che è nulla, piccolo, disprezzato, misero e morto, qualche cosa di prezioso, onorevole, beato e vivente, e viceversa, tutto ciò che è prezioso, onorevole, beato, vivente, Egli lo riduce a niente, a una cosa piccola, disprezzata, misera ed effimera. (Martin Lutero, Commento al Magnificat).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-18T21:36:18+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo