Giorno per giorno – 13 Febbraio 2024

Carissimi,
“I discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode! Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane” (Mc 8, 14-16). A tutta prima, ci dicevamo stasera, pare un dialogo ai liniti dell’incomunicabilità. I discepoli sono preoccupati, e temono una giusta rampogna, per quella che ritengono un’imperdonabile trascuratezza. L’evangelista annota di suo, con un occhio al lettore, che avevano con loro sulla barca un solo pane (e chissà cos’era o chi era quel pane). Gesù pensa solo ad ammonire i suoi a guardarsi da un certo lievito. Sullo sfondo c’è il fatto della condivisione dei pani, avvenuto in due puntate (Mc 6, 35 ss; 8, 1-10) il cui significato, i discepoli (e anche noi, dopo duemila anni), stentano a comprendere. Lo capiranno a tempo debito, scoprendo che anche il semplice gesto con cui, su invito del Maestro, si erano fatti carico della fame della moltitudine, rinunciando al poco che avevano, disegnava già il Dono che, invisibilmente, dalle origini, Dio stesso fa di sé per la vita del mondo. Dono, che avrebbe acquistato piena visibilità nella libera consegna di sé alla croce del Figlio, unico vero antidoto al lievito di Erode (la brama di dominio in tutte le sue sfere e gradazioni) e al lievito dei farisei (l’orgoglio spirituale e la pretesa di avere il monopolio di Dio). L’unico pane che i discepoli avevano (e hanno) con loro sulla barca (che è la Chiesa) è, dunque, Gesù stesso, che si fa nostro alimento, perché noi, a nostra volta, diventiamo cibo per gli altri. È il mistero che celebriamo nell’Eucaristia. Da tradurre in vita.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Santiago Miller, martire in Guatemala. Ricordiamo in questa data anche la conclusione della Conferenza episcopale di Puebla, alle radici dell’opzione preferenziale per i poveri.

James Alfred Miller era un religioso lassalliano, originario degli Stati Uniti. Nato a Stevens Point, Wisconsin, il 21 settembre 1944, primogenito di Arnold e Lorraine Miller, James era entrato nell’agosto 1962 nel noviziato dei Fratelli delle Scuole cristiane e aveva emesso i suoi primi voti religiosi l’anno successivo, il 31 agosto. Dopo aver completato il ciclo di studi e aver insegnato alcuni anni in patria, fu inviato nel 1971 in Nicaragua, dove restò quasi dieci anni, insegnando nelle scuole di Bluefields, Waspam e Puerto Cabezas. Rientrato negli Stati Uniti nel 1980, vi si trattenne un anno, ripartendo l’anno successivo questa volta per il Guatemala, come professore del Collegio de La Salle e direttore dell’Istituto Indigenista. Allegro, amabile e totalmente dedito alla sua gente, non trovava mai tempo per sé. Huehuetenango era una comunità povera e bisognosa, ma anche seriamente impegnata nella lotta per la giustizia. Nel dicembre del 1981, durante un viaggio negli Stati Uniti, per quella che sarebbe stata l’ultima breve visita alla famiglia e per sottoporsi ad una chirurgia al ginocchio, Miller denunciò le condizioni disumane in cui viveva la sua gente: scuole fatiscenti, bambini senza di che vestire, pacifici padri di famiglia assassinati mentre erano al lavoro nei campi, studenti rapiti dai militari e fatti sparire. Poche settimane dopo il suo rientro in Guatemala, il 13 febbraio 1982, quattro uomini armati invasero la scuola e lo uccisero a bruciapelo. Aveva 37 anni di età, venti di vita religiosa.

Il 13 febbraio 1979 si chiudeva a Puebla, in Messico, la Terza Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano (CELAM). Iniziata il 27 gennaio, aveva avuto come tema “L’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina”. Nel suo documento conclusivo, i vescovi latinoamericani denunciavano, tra l’altro, l’iniquità del sistema economico operante sia a livello internazionale che delle singole realtà nazionali, i molteplici volti dell’oppressione di regimi spesso sedicenti cristiani, la crescente capacità di manipolazione dei mass-media, e nel contempo, con le realtà vive operanti alla base della Chiesa, proponevano cammini nuovi di testimonianza del Regno, che rendessero credibile l’annuncio della buona notizia di Gesù, e, attraverso l’impegno e lo sforzo comune di tutti gli uomini di buona volontà, avvicinassero i tempi di una società più giusta, fraterna e solidale.

Per stasera, è tutto. Prima, però, di congedarci, ci resta da proporvi qui sotto una citazione di Giuseppe Dossetti, che nasceva come oggi, il 13 febbraio 1913. Tratta dal suo libro “La parola e il silenzio. Discorsi e scritti 1986-1995” (Paoline), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nell’eucaristia è lo stesso amore di Dio traboccante che si riversa su di me e mi attraversa e, riflettendosi in me, ritorna a lui, dopo avermi coinvolto tutto in un atto di offerta sacrificale che è fondamentalmente suo, ma che diviene anche mio, cioè di cui io stesso, trasfigurato per sua misericordia, divengo intrinsecamnete capace… L’altissima risposta d’amore all’Amore trinitario sarà tanto più utile agli altri e al mondo intero, quanto meno si preoccuperà e saprà di esserlo: cioè quanto più si ignorerà, si perderà, quanto più sarà silenziosa e radicale follia, dimessa e impotente, allora raggiungerà quel grado di sottigliezza, di agilità penetrante, di tersa inoffensività che può pervadere gli spiriti degli altri uomini (cfr. Sap 7,22-24) senza che se ne accorgano, riempirà la città stessa come «un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente» (Sap 7,25). Allora la Chiesa (e il cristiano in essa) senza apparirlo, sarà realmente in Cristo e nello Spirito Santo, mediatrice fra Dio e il mondo, coglierà i gemiti della creazione «nelle doglie del parto» (Rm 8,22), tratterrà il mysterium iniquitatis impedendogli di portare a termine la sua opera distruttiva, e garantirà la consistenza del mondo fino all’ avvento del Regno. Perché è appunto in questa unità suprema che la Chiesa e il cristiano si con-offre e si con-consacra, insieme a Cristo, a vittima di espiazione per la vita del mondo. Questo carattere vittimale non è solo dell’offerta del Capo (Gesù) ma è anche dell’offerta di tutto il corpo (la Chiesa). E la Chiesa deve sapere che nell’eucaristia non solo «annunzia la morte del Signore», ma annunzia anche la propria morte… Così la Chiesa nell’eucaristia diventa non solo la vittima del mondo in quanto mondo ostile, per la vita dello stesso mondo avverso, ma inviata dall’eucaristia al mondo, in quanto disponibile alla salvezza, può divenire seminatrice di ogni seme «che poi cresce da sé» (Mc 4,8) e a un tempo [divenire] umile e stupita spigolatrice di quel che nel mondo lo Spirito, anche al di fuori della Chiesa visibile, semina e suscita di palpiti, «tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode» (Fil 4,8): per ricapitolare tutto e, di nuovo, con azione di grazie offrirlo al Padre nella sinassi eucaristica. (Giuseppe Dossetti, Per la vita della città, in La parola e il silenzio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-13T21:34:01+01:00da fraternidade
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