Giorno per giorno – 12 Febbraio 2024

Carissimi,
“Allora vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno” (Mc 8, 11-12). Stasera, ci dicevamo che forse questa nostra generazione (è ad ogni generazione che si rivolge il Vangelo, non solo a quella dei contemporanei di Gesù) non chiede neppure più segni dal cielo, salvo coloro che se li bevono – subito smentiti ~ al seguito dei numerosi e senza scrupoli mercanti della fede. Chi non li chiede, non è perché la sua fede ormai matura non li pretende più (ce n’è, sì, ce n’è anche di questi!). ma perché in realtà ha smesso di credere, anche se continua a frequentare l’una o l’altra chiesa. Cosa ci fa capire che siamo in presenza di una fede ormai morta?, si chiedeva padre Eraldo. È la stessa vita della gente (anche la nostra?), che ha rinunciato ad assumere come suo orientamento di fondo il segno decisivo che Gesù ci ha lasciato: la sua morte di croce, nella quale sta inscritta, una volta per tutte, la dedizione incondizionata di Dio per ciascuno dei suoi figli e figlie, che gli si vogliano amici o nemici. Ci si indigna – ma è per lo più uno squallido gioco politico -quando ne rimuovono il simbolo dai luoghi pubblici, ma in realtà la si rinnega nelle scelte concrete che si compiono nel quotidiano. Ci si nega al dialogo, si pronunciano facili condanne, ci si chiude all’accoglienza, si accetta in silenzio l’ingiustizia, lo sfruttamento, l’oppressione, si giustifica la guerra, si mette alla gogna la pace, si irride alla misericordia, ci si indigna della compassione. Servono segni più eclatanti di questi per dichiarare estinta la fede? Il suo segno – siamo liberi di crederlo oppure no – Gesù ce l’ha lasciato. Lo celebriamo ogni giorno nell’Eucaristia. Siamo capaci di tradurlo in vita?

Il nostro calendario ci porta oggi le memorie di Dorothy Stang, missionaria e martire della solidarietà in Brasile, di Vittorio Bachelet, martire della giustizia in Italia, e di Lorenzo della Risurrezione, mistico del nascondimento quotidiano, in Francia.

Dorothy Stang era nata il 7 luglio 1931, a Dayton, nello Stato dell’Ohio (Usa). Nel 1948 era entrata nella congregazione di Notre Dame di Namur, un ordine che conta circa duemila suore sparse nei cinque continenti. Emessi i voti solenni nel 1956, aveva continuato ad insegnare nelle scuole della Congregazione sino al 1966, quando fu mandata in Brasile. Stabilitasi a Coroatá, nel Maranhão, cominciò subito ad occuparsi della situazione e delle lotte dei contadini più poveri. Trasferitasi nel Pará, seguendo i flussi migratori della sua gente alla ricerca di migliori condizioni di vita, Dorothy si impegnò con la Commissione Pastorale della terra nella creazione di un nuovo modello di insediamento agricolo, basato sulla produzione familiare e sulle attività estrattive di sussistenza a basso impatto ambientale. Inevitabile lo scontro con gli interessi di latifondisti e fazendeiros della regione, che iniziarono a moltiplicare le minacce di morte nei confronti della religiosa. Il 12 febbraio 2005, secondo il racconto di alcuni testimoni, due pistoleiros abbordarono irmã Dorothy ad Anapú, tenendola sotto la minaccia delle armi. La religiosa senza scomporsi tentò di dissuaderli dal mettersi nei guai, mostrò loro che aveva come unica arma di difesa la Bibbia, giunse persino a legger loro alcuni versetti. Ma, inutilmente: nove colpi sparati a bruciapelo posero fine alla vita di questa suora, che aveva dedicato la sua vita ai poveri.

Vittorio Bachelet era nato il 20 febbraio del 1926 a Roma, ultimo di nove fratelli, nella famiglia, di origine piemontese, di Giovanni e Maria Bosio. Decisivi per la sua formazione cristiana furono l’esempio della madre, catechista, e la guida dei sacerdoti che ne accompagnarono la crescita e la maturazione. Nel 1934 aderì all’Azione cattolica, poi, da studente universitario, alla FUCI e, infine, al Movimento Laureati. Nel 1951 sposò la compagna della sua vita, Maria Teresa, da cui avrà due figli, Maria Grazia e Giovanni. Ricoprì ruoli di rilievo sia in ambito ecclesiale che in quello professionale. Fu professore universitario a Trieste, Palermo e Roma. Giovanni XXIII lo nominò vice-presidente dell’ AC. e Paolo VI, nel 1964, presidente. Sotto la sua presidenza fu inaugurata la scelta religiosa dell’organizzazione, con l’intento di procedere al suo rinnovamento, alla luce delle novità scaturite dal Concilio. Dopo gli anni del presenzialismo e dell’interventismo a vasto raggio, era tempo per l’Azione cattolica, di “riprendere a pregare, a meditare, a far sua la missione della Chiesa sul piano della formazione delle coscienze, imitando Gesù mite e umile di cuore”, riscoprendo “la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato”. Questa centralità di Gesù, soprattutto nella sua dimensione eucaristica (vita che si dona) non fu semplice enunciazione di principi, ma si tradusse per Bachelet in testimonianza concreta di vita in ogni suo ambito. Nel 1976, dopo essersi dimesso da ogni posto di responsabilità ecclesiale, per evitare possibili strumentalizzazioni, si candidò alle elezioni per il consiglio comunale di Roma e fu eletto con un numero altissimo di preferenze. Pochi mesi più tardi, tuttavia, dovette lasciare l’incarico, perché nominato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, venne assassinato da due terroristi delle Brigate Rosse, nell’atrio della facoltà di scienze politiche. Ai suoi funerali, due giorni dopo, il figlio Giovanni pregò così: “Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”.

Nicola Herman era nato ad Hériménil, presso Lunéville, in Lorena, nel 1614, da Joseph de Beaufort e Louise Mayeur. A diciotto anni, d’inverno, contemplando un albero spoglio, “ricevette, secondo le parole del suo biografo, un’alta concezione della provvidenza e della potenza di Dio, che mai si cancellerà dalla sua anima”. La vita, tuttavia, riprese il suo ritmo di sempre. Miseria, fame, guerra. Interminabili. Nicola si arruolò nell’esercito del duca Carlo IV. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e rilasciato. Successivamente, ferito gravemente, fece ritorno a casa. Lì fece una prima esperienza di vita eremitica, che durò poco. Trasferitosi a Parigi, lavorò come cameriere a Parigi. Ma viaggiava sull’imbranato, e rompeva tutto. Conosciuta la chiesa dei frati carmelitani, in rue de Vaugirard, cominciò a frequentarla e nel 1640 decise di entrare in convento come fratello laico, prendendo il nome di Lorenzo della Risurrezione. Sarà cuoco, poi calzolaio al servizio di quella comunità. Il che non risultò affatto semplice, perché, per molto tempo, Lui non si fece sentire. Per dieci anni, infatti, Lorenzo attraversò una lunga notte dello spirito, finché, con un atto di abbandono totale, cambiò tutto. Ed egli divenne testimone radioso della presenza di Dio. Negli anni successivi, la sua fama si sparse e cominciò ad arrivare gente a cercarlo, anche personaggi famosi come Fénelon. Dopo la sua morte avvenuta il 12 febbraio 1691, l’abate G. de Beaufort prenderà l’iniziativa di pubblicare una piccola collezione delle sue massime spirituali e di altri scritti, che presto furono tradotti da studiosi protestanti ed anglicani in tedesco, in inglese e più tardi in una quindicina di altre lingue. Insegnava che la vita spirituale consiste tutta nella pratica della presenza di Dio, “un mestiere” che bisogna “imparare”: un po’ penoso all’inizio, ma che praticato con fedeltà, produce poi, segretamente, nell’anima, effetti meravigliosi. “Non ci si deve mai stancare di compiere piccole cose per amor di Dio che guarda non la grandezza dell’opera, ma l’amore” e ancora: “Io giro la mia frittata nella padella per amore di Dio”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera di Giacomo, cap.1,1-11; Salmo 119, Vangelo di Marco, cap. 8,11-13.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una riflessione di Vittorio Bachelet, che troviamo in rete sotto il titolo di “Servizio concreto” e che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non sappiamo se la contestazione violenta dei giovani si sia solo addormentata o si vada definitivamente sopendo; ma probabilmente nel mondo giovanile siamo già in una fase di post‐contestazione, e questo può essere una cosa positiva; può apparire una vita più tranquilla. Ma stiamo attenti: c’è anche il rischio di un vuoto, dopo questa fiammata che in qualche modo è stata anche una ricerca di ideali e di valori. Io credo che ci sia un compito nostro particolarmente urgente nel riempire questo vuoto, nel proporre valori essenziali, ideali e nel proporre anche un concreto impegno di servizio che dia veramente ai giovani la possibilità di aver fiducia e di operare; di aver fiducia nell’utilità del proprio impegno; perché in fondo su questa nostra generazione, su tutti noi pesa, ma sui giovani pesa di più, un senso di frustrazione per tutte queste cose cattive che ci sono nel mondo, ingiustizie, guerre, rispetto alle quali ci sentiamo impotenti. Tutto questo pesa sul cuore dei giovani: la sensazione di non poter far nulla, l’impossibilità di agire. Allora si tratta di trovare veramente l’offerta di un impegno, di un servizio concreto. (Vittorio Bachelet, Servizio concreto. Luglio 1970).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-12T22:29:24+01:00da fraternidade
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