Giorno per giorno – 10 Febbraio 2024

Carissimi,
“In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano” (Mc 8, 1-3). Se mai capitasse che noi fossimo ancora sordi alla Buona Notizia che Gesù è, e se ci fossimo persi il primo dei due episodi che dicono la compassione di Dio per la fame della gente, ecco che l’evangelista ce ne presenta una ripetizione. Con una qualche differenza e una diversa ambientazione, là in Galilea, la patria di Gesù, qui, in territorio pagano. Quasi a sottolineare che il buon Dio non bada a queste differenze, sia che si tratti di vicini, sia, e a maggior ragione, di lontani. Per etnia, cultura, religione, lingua o che altro. Con pazienza Gesù invita i suoi a farsi carico della fame della gente, mettendo a disposizione ciò che avevano con sé. Nell’apertura alla condivisione è già presente in Spirito il dono che Gesù farà di sé. Che dopo la Pasqua trova visibilità nell’Eucaristia. Sette pani alludono a tutti i popoli della Terra, settanta nella concezione biblica. Ai quali tutti il dono di Dio si destina come significato pieno della vita: ricevere in dono e condividere con i fratelli.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Scolastica, monaca e contemplativa, e di José Maria Llanos, il “prete rosso”.

Scolastica era nata, come il più celebre fratello, Benedetto, a Norcia nel 480 circa e si consacrò giovanissima al Signore. Più tardi, quando il fratello già viveva a Montecassino con i suoi monaci, scelse di fare vita comune in un altro monastero della zona con un piccolo gruppo di donne consacrate. Di lei conosciamo solo le circostanze che precedettero la morte, avvenuta nel 543, per il racconto che ne fece Gregorio Magno (540-604) nei suoi Dialoghi. Racconta l’antico discepolo di Benedetto che Scolastica si recava una volta all’anno a far visita al santo, in un possedimento del monastero, non molto fuori dalla porta, dove il fratello la raggiungeva, ed anche quella volta non era mancata all’appuntamento, rimanendo a parlare con lui, per tutta la giornata, fin dopo cena. Ed essendosi fatto tardi, la donna lo implorò che non la lasciasse, ma che piuttosto si fermasse con lei tutta la notte per continuare a parlare delle cose sante di Dio. Benedetto, però, che era severo quanto basta, rifiutò di accontentarla. Allora Scolastica che era amica di Dio, certo un po’ di più dell’accigliato fratellino, si rivolse direttamente a Colui che non sa dire di no, tanto meno alle lacrime di una donna, sua sposa per giunta. E Lui, com’era prevedibile, per tutta risposta, scatenò un uragano che la metà bastava e la santa, rivolta a Benedetto: Va pure, fratello mio, torna al monastero! E quello di rimando: Briccona di una sorella che sei. E restarono così tutta notte. E poi si congedarono. E lei, tre giorni dopo, morì.

José Maria Llanos era nato il 26 aprile 1906, figlio di un generale di fanteria. Dopo gli studi di Chimica all’Università, decise di entrare nella Compagnia di Gesù. Per un buon lasso di tempo, le sue scelte risentirono dell’influenza dell’ambiente di provenienza. Fu, infatti cappellano del Fronte della Gioventù, e arrivò persino a predicare gli esercizi spirituali al generalissimo Franco. Poi, però, si rese conto dell’emarginazione di gran parte della popolazione, e così mutò radicalmente vita. Il 24 dicembre 1955, nonostante le pressioni contrarie di famigliari e superiori, si trasferì in una baraccopoli alla periferia di Madrid, El pozo del tio Raimundo. Di fronte alla miseria, alle ingiustizie cui potè assistere e vivere di persona, mise in opera una pastorale incardinata nelle lotte e rivendicazioni della sua gente, dando inoltre impulso alla creazione di scuole, associazioni di vicini, collettivi di lotta. Con la casa sempre aperta a tutti: vicini, bambini, persone di ogni classe e condizione, disoccupati, drogati, immigrati. Per non far torto a quelli che lo chiamavano il “prete rosso”, prese la tessera del partito che difendeva la sua gente, e s’iscrisse alle Comisiones Obreras, sotto lo sguardo sospettoso di qualche intellettuale sbilanciatamente organico di certa sinistra, che vide in lui una quinta colonna del Vaticano, per ritrovare l’influenza perduta tra i poveri. Ma lui ne rise, senza farci troppo caso. L’Associazione di vicini, al suo 85º compleanno gli consegnò una targa che diceva: “José María de Llanos venne al Pozo sulla via di Dio, ha inciampato nell’uomo e dandogli la mano arriverà fino a Lui”. E, alla fine, c’è arrivato. Il 10 febbraio 1992. Chiese che sulla tomba mettessero il numero della sua tessera delle Commissioni operaie e quando si avvicinò l’ora del trapasso, disse al gesuita incaricato del suo necrologio: “Fratello, basta solo che ci metta SJ” (Societas Jesu, la sigla della Compagnia di Gesù).

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro dei Re, cap. 12,26-32; 13,33-34; Salmo 106; Vangelo di Marco, cap. 8,1-10.

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Prendendo occasione dalla memoria di santa Scolastica, scegliamo di proporvi, nel congedarci, un brano di sr. Maria Ignazia Angelini, tratto da una sua meditazione al recente Sinodo. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La storia quotidiana delle chiese è piena di parabole, che attendono narrazione con lo sguardo fisso agli occhi di Gesù. In ciascuna vicenda di chiesa siamo chiamati a riconoscere la forma cristologica della piccolezza e la forma cristologica della trasformazione compiutamente rivelata nella croce, “arbor alta”. Grandezza ospitale maturata attraverso la discesa nella terra, la libera, amante consegna. Al contrario, le storie che oggi si raccontano attingono filo di senso dai luoghi comuni di una cultura omologata, o da melense miracolistiche fictions, o al contrario da sconsolate repliche di Godot. Ci vuole molto silenzio e umiltà vera. Dio sta trasformando il mondo, guarisce le ferite e perdona e vincendo i nostri fallimenti, ponendosi visibilmente – come “l’infimo” – accanto ai processi del mondo e dentro tali processi. La questione è di vederlo, e crearne, e nutrirne, narrazioni concrete. “Nella terra”: luogo di non apparenza, buio delle radici, luogo di gestazione promettente. Umanità tentata dal post umano. C’è un servizio del Regno che richiede perspicace, fiduciosa pazienza. E oculata cura. La parabola ci chiama con forza a prendere sul serio quel “più piccolo” che è l’uomo (Sal 8), che custodisce una forza generativa trascendente. Il lavoro delle radici deve maturare a partire dalla formazione della coscienza. Il più piccolo è – in Gesù – ogni battezzato, che però è chiamato a entrare in sinergia col sorprendente dinamismo del seme gettato. Il che vuol dire dissociare decisamente l’opera pastorale da ogni prospettiva statistica, efficientistica, procedurale eretta a sistema. Concentrandosi sulla formazione della coscienza dei battezzati. In un mondo saturo di hybris, tentato dal post umano. (sr. Maria Ignazia Angelini O.S.B., Meditazioni al Sinodo, “Il più piccolo di tutti…” (Mc 4,30). Narrare parabole più che emanare proclami).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-10T21:21:04+01:00da fraternidade
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