Giorno per giorno – 08 Febbraio 2024

Carissimi,
“La donna supplicava Gesù di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini. Ma lei gli replicò: Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli. Allora le disse: Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia” (Mc 7, 26-29). Stasera, ci dicevamo che Gesù sembra aver qui adottato l’abitudine tutta brasiliana di ricorrere spesso ai diminutivi, in questo caso per ridurre la sensazione sgradevole che poteva generare, avendo a che far tra l’altro con una donna, l’usanza di chiamare gli stranieri cani. Testimoniata anche altrove: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi” (Mt 7, 6). Non sappiamo se Gesù, con il suo negarsi ad agire, intendesse mettere alla prova la fede della donna, o se confessasse umilmente i limiti della propria missione, come risulterebbe nel racconto parallelo a questo di Matteo: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 15,24). Fatto sta che la donna non ci sta. Sa che Gesù è altro, al punto che si rivolge a lui, chiamandolo “Signore”, ed è l’unica volta che nel Vangelo Gesù è chiamato con l’appellativo divino. Il Pane che è per i figli, il dono che Dio fa di se stesso, può far cadere fossero pure solo briciole d’amore (e sono molto più che questo), anche altrove, per coloro che definisci cagnolini. Se Dio è davvero il Padre di tutti e non una qualsiasi divinità tribale. Che lezione, donna! In quale catechismo segreto hai imparato questo? Questa tua confessione di fede allontana tutti i diavoli, compreso quello che possedeva tua figlia.Va in pace. Se Gesù, per caso, non lo sapesse ancora, ora lo sa: la sua misssione va ben oltre i limiti di Israele. Parola di donna. Pagana, per giunta.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Bruno Hussar, profeta di pace in Israele, e di Stefano di Muret, testimone dell’Evangelo.

Andrea Hussar era nato a Il Cairo il 4 maggio 1911, da genitori ebrei non praticanti. Dopo gli studi al liceo italiano nella capitale egiziana, il giovane, alla morte del padre, si trasferì con la madre in Francia, dove ottenne la cittadinanza francese, completando a Parigi gli studi di ingegneria. Fu in quegli anni che iniziò un cammino spirituale che sfociò nella scoperta del cristianesimo e nella richiesta del battesimo. Battezzato il 22 dicembre 1935, svolse la sua professione per alcuni anni fino a quando nel 1941 fu colpito da una tubercolosi che lo condannò per due anni a completa immobilità. Nel 1945 maturata la vocazione religiosa, entrò tra i domenicani, assumendo il nome di Bruno. Fu ordinato sacerdote cinque anni più tardi ed inviato nel 1953 in Israele per favorire la creazione di un centro di studi ebraici, che vedrà la luce cinque anni più tardi, la Casa di sant’Isaia. Lì, Bruno approfondì la sua coscienza di appartenere al popolo ebraico e contribuì, con la sua attività di riflessione e di studio, negli anni che seguirono, a tessere le fila del dialogo ecumenico tra la Chiesa e il popolo ebreo. Negli anni settanta, assieme ad Anne Le Meignen, diede avvio al progetto di Nevè Shalom/Waahat as-Salaam, Oasi di pace, un villaggio, situato tra Tel Aviv e Gerusalemme, in cui, convivendo insieme, ebrei, musulmani e cristiani delle diverse confessioni, apprendessero a conoscere, rispettare e amare le rispettive identità. Il frate volle che là sorgesse un luogo di preghiera, privo di qualsivoglia simbolo religioso, chiamato Dumia (Silenzio), dove chiunque potesse raccogliersi in contemplazione. Bruno Hussar morì nel suo villaggio, profezia di un futuro di pace, l’8 febbraio 1996.

Stefano di Muret era nato nel 1045 nel castello di Thiers, feudo di famiglia, nell’Auvergne. Poco più che trentenne, semplice laico, divenne eremita, nella zona di Limoges, nel sud-ovest della Francia, riunendo altri amanti della solitudine al servizio di Cristo. Accoglieva allegramente quanti venivano a ricevere una parola, grandi e piccoli, poveri e ricchi, giusti e peccatori. Morì l’8 febbraio 1124.

Bene, i testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro dei Re, cap. 11,4-13; Salmo 106; Vangelo di Marco, cap. 7,24-30.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

In questo giorno, nel 1878, nasceva, a Vienna, Martin Buber, che è una delle nostre memorie preferite (anche se a volte ci viene di dirlo di ogni personalità che figura nel nostro calendario). Cultore come pochi altri del chassidismo, di cui raccolse e riscrisse centinaia di storie e leggende, concepì l’ebraismo, non come un insieme di precetti legali, ma come santificazione della vita quotidiana, vissuta nell’umiltà e nell’allegria. Noi ne facciamo più estesamente memoria nella data della scomparsa, il 13 giugno, ma gli riserviamo un doveroso spazio anche in questa occasione, offrendovi in lettura il brano di una sua lettera aperta diretta a Gandhi nel 1939, in cui tratta del problema della Palestina e della necessità di trovare un cammio per la pacifica convivenza delle due comunità di arabi ed ebrei. È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Appartengo a un gruppo di persone che dal momento della conquista della Palestina da parte della Gran Bretagna non ha mai smesso di lottare per la conclusione di una pace autentica tra ebrei e arabi. Per pace autentica intendevamo e intendiamo tuttora che i due popoli debbano collaborare allo sviluppo della regione senza che l’uno imponga la propria volontà all’altro. Alla luce degli usi internazionali della nostra generazione, questo ci sembrava molto difficile ma non impossibile. Eravamo e siamo tuttora consapevoli che in questo caso insolito – sì, senza precedenti – si tratta di cercare nuove vie di comprensione e di accordo cordiale tra le nazioni. Anche in questo caso ci siamo trovati e ci troviamo tuttora sotto la spinta di un comandamento. Abbiamo ritenuto di importanza fondamentale il fatto che in questo caso si contrappongono due rivendicazioni vitali, due rivendicazioni di natura e origine diversa che non possono essere oggettivamente confrontate l’una con l’altra e tra le quali non si può prendere una decisione oggettiva su quale sia giusta e quale ingiusta. Ritenevamo e riteniamo tuttora nostro dovere comprendere e onorare la rivendicazione opposta alla nostra e sforzarci di conciliare entrambe le rivendicazioni. Non potevamo e non possiamo rinunciare alla rivendicazione ebraica; qualcosa di più alto della vita del nostro popolo è legato a questa terra, cioè alla sua opera, alla sua missione divina. Ma siamo stati e siamo tuttora convinti che sia possibile trovare un compromesso tra questa e l’altra rivendicazione, perché amiamo questa terra e crediamo nel suo futuro; poiché tale amore e tale fede sono sicuramente presenti anche dall’altra parte, un’unione al servizio comune della regione deve essere possibile. Dove ci sono fede e amore, si può trovare una soluzione anche a quella che sembra una tragica opposizione. (Martin Buber’s Open Letter to Gandhi Regarding Palestine – February 24, 1939).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 08 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-08T22:42:04+01:00da fraternidade
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