Giorno per giorno – 06 Febbraio 2024

Carissimi,
“Mosè disse: Onora tuo padre e tua madre. Voi invece dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte” (Mc 7, 10-13). Risponde così Gesù a scribi e farisei, che gli chiedevano conto del fatto che i suoi discepoli non lavavano le mani prima delle refezioni, come invece prescrive la tradizione. Stasera ponevamo in rilievo che non si trattava tanto di una norma igienica, come verrebbe spontaneo pensare, quanto di una norma che voleva inculcare nei fedeli l’idea che ogni gesto che compiamo ha un che di sacro in sé. Questo di lavarsi le mani, per esempio, rispecchiava le abluzioni che i sacerdoti erano tenuti a compiere prima di offrire il sacrficio nel Tempio. Ricordava dunque che tutti siamo sacerdoti nella nostra quotidianità. Logico che se trascurare questa norma diventa l’occasione per, criticando, mancare di carità, si è bello che perduto il significato del precetto, che vuole che ci si presenti puri, immuni da ogni cattiveria, al cospetto di Dio. L’esempio portato da Gesù è in questa linea: se una norma minore ci porta a trasgredire un comandamento, di portata senza dubbio maggiore, meglio tralasciare l’osservanza di quella norma, o di un voto o di una promessa, o della decima, cui ci si senta, o ci vogliano far sentire, obbligati.

Oggi ricordiamo le figure di Paulo Miki e compagni, martiri in Giappone, Ksenija di Pietroburgo, folle per Cristo, Sergio Mendes Arceo, voce dei poveri in America Latina, David Maria Turoldo, poeta e resistente.

Paolo Miki fu il primo giapponese accolto in un Ordine religioso cattolico. Nacque nel 1564 e ricevette il battesimo a cinque anni. Frequentò gli studi in un collegio della Compagnia di Gesù, dove scoprì la sua vocazione religiosa. Entrato in noviziato a 22 anni, proseguì gli studi con successo, diventando un profondo conoscitore di religioni orientali. Percorse il Paese in lungo e in largo, operando numerose conversioni. Il potere politico-militare che in un primo momento aveva dimostrato un atteggiamento tollerante verso i cristiani, improvvisamente mutò registro, dando inizio a violente campagne persecutorie. Paolo Miki, arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, trovò in carcere alcuni missionari, tre gesuiti e sei francescani, con 17 laici giapponesi. Insieme a tutti loro, venne crocifisso su un’altura presso Nagasaki.

Della vita di Ksenija Grigorievna Petrova abbiamo solo poche notizie. Sappiamo che era nata intorno al 1720 in una nobile famiglia di Pietroburgo e che ancor giovane aveva sposato il colonnello Andrea Fedorovic. A ventisei anni era rimasta vedova, in seguito alla morte improvvisa del marito. Sconvolta da questa perdita, abbandonati i lussi mondani, Ksenija scelse di vivere la vita degli “jurodivyc”, i “folli per Cristo”. Distribuite le sue sostanze ai poveri, rinunciò al proprio nome e volle essere chiamata con quello del marito. Poi, vestita degli abiti di questi, cominciò a vagare per le vie di Pietroburgo, recandosi a pregare nelle campagne circostanti, a contatto con la natura. La sua mitezza, i suoi atteggiamenti bizzarri, la povertà delle sue vesti, se in un primo momento, le procurarono la derisione e il disprezzo della gente, le conquistarono poi la simpatia e la devozione di molti. Ksenija visse questa condizione di “folle per Cristo” per più di 40 anni, fino alla morte, avvenuta presumibilmente nel 1803. La sua memoria fu fissata dalla Chiesa ortodossa russa il 24 gennaio del calendario giuliano, che corrisponde al nostro 6 febbraio.

Sergio Mendes Arceo, nato nel 1908 in Messico, da giovane voleva diventare un matematico, ma optò poi per il sacerdozio. Ordinato a Roma nel 1932, dopo aver conseguito il dottorato all’Università Gregoriana, fece ritorno in patria, dove fu per alcuni anni professore e direttore spirituale del seminario, finché fu nominato vescovo di Cuernavaca, nel 1952. Si aprì da allora, lentamente, il suo processo di conversione al mondo dei poveri. Le sue innovazioni coraggiose sollevarono le critiche e l’ostilità aperta degli ambienti più conservatori. Chiamato a Roma, rifiutò di rispondere alle domande del Santo Ufficio, chiedendo e ottenendo di essere ricevuto dal papa. Paolo VI lo accolse freddamente, ma un’ora e mezzo di colloquio bastarono ad aprirgli gli occhi su quell’uomo critico, libero e cercatore della giustizia. Tornato nella sua diocesi, si sentì confermato nell’opzione dei più poveri ed esclusi. Nei conflitti operai, studenteschi e contadini non fu mai neutrale, ma sempre di parte, a fianco delle vittime della violenza strutturale. Così come appoggiò, con l’amicizia critica di cui era capace, le esperienze cubana e nicaraguense. Nel 1983, al compimento dei 75 anni, lasciata la diocesi, si ritirò nel villaggio nahua di Ocotepec, dove continuò a celebrar messa nella sua parrocchia, lavorando dodici ore al giorno. Fino alla morte, che lo colse in questo giorno, nel 1992.

Giuseppe Turoldo nacque nel 1916 a Coderno, in Friuli nella famiglia poverissima di Giovanbattista e Anna Di Lenarda. Entrato nell’Ordine dei Servi di Santa Maria, fece il 2 agosto 1935 la sua prima professione religiosa, assumendo il nome di Davide Maria, e, il 19 agosto 1940, fu ordinato sacerdote, svolgendo il suo ministero a Milano nel convento di San Carlo al Corso e come predicatore in duomo, fino al 1953. “Esiliato” per volere della curia romana, potè far ritorno in Italia, con l’avvento di papa Giovanni XXIII, scegliendo di stabilirsi nella millenaria abbazia di (Bg), dove restò fino alla morte. Socialmente e politicamente impegnato, fece suo il comando evangelico di “essere nel mondo senza essere del mondo”, traducendolo in “essere nel sistema senza essere del sistema”. Turoldo fu il poeta cristiano che più d’ogni altro nel nostro secolo espresse la passione per il contrasto, lo stare fermamente dentro la Chiesa ma nello stesso tempo starvi criticamente. Con Padre Balducci, Don Milani, Don Dossetti, Don Mazzolari e altri, fu uno degli esponenti più rappresentativi di un rinnovamento del cristianesimo e assieme di un nuovo umanesimo sociale. Morì dopo una lunga malattia il 6 febbraio 1992, il giovedì della quarta settimana del Tempo comune, in cui la liturgia propone ai fedeli il racconto della morte del re David. Il card. Martini, che già in una cerimonia pubblica aveva voluto chiedergli scusa a nome della Chiesa per le persecuzioni subite, officiò le sue esequie.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro dei Re, cap. 8,22-23.27-30; Salmo 84; Vangelo di Marco, cap.7,1-13.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda, offrendovi in lettura il brano di una lirica di David Maria Turoldo, che ha come titolo “Salmodia contro le armi – Appello a tutti gli operai”. Risale al dicembre 1972 ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Operai, lasciate le fabbriche di armi! / Tutti insieme in un solo giorno, / queste fucine di morte: / insieme provvederemo giustamente alla paga, / lasciatele a un giorno convenuto, / tutti gli operai del mondo insieme. / E scendete sulle piazze, tutti gli operai, / a un ordine da voi convenuto. / E andate sotto le ” Case bianche “, / di tutte le capitali / e urlate tutti insieme, operai d’ogni specie, / questa sola parola: non vogliamo / più armi, non facciamo più armi! / Solo questo urlate insieme / nel cuore di tutte le capitali. / E poi vediamo cosa succede. / Per salvarci non c’è altro ormai. / Allora sarete voi i veri salvatori; / operai, fate questo / e vivrete. E vivremo. / E sarete invincibili. / Tutto il resto è un nulla di nulla / anche la religione senza questo / è un correre dietro il vento. / L’obiezione di coscienza: / un lusso inutile; / il movimento per la pace, / una componente al sistema; / non valgono queste contestazioni: / moti di inutili disperazioni. / Solo l’Utopia porta avanti il mondo. / Vale solo questo: la nuova salvezza / deve venire da voi operai. / Inutili sono le barricate / da lunedì sera a venerdì mattina / perché dopo viene il weekend. / Non vedete che vi comperano / con una seicento e un televisore? / E intanto vendono le armi che voi fabbricate / perché sparino contro di voi. / Né vale più dire guerra di offesa / guerra di difesa: sono sempre guerre. / Queste idee sono sempre micidiali / quando giungono al potere. / Perciò Cristo non vuole il potere. / ” Caino, che hai fatto di tuo fratello? ” / Ma intanto bisogna ammazzare Caino! / Invece, ” non uccidete Caino: / sarà ucciso sette volte / colui che uccide Caino! ” / È stato così, è sempre stato così. / La spirale della violenza doveva / essere distrutta fin dall’origine. / Non c’è altra via di scampo: / non fare armi, operaio / non fare armi. / Allora sarai tu il nuovo Cristo che viene. / Anche a difesa di Dio / ” Metti via la spada! ” / Ma bisogna che facciamo così, / a un giorno convenuto, in tutto / il mondo. Gli operai che scendono / in piazza a gridare insieme: / ” non facciamo più armi! ” / Operai di tutto il mondo / (o ci salveremo insieme / /o tutti insieme ci perderemo). / A gridare dico insieme sulle piazze: / ” non vogliamo fare più armi! ” / Alla vostra busta paga / tutti insieme ci penseremo. / Immaginate, operai, per grazia vostra / nessun’arma che spara sulla terra / nessuna portaerei che naviga sui mari / nessun fragore di bomba dal cielo. / Per grazia vostra, operai, / nessuna sirena che urla / nessun reggimento che marcia / in nessuna direzione, / perché non ha armi, / nessun lamento di uccisi: / il silenzio, la pace! / In grazia vostra, operai. / (David Maria Turoldo, da “Salmodia contro le armi – Appello a tutti gli operai”. Dicembre 1972).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-06T22:36:54+01:00da fraternidade
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