Giorno per giorno – 05 Febbraio 2024

Carissimi,
“Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret. Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe. E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.” (Mc 6, 53-54. 56). Per sapere di quale traversata si trattasse e di cosa fosse successo durante essa e prima di essa, è necessario andare ai diciotto versetti che la liturgia ci ha fatto saltare da sabato ad oggi. Noi ci eravamo lasciati con la compassione che Gesù aveva provato per la folla che lo seguiva, alla quale si era poi messo a insegnare molte cose. Quello che la liturgia non ci ha riferito è che, subito dopo, Gesù si rese conto che quella folla doveva aver fame e che non aveva di che mangiare. E lì, a partire dalla disponibilità dei discepoli (la prima, piccola, chiesa in formazione) a rinunciare a quanto avevano con sé in favore degli altri, cinque pani e due pesci, che Gesù prese, pronunciò le parole di benedizione, li spezzò e li diede loro perché li distribuissero, accadde che tutti si saziarono. Non solo, “portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci” (v.43). Tuttom questo preludeva già al dono che Gesù avrebbe fatto di sé per la vita di tutti. Che si ripete ogni volta che celebriamo l’Eucaristia o che facciamo, nel darci come alimento agli altri, Eucaristia nella vita. Che questo non fosse e non sia un gesto qualunqe, ma lo stesso significato di Dio, lo rivelava il racconto successivo della traversata del lago, in cui Gesù appare camminando sulle acque, e ai discepoli terrorizzati che lo credono un fantasma, si manifesta come l’Io-sono di Dio, presente nel dono dei pani. Ma, conclude sconsolato l’evangelista, i discepoli ancora “non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito” (v.52). Ed arriviamo così al vangelo di oggi, dove, compiuta la traversata e scesi a terra, “ la gente riconobbe Gesù”. Al contrario della durezza di mente e di cuore di molti che stanno nella barca (la Chiesa), c’è, nei poveri, una fede intuitiva, che li porta ad accorrere a Gesù, per fare esperienza della sua energia di compassione, da cui sono molto più che semplicemente guariti, come suggeriscono alcune traduzioni, sono salvati (così nell’originale). E così sia anche per noi.

Il nostro calendario ricorda oggi Pedro Arrupe, gesuita, profeta di una Chiesa al servizio degli ultimi e degli esclusi, e Andrea Santoro, testimone del dialogo interreligioso e martire in Turchia.

Pedro Arrupe era nato a Bilbao, nel Paese Basco, il 14 Novembre 1907. A diciannove anni, interruppe gli studi di medicina all’Università di Madrid per entrare nella Compagnia di Gesù. Ordinato sacerdote il 30 luglio 1936 in Olanda, si recò negli Stati Uniti per concludere gli studi di teologia e nel 1938 fu inviato in Giappone, dove restò per ventisette anni. Rettore del noviziato di Nagatsuka, alla periferia di Hiroshima, fu testimone dell’esplosione atomica, il 6 agosto 1945. Fu provinciale della provincia nipponica dal 1958 fino al 22 maggio 1965, quando fu eletto generale della Compagnia di Gesù, potendo così partecipare ai lavori conclusivi del Concilio Vaticano II. Dal 1967 fu, per cinque mandati consecutivi, Presidente dell’Unione dei Superiori Generali degli ordini religiosi. Venne anche nominato membro della Sacra Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e del Consiglio Generale della Commissione per l’America Latina. La riflessione che svolse aiutò in maniera determinante i gesuiti a capire la loro missione come un servizio alla fede che esige la lotta per la giustizia. I suoi innumerevoli viaggi gli permisero di rendersi conto che una delle ragioni dell’incredulità contemporanea è rintracciabile nello scandalo dell’ingiustizia sociale, davvero eclatante in numerosi paesi del Sud del mondo. Le incomprensioni di cui fu ripetutamente vittima negli ultimi tempi del pontificato di Paolo VI e all’inizio di quello di Giovanni Paolo II, a causa dell’impulso nuovo e del rinnovamento coraggioso impressi alla maniera d’essere dell’Ordine, lo portarono, nel maggio del 1980, alla decisione di dimettersi, ma il papa gli chiese di soprassedere. Dopo un’emorragia cerebrale che lo aveva colpito il 7 agosto 1981, costringendolo all’inattività, il 3 settembre 1983, la 33ª Congregazione Generale della Compagnia ne accolse le dimissioni. Padre Arrupe morì a Roma il 5 febbraio 1991.

Andrea Santoro era nato il 9 settembre 1945 a Priverno in provincia di Latina, terzo figlio di una famiglia umilissima. Entrato in seminario giovanissimo, fu ordinato sacerdote il 18 ottobre 1970. Svolse la sua attività pastorale nei quartieri popolari della periferia di Roma, conosciuto per la sua passione e dedizione ai poveri e per la sua vita povera. Dopo due soggiorni di studio in Medio Oriente, dove ebbe modo di approfondire la spiritualità del piccolo fratello universale, Charles de Foucauld, nell’anno 2000, chiese ed ottenne dalla sua diocesi di essere inviato in Turchia come sacerdote “fidei donum”. Visse dapprima a Şanlıurfa (l’antica Edessa) e poi, dal 2003, a Trabzon (Trebisonda), dove venne coltivando l’amicizia con la gente del posto. Di cui, anche con l’aiuto della lingua turca, appresa a fatica, si sforzò di capire il mondo, la cultura e la fede. Non mancando di far conoscere, a chi lo desiderasse, la sua. Mantenne vive le relazioni con la chiesa d’origine, trasmettendo ad essa i frutti della sua singolare esperienza e contribuendo così a favorire concretamente il dialogo interreligioso. Il 5 febbraio 2006, mentre pregava nella chiesa di Trabzon, dopo aver celebrato l’Eucaristia domenicale, venne ucciso con due colpi di pistola. Per il delitto fu processato e condannato un giovane diciassettenne.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro dei Re, cap. 8,1-7.9-13; Salmo 132; Vangelo di Marco, cap.6, 53-56.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Shivaismo, Vishnuismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Noi vi si lascia a un brano di Pedro Arrupe, tratto dal suo scritto, che troviamo in rete con il titolo “L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano”, che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il mistero trinitario è, in fondo, un mistero di amore e di comunione interpersonale tra le persone divine. Perciò è proprio la diversità di questo «dare e ricevere» la stessa vita divina, ciò che costituisce la distinzione e la pericoresi delle persone divine nel mistero trinitario. Al culmine di una comunione così grande le persone divine non riservano assolutamente nulla per sé, ma si uniscono indissolubilmente con tutto il proprio essere. La comunione fra di loro si realizza proprio attraverso ciò che hanno di più personale e di più incomunicabile. È un paradosso meraviglioso, dato che, pur essendo la persona incomunicabile, anzi nella misura in cui è incomunicabile, essa può comunicarsi alle altre senza alienarsi da sé. Non c’è nessuna contraddizione tra l’assoluta autonomia di ciascuna persona divina e le sue mutue relazioni, che consistono in un dono totale di se stessa, dal momento che tutti e due gli aspetti coesistono simultaneamente nei soggetti divini che sono in opposizione perché complementari. Posto che le tre persone hanno la stessa natura e le stesse perfezioni, ogni persona è grande sia quando riceve dalle altre ciò che possiede, sia quando dà alle altre ciò che ha. La loro suprema grandezza sta nella coesistenza di queste due perfezioni del dare e ricevere tutto. Per analogia, anche la perfezione della persona umana si trova nel superamento analogico di questa contraddizione. (Pedro Arrupe, L’ispirazione trinitaria del carisma ignaziano, 89).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-05T21:34:10+01:00da fraternidade
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