Giorno per giorno – 02 Febbraio 2024

Carissimi,
“Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore” (Lc 2, 22-23). Stasera, noi si immaginava la scena. Il vecchio Simeone si recava forse tutti i giorni al tempio, anche perché, anziano com’era, non gli restava molto altro da fare, ma più ancora con la segreta speranza di vedere il compiersi dell’antica profezia: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene, dice il Signore degli eserciti” (Ml 3, 1). E già si immaginava tremebondo a spiare da dietro una colonna la sua entrata trionafale: “Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai” (v.2), e via discorrendo. Ed ecco che, quel giorno, getta un’occhiata distratta a quella coppia di contadini, che si affaccia timida all’entrata, l’uomo portando in braccio il bambinello, la madre, una ragazzina, tenendo in mano la gabbietta con le due tortore per il sacrificio. E un pensiero attraversa la mente di Simeone: È lui! Il vecchio lo scaccia subito, pensando ad una tentazione dell’Avversario. Ma no, il pensiero di fa più forte ed insisistente, dolce come quando lo Spirito gli parla: È lui, ti dico. Lui, chi? Quel batuffolo di carne? Sì, proprio lui! Il Signore, così piccolo e tenero? Chi ne avrà più paura? Il resto della storia è ciò che abbiamo ascoltato nel Vangelo. Ne dobbiamo dedurre che Dio gioca con le sue stesse profezie, o si prende gioco dei suoi profeti di sventura e di noi che ci caschiamo ogni volta. Beh, da allora, Dio ha il volto di quel bambinello, incapace di male, come è sempre stato. Disposto, in compenso, a subirlo, non potendo difendersi, vittima con le infinite vittime. Sperando che questo suo presentarsi finisca per cambiarci, fino a farci essere come Lui.

Oggi è la Festa della Presentazione del Signore.

Quaranta giorni dopo la nascita, Gesù fu portato da Maria e Giuseppe al Tempio, in ottemperanza alla legge mosaica che prevede l’offerta a Dio e il successivo riscatto del figlio primogenito, oltre al rito di purificazione per la madre. Quattrocentonovanta giorni sono trascorsi dall’annuncio della nascita di Giovanni alla presentazione di Gesù al Tempio; si compie così la profezia di Daniele: “Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua città santa per mettere fine all’empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità, portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi” (Dn 9, 24). In questa festa la Chiesa celebra il primo incontro tra Cristo e il popolo credente, rappresentato da Simeone ed Anna. Fu nel VI secolo che l’imperatore Giustiniano estese a tutto l’impero d’Oriente la festa di Ipapante (l’Incontro), che le comunità cristiane celebravano da quasi duecento anni il 2 Febbraio. La Chiesa di Roma l’avrebbe introdotta, un secolo più tardi, con il nome con cui la conosciamo oggi. Il papa Sergio I (687-701) istituì in tale data la più antica delle processioni penitenziali romane, che partiva dalla chiesa di S. Adriano al Foro e si concludeva a S. Maria Maggiore. Il rito della benedizione delle candele, praticato già nel sec. X, fu ispirato alle parole di Simeone: “Con i miei occhi ho visto il Salvatore. Tu l’hai messo davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le nazioni”. Da questo rito è derivato il nome popolare di festa della “candelora”

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della Festa di oggi e sono tratti da:
Profezia di Malachia, cap.3, 1-4; Salmo 24; Lettera agli Ebrei, cap.2, 14-18; Vangelo di Luca, cap.2, 22-40.

La preghiera del Giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Il nostro calendario ci porta anche la memoria di Alfred Delp, martire del totalitarismo nazista.

Alfred era nato a Mannhheim in Germania il 15 settembre 1907, da madre cattolica e padre protestante e, quattordicenne, aveva ricevuto la sua Confermazione nella chiesa luterana, salvo passare, poco dopo, nella chiesa cattolica. Completati brillantemente gli studi, era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1926. Ordinato prete nel 1937, contò tra i suoi amici il grande teologo gesuita Karl Rahner. Durante la seconda guera mondiale con altri amici entrò a far parte di un gruppo antinazista con lo scopo di individuare proposte nuove, oltre il capitalismo e il socialismo, sulla questione sociale e sulle condizioni di vita dei ceti operai. La Gestapo cercò senza successo di dimostrare una sua collaborazione nel fallito attentato a Hitler. Arrestato nel 1944 a Monaco e poi trasferito a Berlino, nella sua autodifesa, Delp affermerà: “La mia colpa è solo quella di aver creduto che la Germania alla fine saprà uscire da quest’ora di tenebra e di angoscia e di aver rifiutato questo cumulo di arroganza, orgoglio e di forza che costituisce lo stile di vita nazista, e di averlo fatto come cristiano e gesuita”. Confinato in un’oscura cella e mantenuto in catene, nel dicembre 1944 Delp stese una serie di penetranti riflessioni sul tempo di Avvento e sul Natale, sullo sfondo della tragedia della guerra e della sua propria morte che sentiva ormai vicina. Fu impiccato nel carcere di Plotzensee il 2 febbraio 1945. Mentre si avviava alla forca disse al cappellano che l’assisteva: “Tra mezz’ora ne saprò molto più di te”.

Ed è tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura l’ultima lettera, scritta da P. Alfred Delp ai confratelli gesuiti, poche ore prima della sua esecuzione. È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Cari confratelli, eccomi al bivio, che mi vede costretto a prendere l’altra strada. La sentenza di morte è stata emessa e l’atmosfera è così carica di inimicizia e di odio che nessun appello ha speranza di successo. Ringrazio l’Ordine e i miei confratelli per la loro bontà, la loro lealtà e il loro aiuto, soprattutto in queste ultime settimane. Chiedo perdono per le molte cose che si sono rivelate false e ingiuste; e prego che si possa dare un po’ di aiuto e di cura ai miei genitori anziani e malati. Il vero motivo della mia condanna è che io sono, e ho scelto di rimanere, gesuita. Non c’era nulla che dimostrasse il mio legame con l’attentato alla vita di Hitler, per cui sono stato assolto su questo punto. Le altre accuse erano molto meno gravi e più concrete. C’era comunque un tema di fondo: un gesuita è a priori un nemico e un traditore del Reich. Così l’intero processo si è trasformato in una sorta di commedia che sviluppava un tema. Non si trattava di giustizia, ma semplicemente dell’attuazione di una determinazione volta a distruggere. Che Dio vi protegga tutti. Vi chiedo di pregare. Io farò del mio meglio per recuperare, dall’altra parte, tutto ciò che ho lasciato in sospeso qui sulla terra. Verso mezzogiorno celebrerò ancora una volta la Messa e poi, nel nome di Dio, mi incamminerò sotto la sua provvidenza e la sua guida. Nella benedizione e protezione di Dio, Il vostro riconoscente, Alfred Delp, S.J. (“I Must Take the Other Road”, Father Delp’s final letter to his fellow Jesuits, February 2, 1945).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Febbraio 2024ultima modifica: 2024-02-02T20:00:31+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo