Giorno per giorno – 31 Gennaio 2024

Carissimi,
“Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” (Mc 6, 2-3).Come si poteva non credere che era il Figlio di Dio? Per come parlava, per i miracoli che faceva?, diceva stasera Arcelina, che forse fa le cose troppo facili. E, di rimando, un signore che lo si vede solo di rado: Come si poteva crederlo, se per trent’anni era stato uno di loro, in nulla differente da loro, senza neppure prendersi la briga di operare per loro anche solo un miracolino? Del resto, non c’è neppure il bisogno di scaldarsi troppo su quelli di allora, se noi a venti secoli di distanza, non possiamo dire di avere ancora le idee troppo chiare. Molti comprano Gesù a scatola chiusa, senza neppure preoccuparsi di sapere cosa ci sia dentro. Altri gli attribuiscono cose che lui mai si sarebbe sognato. È più facile farne l’oggetto di una devozione, che riconoscerlo come l’assoluto della propria vita, che non si può fare a meno di seguire. Cosa ci porta a credere la nostra fede in relazione a Gesù? Gesù è un lui di cui possiamo sapere e dire qualcosa, o è un Tu con cui di rapportiamo da amici?

Tre sono le memorie che il calendario ci propone oggi: Giovanni Bosco, educatore e apostolo della gioventù; Menno Simons, riformatore della Chiesa; Camillo De Piaz, pendolare del Vangelo.

Giovanni Bosco nacque a Castelnuovo d’Asti il 16 Agosto 1815 e fu dalla madre, Margherita, educato alla fede e alla pratica coerente del Vangelo. Divenuto prete nel 1841, in una società che conosceva il dramma della miseria e dell’emarginazione sociale, iniziò il suo apostolato tra i giovani più poveri, fondando l’Oratorio, che mise sotto la protezione di san Francesco di Sales. E sará proprio tra loro che troverà in seguito i suoi migliori collaboratori. Fondò poi la Società di S. Francesco di Sales (da cui il nome di Salesiani) e, più tardi, con Madre Maria Domenica Mazzarello, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Creò, infine, i Cooperatori Salesiani, laici, uomini e donne, che accoglievano la chiamata ad affiancare e sostenere la sua opera. Morì il 31 gennaio 1888. Ai suoi figli salesiani lasciò in eredità una forma di vita religiosa semplice, che volle basata sulle virtù cristiane, sintetizzate nel binomio “lavoro e temperanza”.

Menno Simons nacque a Witmarsum, nella provincia olandese di Friesland nel 1496. Poco si sa della sua prima infanzia e dell’educazione ricevuta. Nel 1524, in ogni caso, fu ordinato prete della Chiesa cattolica. La morale del clero di allora generalmente non si distingueva da quella del mondo e Menno vi si era in qualche modo adeguato. Fu solo quando prese a leggere sistematicamente la Bibbia, che si rese conto che qualcosa non andava. Cominciò anche a nutrire qualche dubbio su alcune dottrine della chiesa di Roma; poi gli scritti di Lutero fecero il resto. Più radicale di questi e di Calvino, si identificò come anabattista. Gli anabattisti negano la validità del battesimo dei bambini e sostengono la necessità di (ri)battezzare solo adulti liberi e consapevoli della loro scelta. Lo stesso Menno volle essere così ribattezzato. Lo fece nel 1537. Nel frattempo la sua fama come scrittore e predicatore crebbe e presto gli anabattisti di quella regione lo riconobbero come loro leader, adottandone in seguito il nome per identificare la loro chiesa: si dissero infatti “mennoniti”. Suo merito fu quello di restaurare l’anabattismo nel suo carisma originario, dopo il bagno di sangue che aveva posto fine alla tragica esperienza di Münster (1535). Simons riunì i superstiti e quanti non avevano seguito gli estremisti nella loro avventura e riorientò il movimento su una pietà austera, aliena dai coinvolgimenti nella lotta per il potere. Da allora, i mennoniti rifiutano il servizio militare, non giurano, si propongono di costruire comunità di “santi”, dotate di rigorosa disciplina. Istruiscono i loro figli nella dottrina cristiana, ma battezzano solo gli adulti che liberamente accolgano l’Evangelo e si impegnino a viverlo. Il loro concetto centrale è una teologia del discepolato, ispirata al Discorso della Montagna. Menno Simons morì il 31 gennaio 1561.

Camillo de Piaz era nato a Madonna di Tirano il 24 febbraio 1918, da Battista de Piaz e Ernesta Valori. Nel settembre 1929 entrò nello studentato dell’Ordine dei Servi di Maria, a Monte Berico, dove ebbe come compagno di studi David Maria Turoldo. Entrambi nel 1934 iniziarono il loro noviziato nel Convento di Isola Vicentina, e un anno più tardi pronunciarono i primi voti semplici. Dopo gli studi di filosofia e teologia furono ordinati preti nel 1941. Ancora insieme parteciparono attivamente alla Resistenza antifascista. Dopo la Guerra, i due frati, insieme ad altri amici intellettuali (cui si aggiunsero, in seguito, Lucia Pigni e Mario Cuminetti), diedero vita, a Milano, alla “Corsia dei Servi”, un’officina di cultura che, su molti temi, anticipò la svolta del Concilio Vaticano II e che sarebbe presto divenuta un importante punto di riferimento per il mondo cattolico e non. Negli anni Cinquanta, esiliato, per volere del Santo Ufficio, nella natia Madonna di Tirano, visse sempre lì, presso il suo Santuario, pendolare dell’Evangelo, fino alla morte, che lo colse il 31 gennaio 2010.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2° Libro di Samuele, cap. 24,2.9-17; Salmo 32; Vangelo di Marco, cap.6, 1-6.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

In questo giorno, nasceva nel 1915 Thomas Merton, di cui facciamo memoria nella data della sua pasqua, il 10 dicembre. Scegliamo, così, di omaggiarlo anche oggi, proponendovi un brano, tratto dal suo libro “Vita nel silenzio” (Morcelliana), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’umiltà produce nel monaco innanzitutto il distacco da quella considerazione di se stessi che rende dimentichi della realtà di Dio; lo libera da quell’attaccamento alla propria volontà che fa ignorare e trasgredire la volontà eterna nella quale solamente è la realtà; demolisce a poco a poco l’edificio di illusori progetti che uno ha innalzato tra la realtà e se stesso; lo spoglia di quell’abito di ideali spuri che si è tessuto con le sue mani per travestirsi e abbellire il suo io immaginario. L’umiltà trova il monaco e lo salva nel mezzo di un conflitto senza speranza contro tutto l’universo; lo salva con una salutare « disperazione », nella quale egli rinuncia finalmente all’inutile lotta impegnata per fare un dio di se stesso. Quando compie quest’ultima rinuncia, il monaco si perde allora nel cuore della sua umiltà per ritrovarsi alfine in Dio. La vittoria dell’umiltà monastica è la vittoria del reale sull’irreale, una vittoria per la quale vengono rigettati ideali falsi e l’«ideale» è raggiunto, sperimentato, afferrato e posseduto non in un’immagine della mente, ma nell’attuale concreta esistenziale realtà della vita. La vittoria dell’umiltà monastica è un trionfo della vita, in cui, mediante l’integrazione di pensiero e azione, ideale e realtà, preghiera e lavoro, il monaco s’avvede di vivere ora perfettamente, pienamente e fruttuosamente in Dio. Dio però non appare. Il monaco di fuori non è cambiato; non ha l’aureola, è ancora un essere umano, fragile e limitato, i fatti della sua vita sono quelli di sempre, la preghiera è sempre la stessa e così il lavoro e la comunità monastica; ma tutte le cose sono cambiate dal di dentro e Dio, secondo un’espressione di San Paolo, è « tutto in tutto ». (Thomas Merton, Vita nel silenzio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Gennaio 2024ultima modifica: 2024-01-31T21:42:21+01:00da fraternidade
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