Giorno per giorno – 29 Gennaio 2024

Carissimi,
“Giunti che furono da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio” (Mc 5. 15-17). L’episodio si svolge in territorio pagano, come a dire che l’azione liberatrice di Gesù non si limita al suo ambiente, dove è conosciuto, ma si estende ad abbracciare anche coloro che ancora non lo conoscono, ma che lui riconosce come fratelli. Lo sono, infatti, senza saperlo, perché il principe della menzogna ha nascosto loro la comune origine. Questo può tradursi in pratiche di intolleranza e di violenza anche estrema, sia sul piano della comunicazione che in quello dell’azione. Stasera, ci dicevamo che si può essere società “gerasena”, pagana, anche quando ci si professa seguaci di quel Gesù, la cui presenza è però percepita come incompatibile con la propria pratica (che può arrivare ad essere omicida), sia che questa trovi espressione in ambito sociale, economico, politico, governaivo o religioso. L’indemoniato, di cui nell’epsodio, è specchio della società in cui vive, che si rivela violenta come lui – anche se con le mani pulite – nel generare prima e convivere poi con la violenza di quanti è venuta emarginando ed escludendo. Che sia così è dato dalla “preghiera” che i geraseni rivolgono a Gesù di lasciare il loro territorio. C’è un capitale (i duemila porci), accumulato nel tempo, garante delle nostre sicurezze, che non si è disposti a ridurre o a cui, men che meno, rinunciare, quand’anche sia in vista della liberazione dal male di un uomo. Un capitale, non necessariamente solo in termini monetari, ma anche, ce lo ripetiamo spesso, in termini di opzione ideologica, di identità culturale, di tradizione religiosa, o, in un ambito più personale, di tempo, di affetti famigliari e non, di passioni e passatempi, che siamo chiamati a ripensare, quando a essere in gioco è la salvezza (che significa anche la felicità) di qualcuno. Abbiamo già provato a rifletterci e a trarne le conseguenze?

Oggi il calendario ci porta la memoria di P. Miguel Angel Urusa Nicolau, salesiano, martire della solidarietà e della dedizione alla gioventù argentina, desaparecido, e quella di P. Egidio Biscaro, missionario comboniano, martire in Uganda.

Miguel Angel Urusa Nicolau era un salesiano della comunità di San Nicolás, provincia di Buenos Aires, dove era stato ordinato prete dal vescovo martire mons. Carlos Ponce de León. Gli era stata affidata la pastorale giovanile ed aveva, così, organizzato gruppi di giovani, contagiandoli con la sua allegria, generosità e dedizione specie nei confronti dei più emarginati. Prima del trasferimento a Rosario, lavorò per un certo tempo con i pescatori di Puerto Aragón, nei pressi di San Nicolás. Dopo il golpe militare del marzo 1976, la repressione che ne seguì ebbe tra i suoi obiettivi anche i militanti cristiani e molti degli integranti del gruppo giovanile guidato da Miguel Angel, conobbero negli anni successivi arresti, incarcerazioni e torture. Altri scomparvero nel nulla. Miguel Angel fu sequestrato il primo gennaio 1976 nella città di Rosario, dove risiedeva nel Collegio salesiano di San José. Aveva 36 anni. Secondo alcuni testimoni di un campo clandestino di concentrazione, morì anch’egli vittima delle torture. Rimane, per il popolo argentino, esempio di lotta per la fraternità e la giustizia.

Egidio Biscaro, era nato a Foresto di Cona (Venezia) il 22 settembre 1928, ultimo di sei figli di Antonio e Palmira Costa. Desideroso di essere missionario, nel luglio 1947, entrò come fratello laico nel noviziato dei Comboniani, emettendo i suoi voti religiosi il 15 agosto 1949. In previsione del suo invio in Uganda, trascorse un tempo in Inghilterra per apprendere l’inglese, frequentando nel contempo un corso di meccanica. A fine febbraio 1950 partiva pieno di giovanile entusiasmo per l’Africa, con destinazione Gulu, una missione fondata nel 1911, dove cominciò a lavorare in una grande officina di riparazioe di auto. Dopo tre anni si trasferì a Laybi, dove al lavoro in officina aggiunse l’insegnamento tecnico e l’attività di catechista nei fine settimana. Nel 1971, la Congregazione ritenne di poter accogliere il suo antico desiderio di essere prete. Si trasferì così a Roma, dove studiò per tre anni teologia e fu infine ordinato prete il 6 aprile 1974 a Milano. Ritornato in Uganda, visse, accanto alla sua gente, gli anni difficili della sanguinosa dittatura di Idi Amin Dada e quelli della successiva guerra civile, come anche il lungo tempo di instabilità e disordine che le seguirono. Il 29 gennaio 1990, padre Biscaro si trovava nella missione di Pajule (diocesi di Gulu), quando si rese necessario trasportare una donna bisognosa di ricovero urgente nell’ospedale di Kitgum. Pur consapevole del pericolo che il trasporto comportava a causa della presenza di numerosi banditi in quella regione, decise che era necessario tentare. Con l’inferma e con un altro missionario, si avviò in macchina verso la città, ma percorsi pochi chilometri alcune raffiche di mitra uccisero la donna e ferirono i due missionari, p. Egidio morì prima dell’arrivo dei soccorsi. L’altro sopravvisse. I resti del missionario riposano nel cimitero di Kitgum, vicino alla statua della Madonna, che aveva ripetutamente invocato prima di morire. Tra la sua gente.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2° Libro di Samuele, cap. 15,13-14.30; 16,5-13; Salmo 3; Vangelo di Marco, cap. 5,1-20.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le comunità del sangha buddhista.

Prendendo spunto dalla memoria di P. Miguel Angel Urusa Nicolau, il salesiano argentino desaparecido, scegliamo di proporvi, nel congedarci, una riflessione di fratel Arturo Paoli, che visse da vicino quella terribile stagione. Dice a cosa ci converte l’annuncio del farsi vicino del Regno di Dio. Tratto da un suo articolo apparso su Rocca n. 7 del 1 aprile 2009, con il titolo “Quel bisogno di aurora”, è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nella nostra preghiera non ci rivolgiamo ad un Dio distante, immobile; ma a un Dio in movimento continuo, permanente. Ai farisei che lo rimproverano di operare il giorno di sabato l’uomo Gesù si appella a Dio: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero ( Gv 5,17). In che consiste l’operare del Figlio che di fatto è l’operare del Padre?: trasmettere la vita che è amore. Per i sacerdoti di Gerusalemme Dio è il fondamento della legge che governa Israele, per gli Esseni di Qumram è colui che ha dato loro «l’ispirazione della vita pura nel deserto» Gesù lo sente come il Padre buono che si introduce nel mondo nella carne del figlio per umanizzare la vita. Per questo Gesù sceglie come luogo privilegiato non il tempio ma la strada, la casa dell’uomo, il luogo di lavoro dei pescatori e dei contadini perché lì c’è una vita da trasformare, da liberare. Se uno accetta che il progetto di Gesù sia il Regno di Dio – ed è impossibile pensare diversamente -, come si può dubitare che non abbia come obiettivo principale la liberazione? Una liberazione umana, totale da tutto quello che sia ostacolo all’amore, e le due componenti dell’amore sono la giustizia e la pace. Non sono queste le due colonne portanti della società umana? Per questo l’uomo deve essere liberato da tutto quello che mette disordine nell’armonia sociale. E vero che chi ha trovato Dio è in pace ma questa è una tautologia perché Dio stesso è la nostra pace e si nega Dio quando non si cerca coraggiosamente la pace e la giustizia. Il Regno di Dio è vicino – è il messaggio di Gesù secondo il Vangelo di Marco – e ci si potrebbe aspettare: preparatevi a riceverlo; ma il seguito è: «cambiate nel vostro modo di pensare e di attuare» (Mc 1,15). Dio non è una forza conservatrice ma un energico invito a cambiare. Il seguace di Cristo è invitato ad una rinascita permanente. (Arturo Paoli, Quel bisogno di aurora).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Gennaio 2024ultima modifica: 2024-01-29T21:38:34+01:00da fraternidade
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