Giorno per giorno – 27 Gennaio 2024

Carissimi,
“Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Gesù se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (Mc 4, 37-38). Padre José diceva stasera che il vangelo di stasera costituiva un po’ l’esame della fede dei discepoli, dopo i primi insegnamenti di Gesù. Esame su un tema non indifferente come è quello della morte. “Passiamo all’altra riva”, dice Gesù. Come tutti si passa. Che si abbia o no Gesù con sé nella barca (la Chiesa): “C’erano anche altre barche con lui” (v. 36). La domanda è: come si vive l’esperienza della morte. In generale, ma, ovviamente, più ancora quando si fa vicina. Con Gesù che dorme. Che ci ha, cioè, preceduto nella morte. A modo suo, con la tranquillità che gli deriva dal sapere di Dio. Già cantata dal Salmista: “In pace mi corico e subito mi addormento: tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare” (Sal 4, 9). Ed è ciò che, spesso, la nostra fede ancora non ci permette. Da qui l’invocazione, che è un grido: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Essere perduti è giusto quello che ci vuole perché si possa essere da lui salvati, offrendogli la possibilità di fare onore al suo nome (Gesù=Dio-salva). Peccato, che ci si sia, nel frattempo scordati che lui non è semplicemente il Maestro, ma è il Signore. Alla nostra preghiera, si sveglia, anzi la nostra preghiera riscveglia la nostra fede, ed egli, sgridando il vento, esorcizza le nostre paure, e ci rende capaci di vivere o dormire con lui, sapendo che il dormire-morire non è per la morte, ma per la vita. La nostra fede arriva a capire questo? Egli poi si prende cura di quelli della sua barca, ma anche di quelli delle altre barche. Possiamo averne la certezza.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Angela Merici, fondatrice della Compagnia di sant’Orsola.

Angela Merici nacque il 21 marzo 1474 a Desenzano sul Garda (Brescia). Ancora giovane, desiderando seguire più radicalmente il cammino del Vangelo, si fece terziaria francescana, vivendo per il resto, negli anni successivi, come gran parte delle donne di modesta condizione del suo tempo, del suo lavoro di cucito, di filatura e di servizi domestici. Trasferitasi a Brescia, acquisì via via una profonda influenza spirituale sulle molte persone con cui veniva in contatto. Decisa a riproporre in maniera originale l’esperienze delle primitive comunità cristiane, attenta però alle sfide della sua epoca, nel 1533, a quasi 60 anni, presso la chiesa di Sant’Afra, costituì la “Compagnia delle dimesse di Sant’Orsola”, con la finalità di offrire alle ragazze del suo tempo quell’istruzione a cui spesso solo difficilmente avevano accesso, assieme alla proposta di un approfondimento delle esigenze implicate nella scelta cristiana. Lasciò scritto alle sue discepole: “Vi supplico di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore, tutte le vostre figliole ad una ad una; e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione e indole e stato e ogni cosa loro. Il che non vi sarà difficile, se le abbracciate con viva carità… Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non imperiosamente e con asprezza, ma in tutto vogliate essere piacevoli. Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza; perché Dio ha dato a ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia…”. Morì il 27 gennaio 1540.

Le letture proposte dalla liturgia odierna alla nostra riflessione sono tratte da:
2° Libro di Samuele, cap.12, 1-7a.10-17; Salmo 51; Vangelo di Marco, cap.4, 35-41.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.
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Il 27 gennaio 1945, i soldati dell’Armata Rossa entravano ad Auschwitz. Per rimediare ai pericolosi vuoti di memoria di lì da voi, hanno creato la “Giornata della memoria”, celebrata, appunto, oggi, ed istituita, dal Parlamento del vostro Paese, il 20 luglio del 2000, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. È doveroso ricordare che assieme alla sistematica eliminazione degli ebrei, era stata avviata quella di sinti, rom e handicappati. Con la risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005, anche l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso che gli Strati membri dell’Onu celebrassero in tale data il Giorno della Memoria dell’Olocausto.

È tutto per stasera. Prendendo spunto dalla Memoria dell’Olocausto, scegliamo di congedarci, lasciandovi ad una pagina di Primo Levi, tratta dal suo libro “La tregua”, che narra proprio di quel giorno, 27 gennaio 1945. Che pare che a qualcuno dispiaccia. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sòmogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti. Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era più alta del campo) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo. Ci pareva, e così era, che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo. Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta’ buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. (Primo Levi, La tregua).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Gennaio 2024ultima modifica: 2024-01-27T20:58:33+01:00da fraternidade
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