Giorno per giorno – 22 Gennaio 2024

Carissimi,
“In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna” (Mc 3, 28-29). Stasera, ci chiedevamo se coloro a cui piace vedere l’inferno pullulare di anime perdute, abbiano mai letto questa pagina di Vangelo, che li smentisce clamorosamente. Saranno, infatti, perdonati “tutti i peccati” e “tutte le bestemmie”, non dice previo pentimento, né debitamente confessati. È comprensibile la disperazione di moralisti, canonisti, e quanti altri si pensassero per questo anticipamente pensionati, o forzatamente disoccupati. Noo, i peccati, con un po’ di giudizio, restano peccati e le bestemmie bestemmie, a segnalarci che qualcosa non ha funzionato nella nostra relazione con il Padre, tra fratelli e sorelle, come si è tutti in rapporto a Lui, o anche solo con noi stessi, nel porci obiettivi sbagliati, o non centrare quelli giusti. Ma, detto questo, basta. Chi può ricominciare, ricomincia. Chi è fuori del tempo massimo, se la vede con Lui, che è quanto d meglio si possa incontrare, anche perché: “tutti i peccati saranno perdonati”. Restano quelle imperdonabili bestemmie contro lo Spirito Santo, che, guardando al contesto, consisterebbero nell’accusare qualcuno di operare il bene – che si giudica essere male – in forza di uno spirito [che si pensa] maligno. Come quando si accusava papa Giovanni o Dom Helder Câmara di essere comunisti, per riferirci a figure lontane nel tempo. Di questi bestemmiatori dello Spirito ce n’è, almeno qui da noi, un certo numero, ma non tanti da pensare che possano riempire l’inferno. Che, poi, alla fine, capiterà anche a questi imperdonabili, di imbattersi, morendo di vergogna, con quella misericordia che avevano negato agli altri.

Oggi il calendario ci porta le memorie dell’Abbé Pierre, il prete dei senzatetto, e di Thich Nhat Hanh, monaco buddhista, poeta e attivista per la pace.

Henri Antoine Groues (questo il suo nome alla nascita) era nato il 5 agosto 1912, in una famiglia benestante di Lione. Dopo gli studi dai gesuiti, l’incontro con la figura di Francesco, durante un viaggio ad Assisi, lo spinse ad abbracciare la vita religiosa nell’ordine dei frati minori cappuccini, dove nel 1931 emise i suoi voti, assumendo il nome di frère Philippe e devolvendo il suo patrimonio personale ad opere caritative. La vigilia dell’ordinazione a sacerdote, nel 1938, il padre Henri De Lubac, gli suggerì: “Fa’ una sola preghiera allo Spirito Santo, che ti dia l’anticlericalismo dei santi”. E ci sembra una preghiera sempre buona. L’anno successivo, motivi di salute costrinsero il nostro a lasciare la vita conventuale e ad incardinarsi nella diocesi di Grenoble. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si dedicò attivamente al salvataggio dei perseguitati dalla tirannia nazista, ebrei e oppositori politici, divenendo in seguito elemento di primo piano della resistenza francese. Alla fine della guerra, fu deputato all’Assemblea nazionale costituente, nel 1945-46 e poi, in Parlamento, fino al 1951. Intanto, nel 1949, aveva dato vita al Movimento Emmaus che, negli anni successivi, darà vita, in decine di Paesi, a centinaia di comunità, in cui i poveri, con un lavoro di recupero e riutilizzo di quanto viene buttato via, si guadagnano da vivere onestamente e si permettono il “lusso” di aiutare chi sta ancora peggio. “Vivere è rendere credibile l’Amore” “L’urgenza è la condivisione, condivisione anche del bene lavoro, del tempo libero…”. È il messaggio che per mezzo secolo l’Abbé Pierre portò ovunque. Nel 1996, la sua immagine fu per qualche tempo seriamente offuscata, a causa di alcune sue dichiarazioni a favore di Roger Garaudy, una figura d’intellettuale dal percorso piuttosto complesso e volubile, di estrazione protestante, poi stalinista, marxista dissidente, cattolico e infine musulmano, approdato all’antisemitismo e sostenitore di sciagurate tesi negazioniste sull’Olocausto. Ma, il vecchio Abbé Pierre seppe tirarsene fuori, per riprendere, nonostante le malferme condizioni di salute, la missione di sempre. Ha vissuto gli ultimi anni nella Comunità Emmaus di Alfortville, nel Val-de-Marne. Ricoverato il 14 gennaio all’ospedale Val-de-Grâce, a Parigi, per un infezione polmonare, vi si è spento il 22 gennaio 2007.

Nato Nguyễn Xuân Bảo, a Hué (Vietnam), l’11 ottobre 1926, Thích Nhất Hạnh, all’età di sedici anni fu ordinato monaco buddhista del Buddhismo Thiên, impegnandosi da allora a promuovere il Dharma quale strumento per portare pace, riconciliazione e fratellanza nella società. Nel 1964, durante la guerra del Vietnam venne arrestato e torturato; si mantenne equidistante sia dal governo del Vietnam del Nord sia dal Vietnam del Sud e diede vita al movimento di resistenza nonviolenta dei “Piccoli Corpi di Pace”: gruppi di laici e monaci che andavano nelle campagne per creare scuole, ospedali e per ricostruire i villaggi bombardati, nonostante subissero attacchi da entrambi i contendenti (vietcong e statunitensi), poiché li ritenevano alleati del proprio nemico. Nel 1967, mentre si trovava negli Stati Uniti, conobbe Martin Luther King, che ne fece il suo candidato al Premio Nobel per la pace. Due anni dopo, costretto all’esilio, diede vita alla Delegazione di Pace Buddhista, che partecipò alle trattative di pace di Parigi. Dopo la firma degli accordi, gli venne rifiutato il permesso di rientrare nel suo Paese da parte del governo. Si stabilì quindi in Francia, dove nel 1982 fondò il Plum Village, comunità di monaci e laici uomini e donne nei pressi di Bordeaux, nella quale visse e insegnò l’arte di vivere in consapevolezza. Ai suoi ritiri parteciparono ogni anno migliaia di persone, provenienti da ogni parte del mondo. Nel gennaio del 2005, su invito ufficiale del governo vietnamita, poté far ritorno per tre mesi in Vietnam. Ritornò poi in Vietnam nel febbraio del 2007 per un tour di 10 settimane, durante il quale tenne discorsi davanti ad occidentali e vietnamiti. Colpito da ictus nel 2014, fece ritorno definitivo in Vietnam, presso il tempio Từ Hiếu a Huế, dove morì il 22 gennaio 2022, all’età di 95 anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2° Libro di Samuele, cap.5, 1-74. 10; Salmo 89; Vangelo di Marco, cap.3, 22-30.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano del discorso inviato da Thich Nhat Hahn al Vertice dei leader mondiali della fede per porre fine alla schiavitù moderna e al traffico di esseri umani, svoltosi in Vaticano, il 2 dicembre 2014. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Siamo grati di essere qui riuniti oggi per annunciare al mondo il nostro impegno a lavorare insieme per porre fine alla schiavitù moderna; e per chiedere a coloro che trafficano in esseri umani di porre fine a questo sfruttamento; e per chiedere ai leader mondiali e alle organizzazioni di proteggere la dignità di queste giovani donne, uomini e bambini. Sono le nostre figlie e i nostri figli, le nostre sorelle e i nostri fratelli. È chiaro che in quest’epoca di globalizzazione, ciò che accade a uno di noi, accade a tutti noi. Siamo tutti interconnessi e siamo tutti corresponsabili. Ma anche con la massima buona volontà, se veniamo travolti dalle nostre preoccupazioni quotidiane per i bisogni materiali o il benessere emotivo, saremo troppo occupati per realizzare la nostra aspirazione comune. La contemplazione deve andare di pari passo con l’azione. Senza una pratica spirituale abbandoneremo molto presto il nostro sogno. Ognuno di noi, secondo l’insegnamento della propria tradizione, dovrebbe praticare per entrare in contatto profondo con le meraviglie della Natura, le meraviglie della vita che si trovano in ognuno di noi, il Regno di Dio, la Terra Pura, il Nirvana in ognuno di noi, in modo da poter ottenere la guarigione e il nutrimento, la gioia e la felicità che nascono dall’intuizione che il Regno di Dio è già disponibile nel qui e ora. Il sentimento di amore e di ammirazione per la natura, che tutti noi condividiamo, ha il potere di nutrirci, di unirci e di rimuovere ogni separazione e discriminazione. Quando siamo in contatto con tutto ciò che ristora e guarisce, possiamo liberarci dalle nostre preoccupazioni quotidiane per le comodità materiali, e avremo molto più tempo ed energia per realizzare il nostro ideale di portare libertà e compassione a tutti gli esseri viventi. […] Il mondo in cui viviamo è globalizzato, e lo è anche questa nuova forma di schiavitù, che è collegata ai sistemi economici, politici e sociali. Quindi anche la nostra etica e la nostra morale devono essere globalizzate. Un nuovo ordine globale richiede una nuova etica globale. Dobbiamo sederci insieme, persone di molte tradizioni, come stiamo facendo ora, per trovare le cause di questa sofferenza. Se guardiamo insieme profondamente, con chiarezza, calma e pace, comprenderemo le cause della schiavitù moderna, e potremo trovare una via d’uscita. (Thich Nhat Hanh, Discorso al Vertice dei leader mondiali della fede per porre fine alla schiavitù moderna e al traffico di esseri umani, Città del Vaticano, 2 dicembre 2014).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Gennaio 2024ultima modifica: 2024-01-22T21:51:22+01:00da fraternidade
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