Giorno per giorno – 15 Gennaio 2024

Carissimi,
“Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi” (Mc 2, 21-22). Stasera, ci dicevamo che c’è un’incompatibilità profonda tra il Dio di Gesù Cristo (ma possiamo anche dire il Dio che è Gesù Cristo), e il dio presentatoci da certe pagine della Scrittura, come quello della prima lettura di oggi (1Sam 15, 16-23). A commento della quale uno dei partecipanti alla celebrazione di stasera, è intervenuto, dicendo pressapoco così: “Mi chiedo se possiamo leggere senza rabbrividire testi come questo, che si riferisce allo sterminio di uomini, donne, bambini, vecchi e neonati, insieme a tutto il bestiame, ordinato da dio a Saul. Cosa c’entra questo dio con l’Abbà di Gesù, che ci comanda di amare i nostri nemici? In effetti, vale il detto che non si può riparare un tessuto vecchio con un panno nuovo, né si può mettere vino nuovo in otri vecchi. Il dio in questione è un idolo nazionalista e sanguinario inventato dagli ebrei di quel tempo per giustificare guerre fratricide in vista del dominio su terre contese. Non diversamente dagli dèi di altri popoli (lo stesso dio, oggi, di Netanhau, Bolsonaro e dei loro amici, emuli e devoti). Gesù è venuto a smascherare questo idolo”. Sì, pensiamo che il detto di Gesù, motivato da certe critiche a lui rivolte dagli esponenti di un tradizionalismo bigotto e meschino, si applichi anche a maggior ragione a quelle pagine della Scrittura che riferiscono a Dio l’immagine distorta, segnata dal peccato, che Israele, nella sua storia è venuto a tratti disegnando. E che ancora, in molti casi, domina l’immaginario religioso di molti che si dicono cristiani, preferendola alla verità portata da Gesù.

Oggi è memoria di don Zeno Saltini, profeta di una società fraterna, e di Olivier Clément, teologo ortodosso e testimone di ecumenismo.

Zeno Saltini era nato, nono di dodici fratelli, il il 30 agosto 1900, a Fossoli di Carpi (Mo). A quattordici anni, lasciati gli studi, scelse di lavorare nei poderi della famiglia, entrando così in contatto con la dura realtà dei braccianti. Dopo il servizio militare, l’intenzione di difendere come avvocato coloro che non potevano pagarsi un difensore, lo portò a laurearsi in legge, e poi a decidere di farsi prete, per cercare piuttosto di prevenire che ci fossero quelli che finiscono in galera. Quando, nel 1931, celebrò la sua prima messa, adottò come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere. Sarà il primo di molti. Dieci anni dopo, una ragazza fuggita di casa accettò di diventare la mamma “di vocazione” dei più piccoli tra gli ospiti di quella strano prete. Anche lei seguita da molte altre. Alla fine della seconda guerra mondiale (durante la quale molti componenti integrarono le file della resistenza antinazista), occupato il campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, don Zeno e i suoi costruirono la loro città. Accanto alle famiglie di mamme di vocazione si formarono le prime famiglie di sposi, che chiesero a don Zeno di accogliere i figli abbandonati, decisi ad amarli come quelli che sarebbero nati dal loro matrimonio. Nacque così Nomadelfia, che significa “Dove la fraternità è legge”. Le pressioni politiche dei partiti di destra e la difficile situazione economica degli anni che seguirono portarono al tentativo di “abolire” Nomadelfia. Il Sant’Ufficio ordinò a don Zeno di lasciare. Costretti ad abbandonare Fossoli, i nomadelfi si rifugiarono a Grosseto, in una grande tenuta da bonificare, frutto di una donazione. Per restare fedele alla sua famiglia, il prete chiese ed ottenne dal Papa, nel 1953, la rinuncia all’esercizio del sacerdozio. Anni più tardi, quando, nel 1961 i nomadelfi si diedero una nuova Costituzione come associazione civile, don Zeno chiese alla Santa Sede di riprendere l’esercizio del sacerdozio. Il 22 gennaio 1962 celebrò la sua “seconda prima messa”. Il papa, ricevendo i Nomadelfi, nell’agosto 1980, per una serata di festa, disse: “Se siamo chiamati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti”. Qualche mese dopo, don Zeno, colpito da infarto, moriva a Nomadelfia. Era il 15 gennaio 1981.

Olivier Clément nacque ad Aniane, in Llenguadoc (Francia), il 17 novembre 1921, e crebbe in una famiglia agnostica. Dopo gli studi all’Università di Montpellier, cominciò ad interessarsi alla storia del cristianesimo e alle chiese orientali. Più tardi, sotto l’influenza degli scritti di Berdiaev e di Looskij, del quale divenne allievo ed amico, si convertì al cristianesimo, chiedendo ed ottenendo di essere battezzato nella parrocchia francofona del Patriarcato di Mosca a Parigi. Insegnò per molto tempo storia al Lycée Louis-le-Grand a Parigi e fu professore all’Istituto di Teologia Ortodossa San Sergio, affermandosi come uno dei teologi più stimati dell’Oriente ortodosso e, certo, uno tra i più attenti agli interrogativi della modernità, cui cercò di rispondere con una riflessione insieme profonda e poetica, in una ripresa sempre creativa e innovatrice della tradizione. Dal 1967 al 1997, fu membro del comitato misto di dialogo teologico cattolico-ortodosso e degli incontri bilaterali fra ortodossi e protestanti. Negli ultimi decenni è stato interlocutore di grandi figure della vita delle chiese dell’ultimo secolo; tra gli altri: il Patriarca Atenagora di Costantinopoli, Giovanni Paolo II, il prete e teologo rumeno Dumitru Stăniloae, l’archimandrita Sofronio del monastero di Maldon (Gran Bretagna), Frère Roger Schutz di Taizé. Ma, più ancora, ha avuto un ruolo determinante e significativo nell’orientare e aiutare la ricerca di senso, il cammino di fede, il desiderio di dialogo, di molti altri. Clément si è spento a Parigi, il 15 gennaio 2009.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro di Samuele, cap.15, 16-23; Salmo 50; Vangelo di Marco, cap. 2, 18-22.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddista.

Oggi ricordiamo anche la nascita di Martin Luther King Jr., pastore battista, apostolo della resistenza non violenta, eroe e paladino degli ultimi ed emarginati, assassinato il 4 aprile 1968. Pur facendone memoria nella data della morte, vogliamo ricordarlo anche oggi con queste sue parole: “Ora ci troviamo di fronte al fatto che il domani è già oggi. Ci troviamo di fronte alla feroce urgenza dell’adesso. In questo enigmatico dispiegarsi della vita e della storia c’è qualcosa che ci dice essere già troppo tardi… C’è un libro invisibile della vita che registra fedelmente la nostra vigilanza o la nostra negligenza… Ora cominciamo. Ora ridedichiamoci alla lunga e amara – ma bellissima – lotta per un mondo nuovo. Questa è la chiamata dei figli di Dio, e i nostri fratelli aspettano con ansia la nostra risposta” (Beyond Vietnam: A Time to Break Silence”, Discorso nella Riverside Church, a New York, 4 Aprile 1967).

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Don Zeno, tratta dal suo libro “Nasceva Nomadelfia in un bambino di campagna…” (LEF), che è, così per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il santo non è il buon cristiano, è l’eroe del cristianesimo, è un “alter Christus”. E se tu lo confronti con gli altri eroi, il santo è il sole in pieno meriggio che illumina e vince quasi a sembrare spenti gli altri lumi che nelle tenebre fanno gran sfarzo. Chi mai alla luce di una lampada, sia pure elettrica, non preferisce la luce del sole? L’uomo è nato per vivere alla luce del sole, non a quella d’una lampada. La lampada l’ha fatta l’uomo, il sole l’ha creato e fatto Iddio. L’eroe che non è l’eroe cristiano è una lampada che può servire ma non è indispensabile, il santo è l’eroe cristiano che ha ricevuto da Dio, qual premio del suo eroismo, lo splendore della santità, apportatore di vita e capace di vincere ogni altra lucciola che s’eleva sul mediocre ma che non si congiunge a Dio per riceverne lume e calore che l’uomo non ha né può dare. “Vuoi essere buono? Osserva i comandamenti… Vuoi essere perfetto – vuoi essere l’eroe cristiano? La volpe ha la sua tana, gli uccelli dell’aria hanno i loro nidi, il Figliol di Dio non ha dove posare il capo… Abbandona tutto… Avrai il cento per uno”. Ecco la via dell’eroismo, ecco l’eroe, ecco il santo. Puoi essere buono, puoi essere santo. Scegli; e l’uno e l’altro sei in grado di fare. (Zeno Saltini, Nasceva Nomadelfia in un bambino di campagna…).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Gennaio 2024ultima modifica: 2024-01-15T21:23:27+01:00da fraternidade
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