Giorno per giorno – 06 Giugno 2021

Carissimi,
“Gesù venne con i suoi discepoli in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: È fuori di sé” (Mc 3, 20-21). Gesù, che aveva fatto fino ai suoi trent’anni il carpentiere e poi, di punto in bianco, aveva mollato tutto, attratto prima dalla predicazione lungo il Giordano del cugino Giovanni, per poi, una volta battezzato, mettersi per conto suo a predicare e a riunire intorno a sé discepoli e a prendesi cura di coloro a cui nessuno pensava, aveva già sorpreso famigliari e compaesani, ma poi, le notizie che giungevano dovevano essere sembrate eccessive, sicché venne loro di pensare che gli si era ammattito e decisero di andarselo a riprendere, per ricondurlo alla ragione. Lui aveva già un’altra casa di riferimento (una sorta di comunità di base), dove si ritrovavano coloro a cui piaceva ascoltarlo. Così anche quel giorno. Giunsero, però, occhiuti, a controllarlo, anche i guardiani dell’ortodossia e della tradizione dei padri, che avevano già la loro verità in tasca a suo riguardo: “È indemoniato!”. Un po’ come dom Helder Câmara diceva dei suoi critici: “Se mi limito a dar da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, ecco che tutti mi chiamano comunista”. Altra maniera per dire indemoniato. E Gesù aveva giustamente scelto i poveri come destinatari della sua Parola e della sua promessa. Il vangelo ci presentava così oggi tre maniere di relazionarci con Gesù e il suo annuncio. Quella di chi vuole riportarlo alla ragione, annacquandone l’annuncio, magari in chiave devozionistica, senza perciò che scombussoli troppo la vita e la mentalità comune (i suoi famigliari); quella di chi lo guarda con ostilità e lo giudica pericoloso, preferendogli la lezione della tradizione (gli scribi); quella infine che lo ascolta e fa quello che dice (la comunità riunita intorno a lui). Noi, dove ci situiamo?

I testi che la liturgia di questa 10ª Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.3, 9-15; Salmo 130; 2ª Lettera ai Corinzi, cap.4, 13- 5, 1; Vangelo di Marco, cap.3, 20-35.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Oggi il calendario ecumenico ci porta la memoria di Martin Buber, maestro e testimone di dialogo, di György Bulányi, fondadatore delle Comunità di base Bokor, e quella dei Martiri ebrei di Siviglia.

Martin Mordechai Buber nacque a Vienna, l’8 febbraio 1878, in una famiglia ebrea. Nella sua visione filosofica e religiosa è centrale la categoria del “dialogo”: con il mondo e con Dio. Questo segnó profondamente tutta la sua riflessione, il suo lavoro e la sua vita. Oltre alle sue opere più specificamente filosofiche, dobbiamo a lui l’organizzazione e la riformulazione degli insegnamenti dei grandi maestri del chassidismo, nonché di numerosi lavori di critica biblica. Nel 1938, fuggendo dalla dittatura e dalla persecuzione nazista, emigrò in Eretz Israel, dove, coerentemente, fece ogni sforzo per favorire il dialogo tra israeliani e palestinesi. Scrisse: “Uno può credere che Dio esiste e vivere alle sue spalle, ma colui che crede in Lui, vive dinanzi al suo volto”. E ancora: “Fede è provare fede nella pienezza della vita, nonostante il corso sperimentato del mondo”. Morì il 6 giugno 1965.

Prete scolopio (della congregazione dei “Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie”, fondata da S. Giuseppe Calasanzio), György Bulányi era nato a Budapest il 9 gennaio 1919. Alla fine della seconda guerra mondiale, il giovane prete prese a organizzare piccole comunità ecclesiali di base, che consentissero la sopravvivenza e la trasmissione dell’annuncio evangelico, nel clima di persecuzione o di intimidazione instaurato dal regime stalinista nei confronti delle attività religiose. Arrestato per questo, nel 1952, fu processato e condannato all’ergastolo per attività antistatali. Fu liberato nel 1960, ma non essendogli consentito di esercitare il suo ministero nella chiesa, si mise a lavorare come addetto ai trasporti. Nel frattempo curò la stesura dei sei volumi che raccolgono il suo pensiero teologico, dal titolo “Cercate il Regno di Dio!”, dove, analizzando le parole di Gesù nei Vangeli, concluse che Gesù voleva che la società umana – fondata sul dominio e la violenza – si trasformasse già qui, sulla terra, in un mondo basato sull’amore, seguendo gli ideali della nonviolenza, il servizio agli altri, la condivisione e il dono di sé. Ispirandosi al modello della comunità di Gesù, Bulányi operò per ridare vita e slancio alle comunità (più tardi conosciute come Bokor, il “Roveto”), dove la coscienza di ogni membro era rispettata dai suoi compagni, e dove tutti si sentivano impegnati ad approfondire la parola di Dio nelle Scritture e ad applicarla nella vita. Caratteristico di queste comunità fu anche la scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare, la denuncia dell’alleanza fra trono e altare, l’invito alla chiesa ad abbandonare ogni struttura di potere, per rivivere la dimensione originaria della comunità di fratelli. Molti giovani obiettori di coscienza furono, all’epoca, processati e condannati a lunghe pene detentive. Il regime esercitò pressioni sulla Chiesa perché adottasse misure punitive nei confronti di padre Bulányi. Il che, effettivamente, avvenne. Il cardinale László Lékai lo sospese a divinis, forte dei risultati di un processo intentato alle sue tesi dalla Congregazione per la dottrina della fede, non molto dissimile da quelli sperimentati in quegli anni dai teologi latinoamericani. Le misure canoniche furono ritirate soltanto nel 1997. Padre György Bulányi morì il 6 giugno 2010.

Il 6 giugno 1391, gli abitanti di Siviglia, in Spagna, circondarono il quartiere ebreo e lo incendiarono. Massacrarono circa cinquemila famiglie ebree, vendendo poi molte donne e bambini ai musulmani come schiavi. La maggior parte delle 23 sinagoghe di Siviglia furono distrutte o trasformate in chiese.

E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Martin Buber, tratta dal suo “I racconti dei Chassidim” (Garzanti), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Un uomo andò dal Rabbi di Kozk e chiese come potesse convincere i suoi figli a dedicarsi allo studio della Legge. Il Rabbi rispose: “Se lo vuoi in verità, dedicati tu stesso alla legge di Dio ed essi apprenderanno vedendoti. Altrimenti non vi si dedicheranno neppure essi, ma diranno ai loro figli di farlo, e così all’infinito. Sta scritto: ‘Bada bene… Che tu non dimentichi le cose che i tuoi occhi hanno veduto! Tu le farai sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli’ (Dt 4,9). Se tu stesso dimentichi la legge di Dio, allora anche i tuoi figli la dimenticheranno e di nuovo la daranno soltanto a sapere ai loro figli, e anch’essi dimenticheranno e la daranno soltanto a sapere; tutti daranno a sapere e nessuno saprà!”. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Giugno 2021ultima modifica: 2021-06-06T22:00:44+02:00da fraternidade
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