Giorno per giorno – 09 Maggio 2021

Carissimi,
“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 15, 9-10. 14. 17). La liturgia di oggi ci ha riproposto le parole di Gesù che l’evangelista Giovanni situa nel contesto dell’ultima cena e che noi avevamo già meditato l’altro ieri. Difficile parlare di amore senza correre il rischio di scivolare in un sentimentalismo a buon mercato. Forse per questo Gesù si è premurato di specificare: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (v.12). Al punto di dare la vita. Che, poi, è l’amore che egli riceve dal, e restituisce al, Padre. Difficile che, nella vita di ogni giorno, ci sia chiesto di offrire la vita per salvare quella di altri. A tutti però Gesù chiede di metterla, generosamente e gratuitamente, al servizio della crescita in pienezza di quanti ci sono in diverso modo affidati, non solo quelli della nostra cerchia famigliare (che sarebbe già un gran cosa!), o del gruppo sociale, politico o religioso, in cui ci riconosciamo, ma di tutti coloro che il Signore pone, di volta in volta, sul cammino nostro e nella realtà in cui ci muoviamo. Finché non saremo stati capaci di questa generosità e gratuità, rinunciando a qualsiasi tipo di calcolo, misura, giudizio, gratificazione, vorrà dire che, malgrado le apparenze, non abbiamo ancora davvero incontrato, conosciuto e amato Gesù, né, perciò, si è creduto in lui. Come del resto, e questo è consolante, è accaduto ai suoi, a lungo. Ed è possibile sperare che, come allora, sia lui a prendere l’iniziativa di incontrarci.

I testi che la liturgia di questa VI Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.10, 25-26.34-35. 44-48; Salmo 98; 1ª Lettera di Giovanni, cap.4, 7-10; Vangelo di Giovanni, cap.15, 9-17.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Nicolaus Ludwig von Zinzendorf, riformatore religioso e sociale e quella di Luis Dalle, vescovo, amico dei poveri in Perù.

Nicolaus Ludwig von Zinzendorf nacque a Dresda il 26 maggio 1700 da una nobile famiglia austriaca protestante. Rimasto a sei anni orfano del padre, fu educato dapprima dalla nonna, Henriette Catharine von Gersdorff, e dal suo padrino di battesimo, Philipp Jakob Spener, fondatore del movimento pietista. Studiò nell’ambiente pietista di Halle, sotto la guida di August Hermann Franke, fondatore delle famose scuole di carità. Laureatosi in Legge, nel 1719, viaggiò per qualche tempo attraverso la Francia e i Paesi Bassi, dove strinse amicizia con persone di altre confessioni religiose, inclusi cattolici. Cominciò allora a pensare alla possibilità di operare in vista dell’unione tra le chiese. Stabilitosi a Dresda, dove sposò Erdmute Dorothea Reuss, da cui avrebbe avuto dodici figli, otto dei quali morti in tenera età, lavorò per qualche anno in un ufficio governativo di affari giuridici. Subentrato come proprietario nella tenuta della nonna, a Berthelsdorf, decise di mettervi in pratica le idee pietiste di Spener. Nel maggio 1722, accolse un gruppo di Fratelli Boemi, mettendo a loro disposizione una parte del terreno, che ribattezzò Herrnhut (“Pascolo del Signore”), perché potessero liberamente praticare la loro fede. Ad essi seguirono altri dissidenti religiosi, e, più tardi, lui stesso vi si trasferì con la famiglia, come predicatore laico, redigendo nel 1727 regole comuni per la comunità che si era venuta a formare. Desideroso di dare ad essa un impulso missionario, prese gli ordini religiosi nel 1734 a Tubinga e nel 1737 fu nominato vescovo moravo dal predicatore della corte di Berlino. A partire da allora, missionari furono inviati in numerose regioni di Europa, America, Asia, Africa. Lo stesso von Zinzendorf si impegnò nella fondazione di comunità in Germania, Olanda, Inghilterra, Irlanda e America. Nel 1750 fissò la sua residenza a Londra, ma, cinque anni dopo, dovette far ritorno a Herrnhut, per alcune difficoltà finanziarie della comunità. In quel periodo fu colpito da gravi lutti familiari, compresa la perdita della moglie, nel 1756. Risposatosi nel 1757 con Anna Caritas Nitschmann, dopo solo tre anni, colto da una grave malattia, morì il 9 maggio 1760. La Chiesa Morava conta oggi 700.000 fedeli, la maggior parte dei quali vive nel Terzo Mondo (200.000 nella sola Tanzania).

Luis Dalle, “Lucho”, era nato in Francia nel 1922, in una famiglia di quindici figli, di cui tre divennero preti, due religiosi e due religiose. Nel 1944, fu inviato nel campo di concentramento nazista di Buchenwald, da cui fu liberato ridotto in fin di vita. Fu un’esperienza tremenda, in cui sperimentò sulla propria pelle cosa significa essere privato di tutti i diritti umani. Missionario francese della Congregazione dei Sacri Cuori, nel 1947, fu inviato in Perù, dove svolse il suo ministero dapprima a Lima, e poi, a partire dal 1968, nel Sud Andino. Nel 1972 venne nominato vescovo della Prelazia di Ayaviri. Profondo conoscitore della realtà peruviana e ecclesiale, “Lucho” seppe inserirsi con molta semplicità tra le popolazioni indigene del Sud andino, valorizzandone la cultura e rivendicando i loro diritti e la loro dignità calpestati quotidianamente. Visse con passione i cambiamenti proposti da Medellín e Puebla, come lettura latinoamericana del Concilio Vaticano II. Morì a 60 anni, il 9 maggio, in un incidente stradale: il vecchio autobus, carico di contadini, su cui viaggiava, cadde in un precipizio. Morì anonimamente, come uno qualunque della sua gente, spogliato del suo anello pastorale, della camicia e dei sandali, corpo irriconoscibile, in paziente attesa con gli altri di essere riconosciuto, due giorni dopo, nell’obitorio di Arequipa. Ma Lui l’aveva riconosciuto da subito. Perché era in compagnia dei suoi poveri.

Oggi, da voi, viene celebrata la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. La data prescelta ricorda il sacrificio della vittima forse più nota, Aldo Moro, ma il ricordo si estende a tutte le innumerevoli vittime indiscriminate dello stragismo nero – perfettamente coerente con i presupposti ideologici dei suoi autori e ispiratori – e a quelle per lo più “mirate” dell’odio demente delle Br e delle formazioni emule. Che, con la “appropriazione indebita” dei valori della Resistenza e dell’antifascismo, riuscì a pregiudicare, più di quanto non abbiano fatto i suoi avversari, lo sviluppo democratico del vostro Paese. La celebrazione intende restituire alle vittime lo spazio dovuto nella vita pubblica della Comunità, riflettendo sulla stagione drammatica di quegli anni, e insieme ricordando, certo, gli inimitabili esempi morali di alcuni, ma anche le vite semplici spese nel lavoro al servizio della famiglia e della collettività, e nel coltivare gli affetti dei più.

Beh, tra le ricorrenze di questo giorno, non possiamo dimenticare che i nostri fratelli musulmani hanno celebrato nella notte trascorsa, in questo 27 di Ramadan, Laylatu’l-Qadr (La notte del Destino), in cui, secondo la tradizione, fu fatto scendere il Corano nella sua interezza; chiamata così, perché in essa, sempre secondo la tradizione, Dio decreta il destino della creazione per l’anno a venire.

Il nove di maggio, noi si ricorda sempre, il compleanno di alcune persone che ci sono particolarmente care. Tra loro, completa oggi novanta primavere, un amico prete, di cui ripetiamo spesso che, se la presenza fisica quasi scompare, per quanto è minuto, tanto più corposa e viva è la Presenza che egli si porta dentro e manifesta. Di lui, nel congedarci vi proponiamo il brano di un’omelia che troviamo in rete con il titolo “Voi pane per me”. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Come sono grato a Gesù di essere stato per me, nonostante tutte le mie infedeltà, pane per la mia vita! Ha nutrito i miei giorni, i miei lunghi giorni e ancora li nutre quando ascolto le sue parole, quando prendo il suo pane, pane della tavola della convocazione. Pane diventa una persona. Lui Gesù. Ma anche noi. Ecco l’invito a essere pane. A dare vita, a dare fiducia, a dare incoraggiamento, a nutrire speranze, a nutrire sogni di convocazione, il pane per tutti. Negli occhi ci rimangono le convocazioni di Gesù sull’erba dei monti. E fu pane per i cinquemila e anche per le donne e i bambini. Ed è scritto che mangiarono tutti e raccolsero anche sporte di frammenti avanzati. Questo, anche questo significa esser pane: avere questa passione. Perché il pane, nella sua natura più profonda, ha inscritto di essere pane per tutti. Gesù è stato pane per tutti. E io? Essere pane. Ebbene vorrei dirvi che, proprio pensando che sono pane per noi le persone, mi ha attraversato una domanda. Vorrei lasciarla a me e a voi, ed è questa: se penso alla mia vita di chi posso dire: “è stato pane per me”? Certo di Gesù. Ma poi non mi si affacciano forse altri volti, di fronte ai quali potrei dire in assoluta verità e con commozione: “Tu sei stato pane per me. Mi hai dato forza, coraggio, brividi, spinta a continuare, passione per una umanità buona. Mi hai nutrito con i tuoi occhi, con i tuoi racconti, con i tuoi abbracci, con la tua attenzione, con la tua tenerezza, con la tua disponibilità”? Che bello sentirci fratelli e sorelle di pane. Che Dio possa renderci tutti “buoni come il pane”, buoni un po’ come lui, che è il pane disceso dal cielo. (Angelo Casati, Voi pane per me).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Maggio 2021ultima modifica: 2021-05-09T22:52:21+02:00da fraternidade
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