Giorno per giorno – 17 Aprile 2021

Carissimi,
“Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare e, saliti in una barca, si avviarono verso l’altra riva in direzione di Cafarnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro. Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura (Gv 6, 16-18). Dopo la celebrazione della condivisione del pane, di cui abbiamo letto ieri, Gesù si ritira sul monte (presso il Padre), e i discepoli si imbarcano per tornare a Cafarnao, da dove erano venuti. Senza, par di capire, aver appreso la lezione. Come noi, dopo le nostre eucaristie. Celebriamo il suo dono, ma poi, nella vita concreta, dimentichiamo ciò che dovrebbe significare per noi: fare di noi stessi dono, per farlo vivere in noi. E si rischia ogni volta di andare a fondo. Non fosse che Lui ci si manifesta una volta di più (ogni volta), come l’Io-sono di Dio che ci invita a non temere: se Lui è per noi e con noi, chi sarà contro di noi? Ritrovato il suo significato (“vollero prenderlo sulla barca”, v.21), si supera ogni difficoltà, si recupera ogni ritardo, sulla via della testimonianza, quando si giunge a casa.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Max Joseph Metzger, martire nella Germania nazista, e di Kateri Tekakwitha, India mohawk al servizio dei suoi fratelli.

Max Joseph Metzger era nato il 3 febbraio 1887 nel villaggio di Schopfheim, in Germania. La sua esperienza come cappellano militare durante la Prima Guerra mondiale, lo spinse a dedicare la sua vita alla causa della pace, della riconciliazione e dell’ecumenismo. Dopo la guerra, oltre a collaborare con la Croce Bianca, un’organizzazione che offriva una presenza pastorale tra gli emarginati, Metzger fondò la Lega per la Pace mondiale e il Congresso Mondiale di Cristo Re, che aveva come finalità l’unità dei cristiani e la pace tra le nazioni. S’impegnò strenuamente a favorire il dialogo e la cooperazione tra cattolici e protestanti nel movimento Una Sancta. Durante la dittatura nazista, fu ripetutamente arrestato, senza che tuttavia la Gestapo riuscisse a trovare di che incriminarlo. Alla fine, però, nel giugno del 1943, gli furono sequestrate lettere indirizzate a vescovi stranieri, in cui si sollecitavano interventi che favorissero una fine negoziata della guerra. Accusato di tradimento, fu arrestato e incarcerato. Quando fu pronunciata la sentenza di morte, affermò: “Non provo nessuna vergogna, ma mi sento invece onorato di essere dichiarato disonorevole da questa corte”. Morì ghigliottinato a Brandeburgo sulla Havel, il 17 aprile 1944, offrendo la sua vita per la pace e per l’unità delle Chiese.

Kateri Tekakwitha era nata nel 1656 a Ossernenon, un villaggio Mohawk (nell’attuale Stato di New York), figlia di un irochese pagano e di una prigioniera algonchina cristiana, che ne era divenuta sposa. Nel 1660 scampò ad un’epidemia di vaiolo (uno dei regali dell’invasione europea) che aveva colpito la popolazione della regione e che la lasciò orfana, con il volto sfigurato e una grave menomazione alla vista. Affidata ad uno zio, la bambina crebbe come le sue coetanee, lavorando nei campi, tenendo in ordine la casa comune, dedicandosi a piccoli lavori di artigianato. Di diverso, aveva che le piaceva recarsi nella nella foresta, per goderne la bellezza e ascoltarne le voci. Nel 1675, giunsero al suo villaggio dei gesuiti francesi, che le fecero riscoprire la fede della madre. Il giorno di Pasqua del 1676, fu battezzata e ricevette il nome di Kateri, ma dovette presto fuggire, riparando, dopo un viaggio di oltre trecento chilometri, presso la missione di san Francesco Saverio, nel villaggio di Kahnawake, vicino a dove oggi sorge Montreal, in Canada. Qui visse i pochi anni di vita che le restarono, lavorando, pregando e prendendosi cura dei sofferenti. Nella primavera del 1679 la salute di Kateri, già fragile, iniziò a peggiorare, minata anche dalle penitenze cui si sottoponeva. Morì, ventiquattrenne, alle tre del pomeriggio del mercoledì della settimana santa, il 17 aprile 1680.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 6, 1-7; Salmo 33; Vangelo di Giovanni, cap.6, 16-21.

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Il 17 aprile 1996 veniva scritta una delle pagine più vergognose della storia del nostro Paese: il massacro di 19 contadini sem-terra a Eldorado dos Carajas. La loro unica colpa era quella di volere un pezzo di terra da coltivare e per viverci con le loro famiglie. Il massacro avvenne il 17 aprile del 1996, intorno alle 17, quando circa 1.100 senza terra occupavano la statale PA-150 a Eldorado dos Carajás. I manifestanti marciavano verso la capitale dello stato per chiedere l’espropriazione della fattoria Macaxeira, a Curionópolis (PA), occupata da 1.500 famiglie da 11 giorni. Dall’ufficio del governatore Almir Gabriel (PSDB) partì l’ordine di sgombero della strada; il Segretario della Pubblica Sicurezza, Paulo Sette Camara, rafforzò l’orientamento e autorizzò l’uso della forza di polizia per ritirare i manifestanti dalla strada. Il colonnello Pantoja che comandava l’operazione dichiarò nella sua deposizione che aveva cercato di convincere i superiori di inviare una truppa speciale per l’operazione, non ritenendo i suoi uomini in grado di adempiere l’ordine, ma la richiesta fu respinta. Incaricato di procedere allo sgombero, il colonnello partì da Maraba con poliziotti armati di armi pesanti. Dal lato opposto della statale, da Paraupebas, giunsero i poliziotti comandati da Oliveira, anche essi pesantemente armati. Giunti dove la folla era radunata, i PM usarono gas lacrimogeni per sgomberare la strada. I senza-terra risposero con lancio di pietre e bastoni. Poi alcuni PM presero a sparare verso i manifestanti. Tuttavia, in base alle perizie, la maggior parte dei morti non si ebbero al momento dello scontro, ma pochi istanti dopo, quando i lavoratori si erano già arresi. I periti constatarono che la maggior parte dei crimini ebbero carattere di vere e proprie esecuzioni a freddo, alcune con eccesso di crudeltà. L’appurazione dei crimini fu pregiudicata perché la polizia si preoccupò di rimuovere i cadaveri dalla scena del delitto. Per i crimini, furono condannati al carcere nel maggio 2012, il colonnello Mario Colares Pantoja e il maggiore José Maria Pereira de Oliveira. I due ufficiali furono condannati rispettivamente a 228 e a 158 anni di carcere.

È tutto, anche per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura una delle poesie dal carcere di Max Joseph Metzger, dal titolo “The Grey Dawn”. Dice dell’Avvento, più che come tempo liturgico, come cifra esistenziale, valida sempre, ma che nelle circostanze attuali ha una sua particolare risonanza, ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non conosce il significato dell’Avvento / chi non si è mai seduto al crepuscolo / in una cella tetra, con una sola finestra buia. / Anche di giorno arriva poca luce nello spazio ristretto. / Cala la sera, e lentamente si porta via il sole. // La notte getta il suo cupo mantello in tutta la stanza, / terrificante, impenetrabile. / Sarà sempre notte? / Un raggio di sole mai più perforerà l’oscurità? /E un nuovo giorno porterà alla gioia? // Una debole luce brilla attraverso la stretta fenditura, / a testimoniare che il sole non tramonta per sempre e presto sorgerà di nuovo. / Sì, quella luce alla quale gli uomini hanno voltato le spalle, / il Signore la porterà di nuovo, con potenza e gloria, / e fonderà il suo regno eterno! // Io credo nell’Avvento! (Max Josef Metzger, The Grey Dawn).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Aprile 2021ultima modifica: 2021-04-17T22:02:08+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo