Giorno per giorno – 01 Febbraio 2021

Carissimi,
“Giunti che furono da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio” (Mc 5, 15-17). Dopo l’esorcismo compiuto nella sinagoga (cf Mc 1, 23-26), l’evangelista ci presenta questo, operato nel territorio pagano della Decapoli. A significare che la liberazione dal potere del male portata da Gesù non conosce confini né barriere religiose e riguarda la sfera esistenziale dell’uomo, prima ancora della sua significazione sacrale. Stamattina, ci dicevamo che territorio pagano può essere ormai considerata anche la nostra società, largamente post-cristiana, pur nel permanere di tradizioni di cui è conservato, per molti, solo lo strato esteriore, ridotto a folclore, come anche nell’adesione a forme del credere, che hanno però al centro dei loro interessi l’adorazione, naturalmente non necessariamente dichiarata, degli idoli (una legione!) del potere che schiavizza, della prosperità, della ricchezza, del prestigio, del successso, dell’apparenza, del consumo. Della violenza, a volte estrema, che essa genera, sadicamente sugli altri o masochisticamente su di sé, in chi entra nel suo gioco, è immagine l’indemoniato del racconto. Il quale, all’approssimarsi di Gesù, coglie la sua radicale incompatibilità con la realtà del male di cui si alimenta e perciò tutto il suo potenziale pericolo per la sua sopravvivenza. Da qui il suo grido: “Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!” (v. 7). Il seguito del racconto, con la richiesta degli spiriti immondi di poter entrare in un branco di porci al pascolo, che porteranno a precipitare nel lago, sta ad indicare che ogni processo di liberazione dal male di una persona, di più persone, di un intero popolo, comporta dei costi, esige dei sacrifici, nel caso concreto, la rinuncia al dominio esercitato nella nostra vita dagli idoli cui ci eravamo piegati. E non è detto che tutti siano disposti. Saremo noi di quelli che chiedono a Gesù di non importunarli nel loro tranquillo tran tran di vita e di andarsene dal loro territorio?

Il martirologio latinoamericano ci porta oggi la memoria di Daniel Esquivel, operaio, martire in Argentina.

Daniel Esquivel era un giovane paraguaiano, membro della JOC (Juventud Obrera Cristiana), nel suo paese, e dell’Equipe di Pastorale dei paraguaiani a Buenos Aires, dove, dal 1970, viveva in una “Villa miseria”, cioè una baraccopoli, con migliaia di connazionali immigrati. Scomparve all’alba del 1º febbraio 1977, quando numerose automobili circondarono la sua baracca, ne scesero uomini armati che, dopo averlo picchiato brutalmente, lo portarono via. Furono inutili tutti gli sforzi fatti dal vescovo, dai preti e dai famigliari per averlo di ritorno o sapere almeno che fine avesse fatto. Nella memoria di chi lo conobbe resta un giovane che viveva il Vangelo minuto per minuto, in un servizio permanente ai fratelli, specialmente i più poveri. Avrebbe desiderato essere prete, senza smettere di fare l’operaio, ma non fu accettato per il fatto di non aver concluso neppure gli studi elementari. “Uomo semplice, trasparente, si presentava com’era. Servitore al cento per cento”, disse un suo compagno di lavoro. “Non si lamentava mai della sua situazione, anche se era stanco, affamato o malato… Al contrario, sempre con un sorriso, con una parola di incoraggiamento e molta fede in Dio”, commentava un’amica del luogo in cui abitava. “Noi sacerdoti vedevamo in lui un modello per il nostro sacerdozio”, disse un prete che lo conosceva bene. Quando sparì, Daniel aveva trentun anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.11, 32-40; Salmo 31; Vangelo di Marco, cap.5, 1-20.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddista.

Non avendo a disposizione, di Daniel Esquivel, altri documenti che non siano la sua testimonianza di vita, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura una citazione di chi seppe essere a lungo voce profetica di questa nostra America Latina: Arturo Paoli. Tratta dal suo libro “Progetto/Gesù: una società fraterna” (Cittadella Editrice), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nel Vangelo di Giovanni Gesù parla di persecuzioni, parla di morte: Sarete portati davanti ai tribunali, vi scarnificheranno, ecc. e poi dice – sembra quasi prendere in giro, invece uno che ne fa l’esperienza trova che sia giusto ~: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la mia gioia sia completa”. Pare un assurdo, invece è proprio una grande realtà. Gesù ci ripete: Vi ho detto queste cose; che sarete portati davanti ai tribunali, vi calunnieranno, diranno male di voi, guai se dicono bene di voi. Vi ho detto tutte queste cose perché la mia gioia sia in voi. E qual è questa gioia? È la gioia di questa pienezza di vita, di questo sentire che abbiamo trovato finalmente la legge umana del vivere, direi, la ragione vera per la quale l’uomo vive sulla terra. È come uno che, dopo tanto cercare, ha trovato. E trovare non è tanto trovare Dio, è trovare il progetto di Dio, che è il progetto di Gesù. E quando uno trova il progetto di Gesù ed entra in questo progetto, veramente può dire: Sì, mi porteranno davanti ai tribunali, chi sa cosa mi faranno, avrò calunnie, difficoltà, forse ci sarà qualcuno che mi caccerà via, ma “vi ho detto queste cose, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa”. Così sia. (Arturo Paoli, Progetto/Gesù: una società fraterna).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Febbraio 2021ultima modifica: 2021-02-01T22:17:46+01:00da fraternidade
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