Giorno per giorno – 27 Gennaio 2021

Carissimi,
“Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato” (Mc 4, 10-12). Questo interrogare dei discepoli non è mai venuto meno e questo spiega perché anche noi si insista a riunirci intorno alla Parola, per intendere ciò che possa volerci dire ogni volta con le parabole che ci propone e con la parabola che è la nostra vita e la storia del mondo. Certo, la chiave di lettura ci è stata mostrata una volta per tutte ed è quel mistero del regno di Dio che è Gesù stesso, venuto a seminarsi tra di noi, in noi e poi anche, se lo vogliamo, attraverso di noi: il segreto dell’amore paterno di Dio, che ci fa tutti fratelli e che dà senso compiuto ad ogni cosa, il cui significato resta invece oscuro a chi resta “fuori”, considerando il messaggio di Gesù destabilizzante e pericoloso (come gli erodiani e i farisei), o semplicemente espressione di una ingenua dissennatezza (come succede proprio ai suoi). Tuttavia, come ci si diceva stamattina, la demarcazione tra dentro e fuori, tra lo spazio della fede e della pratica incredulità, non è così netta e decisiva, tanto è vero che noi ci si trova spesso nella condizione di frontalieri, passando con facilità dall’uno all’altro. Il che dà ragione alla parabola quando illustra le difficoltà che il seme incontra ad attecchire durevolmente e fruttificare. Questa, che rappresenta l’esperienza concreta che visse Gesù con i suoi contemporanei, continua ad essere ciò che viviamo noi nel nostro quotidiano. In attesa di una guarigione definitiva.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Angela Merici, fondatrice della Compagnia di sant’Orsola.

Angela Merici nacque il 21 marzo 1474 a Desenzano sul Garda (Brescia). Ancora giovane, desiderando seguire più radicalmente il cammino del Vangelo, si fece terziaria francescana, vivendo per il resto, negli anni successivi, come gran parte delle donne di modesta condizione del suo tempo, del suo lavoro di cucito, di filatura e di servizi domestici. Trasferitasi a Brescia, acquisì via via una profonda influenza spirituale sulle molte persone con cui veniva in contatto. Decisa a riproporre in maniera originale l’esperienze delle primitive comunità cristiane, attenta però alle sfide della sua epoca, nel 1533, a quasi 60 anni, presso la chiesa di Sant’Afra, costituì la “Compagnia delle dimesse di Sant’Orsola”, con la finalità di offrire alle ragazze del suo tempo quell’istruzione a cui spesso solo difficilmente avevano accesso, assieme alla proposta di un approfondimento delle esigenze implicate nella scelta cristiana. Lasciò scritto alle sue discepole: “Vi supplico di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore, tutte le vostre figliole ad una ad una; e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione e indole e stato e ogni cosa loro. Il che non vi sarà difficile, se le abbracciate con viva carità… Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non imperiosamente e con asprezza, ma in tutto vogliate essere piacevoli. Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza; perché Dio ha dato a ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia…”. Morì il 27 gennaio 1540.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.10, 11-18; Salmo 110; Vangelo di Marco, cap.4, 1-20.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti, anche fuori da strutture religiose tradizionali, lavorano per costruire un mondo di fraternità, di giustizia e di pace.

Il 27 gennaio 1945, i soldati dell’Armata Rossa entravano ad Auschwitz. Per rimediare ai pericolosi vuoti di memoria di lì da voi, hanno creato la “Giornata della memoria”, celebrata, appunto, oggi, ed istituita, dal Parlamento del vostro Paese, il 20 luglio del 2000, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. È doveroso ricordare che assieme alla sistematica eliminazione degli ebrei, era stata avviata quella di sinti, rom e handicappati. Con la risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005, anche l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso che gli Strati membri dell’Onu celebrassero in tale data il Giorno della Memoria dell’Olocausto.

È tutto per stasera. Prendendo spunto dalla Memoria dell’Olocausto, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura la testimonianza di uno dei sopravvissuti alla Shoah. La troviamo nel libro a cura di Giorgina Bellak e Giovanni Melodia “Donne e bambini nei lager nazisti. Testimonianze dirette” (ANED) ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Tutto era silenzioso come in un acquario, e come in certe scene di sogni. Ci saremmo attesi qualcosa di più apocalittico: sembravano (i soldati SS) semplici agenti d’ordine. Era sconcertante e disarmante. Qualcuno osò chiedere dei bagagli: risposero: “bagagli dopo”; qualche altro non voleva lasciare la moglie: dissero “dopo di nuovo insieme”; molte madri non volevano separarsi dai figli: dissero “bene bene, stare con figlio”. Sempre con la pacata sicurezza di chi non fa che il suo ufficio di ogni giorno; ma Renzo indugiò un istante di troppo a salutare Francesca, che era la sua fidanzata, e allora con un solo colpo in pieno viso lo stesero a terra; era il loro ufficio di ogni giorno. In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in un gruppo. Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire né allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente. Oggi però sappiamo che in quella scelta rapida e sommaria, di ognuno di noi era stato giudicato se potesse o no lavorare utilmente per il Reich; sappiamo che nei campi rispettivamente di Monowitz- Buna e Birkenau, non entrarono, del nostro convoglio, che novantasei uomini e ventinove donne, e che di tutti gli altri, in numero di più di cinquecento, non uno era vivo due giorni più tardi. Sappiamo anche, che non sempre questo pur tenue principio di discriminazione in abili e inabili fu seguito, e che successivamente fu adottato spesso il sistema più semplice di aprire entrambe le portiere dei vagoni, senza avvertimenti né istruzioni ai nuovi arrivati. Entravano in campo quelli che il caso faceva scendere da un lato del convoglio; andavano in gas gli altri. Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte. Scomparvero così, in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli. Quasi nessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po’ di tempo come una massa oscura all’altra estremità della banchina, poi non vedemmo più nulla. (Giorgina Bellak, Giovanni Melodia [a cura di], Donne e bambini nei lager nazisti. Testimonianze dirette).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Gennaio 2021ultima modifica: 2021-01-27T22:38:03+01:00da fraternidade
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