Giorno per giorno – 17 Gennaio 2021

Carissimi,
“Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l’agnello di Dio! E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: Che cercate? Gli risposero: Rabbì (che significa maestro), dove abiti? Disse loro: Venite e vedrete” (Gv 1, 35-39). Cosa ci ha portato a seguire Gesù? Chi è stato il nostro Giovanni Battista? In che termini ce l’ha additato? Il racconto di oggi riguarda, come sempre nel Vangelo, anche noi. Con contorni, certo, non necessariamente, così precisi, con motivazioni, intensità, tempi diversi gli uni dagli altri, ma con un uguale desiderio che, innescato, ne ha rappresentato la spinta iniziale. Tant’è che ci si continua a ritrovarci, un po’ meno e più fisicamente diradati in questi tempi di pandemia, sulla sua strada, con lui che non cessa di voltarsi verso di noi per chiederci: cosa cercate? E cosa, se non lui stesso che colora di un senso nuovo il nostro andare? Che è già il nostro dimorare con lui. Il luogo del nostro lento apprendistato, che può solo concludersi, contro ogni nostra resistenza, nella gloria della croce, che introduce ad una sorprendente immagine di Dio, mai sufficientemente approfondita, e anzi scansata, perché esige dai suoi testimoni un radicale sconvolgimento di valori, e perciò di scelte. Le uniche capaci di segnalare se davvero siamo stati innestati nella vite che è il Cristo Gesù.

Le letture proposte dalla liturgia di questa 2ª Domenica del Tempo Comune sono tratte da:
1° Libro di Samuele, cap. 3, 3-10.19; Salmo 40; 1ª Lettera ai Corinzi, cap. 6, 13-20; Vangelo di Giovanni, cap. 1, 35-42.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Chiese cristiane ed è volta oggi a impetrare il dono dell’unità nella profezia e nella testimonianza della pace.

Oggi facciamo memoria di Antonio il Grande, patriarca del monachesimo, di Silvia Maribel Arriola, martire in El Salvador, di P. Tissa Balasuriya, teologo della liberazione e del dialogo interreligioso.

Nato nell’anno 250, a Come, in Egitto, a vent’anni Antonio, dopo aver letto nel Vangelo l’esortazione di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’ vendi tutti i tuoi beni e dalli ai poveri, poi vieni e seguimi, e avrai un tesoro nei cieli”, decise che valeva la pena di fidarsi e lo fece, letteralmente, abbandonando ogni cosa. Presto seguito da decine, poi centinaia di giovani e meno giovani, che intendevano esprimere così la loro radicale contestazione alla logica con cui il mondo era organizzato. Abitò per un tempo tra antiche tombe abbandonate, per poi ritirarsi sulle rive del Mar Rosso, dove visse fino a quando la morte lo colse nel 356, all’etá di 106 anni. La trasparenza della sua personalità, la coerenza della sua testimonianza richiamarono durante tutti gli anni della sua avventura nel deserto schiere di pellegrini di ogni ceto e condizione, desiderosi di essere confermati nella fede, consigliati o confortati.

Di Silvia Maribel Arriola non sappiamo molto. Il martirologio latino-americano dice che era una religiosa salvadoregna. Faceva parte di una comunità, nata dalle comunità di base del Salvador, approvata canonicamente da mons. Romero con il nome di “Religiose per il popolo”. Silvia fu per molti anni segretaria di mons. Romero, davanti al quale fece la sua professione religiosa. Amica di tutti, animatrice di comunità, scelse di accompagnare come infermiera le formazioni di resistenti del Fronte Farabundo Martí di Liberazione Nazionale. Cadde uccisa assieme ad altri compagni durante un incursione dell’esercito, il 17 gennaio 1981. Aveva solo trent’anni. La chiamavano la “donna del sorriso”. Di lei ci è rimasta la formula di consacrazione come religiosa: “Davanti ad una società che vive gli ideali del potere, dell’avere e del piacere, voglio essere segno di ciò che significa realmente AMARE; del fatto che Cristo è l’unico Signore della storia, che è presente in mezzo a noi ed è capace di generare un amore più forte degli istinti e della morte, più forte di tutti i poteri economici. Voglio vivere una vita di ricerca e di sequela del Cristo povero, casto e ubbidiente alla volontà del Padre, al fine di vivere solo per Lui e per la sua opera salvifica. Prometto di essere fedele al Signore: nella salute e nella malattia, nella giovinezza e nella vecchiaia, nella tranquillità e nella persecuzione, nelle gioie e nelle tristezze, nella sua incarnazione in mezzo ai più poveri, povera e solidale con loro nella loro lotta per la liberazione: partecipando della sua missione evangelizzatrice tra gli uomini, concentrando tutta la mia capacità affettiva in Lui e in tutti i fratelli, vivendo in una continua ricerca della volontà del Padre attraverso la sua Parola, nella sua Chiesa, e nei segni dei tempi tra i poveri”.

Tissa Balasuriya era nato il 29 agosto 1924 a Kahatagasdigiliya, nella provincia Centro-settentrionale dello Sri Lanka, nella famiglia di William e Victoria Balasuriya. Dopo essersi laureato brillantemente in Economia all’Università di Ceylon, era entrato, nell’agosto del 1945, nel noviziato dei Missionari Oblati di Maria. Ordinato prete nel 1949 a Roma, vi conseguì la licenza in filosofia e teologia, alla Pontificia Università Gregoriana, specializzandosi poi in Economia agricola a Oxford e in Teologia all’Università Cattolica di Parigi. Rientrato in patria nel 1953, contribuì alla fondazione, divenendone in seguito Rettore, dell’Aquinas University College, che lasciò nel 1971 per fondare il Centre For Society & Religion, il cui obiettivo era di contribuire all’integrale liberazione umana della popolazione del suo Paese. Nel 1975, aveva fondato l’Associazione ecumenica dei teologi del terzo mondo. Nel 1978, l’uscita del suo libro “Eucaristia e liberazione umana”lo fece entrare di diritto nel novero degli studiosi della teologia della liberazione. Nel 1990, la pubblicazione di un altro libro “Maria e Liberazione umana”, in cui rileggeva la figura di Maria di Nazareth fuori dagli schemi devozionali, gli procurò non pochi grattacapi, compresa una sorprendente scomunica, comminatagli nel 1996, dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Scomunica revocata tuttavia due anni dopo. Instancabile fu il suo contributo al dialogo tra le religioni, le generazioni e i generi. Il suo lavoro per la pace, la giustizia e i diritti umani conobbe unanime apprezzamento, nel suo Paese e all’estero. L’impegno di Balasuriya per la liberazione dei settori più emarginati ed oppressi dello Sri Lanka gli comportò spesso incomprensioni e amarezze, ma il suo amore per la giustizia e per la gente lo aiutò a proseguire imperterrito nella sua missione, sino alla morte, avvenuta a Colombo, il 17 gennaio 2013, a ottantanove anni di età, dopo una breve malattia.

È tutto, per stasera. E noi ci congediamo lasciando la parola a Tissa Balasuriya, di cui vi offriamo, nel congedarci, il brano di un testo dal titolo “Lasciare che Dio sia Dio”, che fa parte della collettanea, pubblicata a cura di Carlo Cantone, “La svolta planetaria di Dio” (Borla). Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La mobilitazione delle persone verso il bene può essere una forza ispirata da Dio per portare avanti la storia verso il regno di Dio, con giusti rapporti tra gruppi e popoli. Per essere divina, tale forza deve avere la capacità del perdono, non della vendetta. Dovrebbe affermare i diritti e la dignità di tutti senza odio per nessuno. Le religioni possono partecipare ai movimenti rivoluzionari del nostro tempo come influsso umanizzatore. La meditazione su Dio può aiutare a comprendere l’altro, a purificare le menti e i cuori e a rimuovere o ridurre le spinte verso l’odio e la violenza. Di conseguenza occorrerebbe riconsiderare l’azione pastorale delle chiese, inclusa la vita delle parrocchie, delle congregazioni religiose, dei movimenti laicali e degli altri gruppi ecclesiali. I movimenti che trascurano la dimensione sociale e globale delle esigenze dello Spirito di Dio, dovrebbero convertirsi al Dio rivelatoci da Gesù. I sacramenti devono rapportarsi alla redenzione nella vita reale sulla terra attraverso giusti rapporti tra le persone e le nazioni con la natura e Dio. Un ri-orientamento della vita cristiana e il pensare in questa direzione produrrà cristiani consapevoli che contestano il sistema di potere dominante nella società a tutti i livelli e nelle stesse chiese. Ciò significherà che ancora una volta il cristianesimo diventerà una contro-cultura che si oppone ai mali del sistema assassino dominante nel mondo e nelle rispettive società. Il destino di coloro che in tal modo operano una scelta per i valori del vangelo sarà il martirio in forme diverse. Allora i cristiani sarebbero finalmente ritornati agli orientamenti basilari dei primi discepoli di Gesù. Il Dio della storia purificherebbe così la teologia da quelli che sono gli elementi accessori tradizionali, stimolandola a un impegno rispondente alle esigenze attuali. I cristiani sarebbero quindi servitori più umili della causa umana. Saranno contenti di soffrire, dove necessario, per le stesse cause per cui diedero la vita Gesù e i martiri di tutte le epoche, non esclusa la nostra. La croce avrà un rinnovato significato pratico per la nostra epoca. Allo stesso tempo faranno festa dove prevarranno la verità, la giustizia, l’amore e la vita, per cui il regno della giustizia sulla terra si viene stabilendo. La liberazione dei poveri, dei deboli e degli oppressi, che continuerà ad andare avanti, sarà un messaggio di speranza e un segno della risurrezione attraverso la croce. (Tissa Balasuriya, Lasciare che Dio sia Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Gennaio 2021ultima modifica: 2021-01-17T22:58:29+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo