Giorno per giorno – 22 Novembre 2020

Carissimi,
“Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.” (Mt 25, 41-43). Il nostro re è lui: ultimo e rigettato da tutti. Affamato di pane e di giustizia, assetato di acqua e di amore, nudo di tutto, reso straniero ai nemici di sempre e soprattutto ai sedicenti amici, inchiodato ad ogni patibolo, malato di rifiuto e solitudine: Dio, in una parola. Il vangelo di oggi non ci è offerto come racconto dell’ultimo giorno, come lo si immagina noi, alla fine della vita o dei tempi, ma come immagine del Suo giorno, che è ogni giorno, quello della sua crocifissione con i crocifissi del mondo, alla luce del quale noi stessi siamo chiamati a giudicarci vicini a Lui (loro) e da Lui benedetti, o lontani da Lui (loro) e maledetti da noi stessi, consumati dal fuoco della nostra brama di potere e del nostro egoismo. Qui è più chiaro che mai che non siamo giudicati per appartenenza o pratica religiosa, se non per il fatto che queste favoriscano l’incontro col Povero nei poveri, offertoci come unico criterio di giudizio e perciò anche come incentivo ad una continua conversione. Che anche noi, dunque, ci si lasci convertire.

Oggi, XXXIV Domenica del Tempo Comune, ultima dell’anno liturgico, è la festa di Gesù Cristo, Amico e Servitore dei poveri, Signore dell’Universo.

Le letture che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratte da:
Profezia di Ezechiele, cap. 34,11-12.15-17; Salmo 23; 1ª Lettera ai Corinzi, cap. 15,20-26.28; Vangelo di Matteo, cap. 25,31-46.

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Eberhard Arnold, profeta della nonviolenza, fondatore di Bruderhof, e quella di Clive Staples Lewis, scrittore “costretto ad entrare”.

Nato a Königsberg, in Germania, il 26 luglio 1883 da una famiglia di intellettuali borghesi, Arnold fece, ancora bambino, l’opzione dei poveri e degli oppressi, suscitando il disappunto del parentado e la riprovazione della sua chiesa. Subendo le pressioni della famiglia, si iscrisse alla facoltà di teologia dove si laureò e, nel 1909, sposò Emmy von Hollander che sarebbe stata la sua fedele compagna di vita e di missione. Ai primi anni di matrimonio risale la sua critica ai vincoli della Chiesa con lo Stato e con il sistema di proprietà. Questo lo portò a rifiutare per coerenza la cattedra teologica, preferendo studiarsi di “essere cristiano” che insegnare teologia. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, con il tragico affermarsi delle sirene nazionalista e militarista e i gravi problemi sociali che ne seguirono, spinse i coniugi Arnold, i loro figli e una piccola cerchia di amici a chiedersi cosa significasse concretamente vivere il Discorso della Montagna nelle circostanze attuali. Da questo desiderio nacque Bruderhof (il luogo dove vivono i fratelli), che, ispirandosi alle comunità anabattiste del XVI secolo, adottò la pratica del battesimo degli adulti, la condivisione dei beni, la dottrina e la pratica della pace e della nonviolenza. All’inizio degli anni trenta, la comunità contava un centinaio di membri e fu allora che decise di affiliarsi agli Hutteriti nordamericani, cui si sentiva spiritualmente legata. Totale invece l’incompatibilità con l’ideologia propagandata dal nazismo che era nel frattempo salito al potere. Davanti all’impossibilità di continuare libera e fedele agli insegnamenti di Cristo, e per la scelta di negarsi a servire in armi lo stato, la maggior parte dei membri della comunità si trasferì in Svizzera e, successivamente in America. Eberhard non potè. Le conseguenze di un rottura alla gamba lo costrinsero a letto. Ricoverato in ospedale a Darmstadt per sottoporsi ad una chirurgia, vi morì per complicazioni post-operatorie, il 22 novembre 1935.

Clive Staples Lewis nacque il 29 novembre 1898 a Belfast, Irlanda, secondo dei due figli di Flora Augusta Hamilton e di Albert James Lewis. All’età di sei anni la famiglia Lewis si trasferì a Strandtown, dove, nel 1908, morì prematuramente la madre. All’età di 15 anni il giovane Clive, anche per l’influsso del professore a cui il padre aveva affidato la sua formazione, abbandonò la fede e la pratica cristiana. Diciottenne, venne ammesso con una borsa di studio all’Università di Oxford, ma, l’anno successivo, nel 1917, richiamato alle armi, dovette interrompere gli studi e partire per il fronte. Ferito nella battaglia di Arras, rientrato in Inghiletrra per la convalescenza, strinse un forte legame di amicizia con Janie King Moore, madre di un commilitone, morto in battaglia. Dopo la guerra Lewis e Janie Moore andarono a vivere insieme. Completati gli studi, nel 1923, Lewis inaugurò la sua carriera accademica che gli valse l’incarico di docente temporaneo di Lingua e Letteratura Inglese presso l’University College di Oxford, dove insegnerà fino al 1954. Qui incontrò lo scrittore e filologo J.R.R. Tolkien, con cui avviò un sodalizio profondo e duraturo, decisivo per la sua conversione al cristianesimo, che sfociò nella sua adesione alla chiesa anglicana, nel 1931. Negli anni successivi, fino al 1950, Lewis scrisse la maggior parte delle sue opere, tra cui Le lettere di Berlicche e le Cronache di Narnia. Nel 1950, ricevette la prima lettera da una sua ammiratrice americana, Helen Joy Davidman-Gresham, con cui iniziò un lungo rapporto epistolare e che incontrò di persona nel 1952. Lewis che aveva riassunto la relazione dell’uomo con l’assoluto nel concetto di ricerca della gioia, finì per innamorarsi di questa donna che si chiamava Joy (gioia). Che egli sposerà nel 1956. Sfortunatamente la comparsa di un tumore alle ossa portò la donna alla morte, nel 1960. Clive Staples Lewis morì il 22 novembre del 1963 in seguito all’aggravarsi di problemi cardiaci. Della sua conversione aveva scritto: “Fui forse il convertito più disperato e riluttante d’Inghilterra. Allora non mi avvidi di quello che oggi è così chiaro e lampante: l’umiltà con cui Dio è pronto ad accogliere un convertito anche a queste condizioni. Per lo meno, il figliol prodigo era tornato a casa coi suoi stessi piedi. Ma chi potrà mai adorare adeguatamente quell’amore che schiude i cancelli del cielo a un prodigo che recalcitra e si dibatte, e ruota intorno gli occhi risentito in cerca di scampo? Le parole compelle intrare, obbligali ad entrare, sono state così abusate dai malvagi che a sentirle rabbrividiamo ma, opportunamente comprese, scandagliano gli abissi della misericordia Divina. La durezza di Dio è più mite della dolcezza umana, e le Sue costrizioni sono la nostra liberazione”.

Subito dopo l’inaugurazione del ministero pastorale di Dom Jeová, lo scorso settembre, Dom Eugenio, come ci aveva preavvertiti, si è recato a trascorrere quasi due mesi in un eremo, a Cunha, nello Stato di São Paulo, per trasferirsi poi, il 3 novembre, nell’abbazia cistercense di Itatinga, dove proseguire il suo tempo di ritiro. Pochi giorni dopo il suo arrrivo, una caduta gli ha procurato tre fratture al piede destro, per le quali è stato sottoposto con successo a un intervento chirurgico. Ma non era finita. A distanza di qualche giorno, gli si è manifestata, provocata da un batterio, un’infezione alla gamba, che ha richiesto un ricovero in ospedale, che dura ancora. Ce ne ha dato notizia lui stesso, con un messaggio in cui dice tra l’altro: “Come scrive il profeta Isaia: ‘i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie’. Questo periodo di ritiro che mi proponevo di fare nel monastero, lo sto facendo ora in ospedale. È un tempo di prova, ma anche di rinnovamento spirituale, non più nel silenzio di un monastero, ma in mezzo alle sofferenze di molti! Ho ripetuto spesso la preghiera di Santa Teresa d’Avila: ‘Nulla ti turbi…’ e la preghiera di Charles de Foucauld: ‘Padre mio, mi abbandono a te…’. Offro tutto per la Diocesi di Goiás, per la sua camminata e per la sua fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo!”. Noi e, siamo certi, anche voi, metteremo Dom Eugenio nelle nostre preghiere, per un suo pronto ristabilimento, in attesa di vederlo presto di ritorno.

Ed è tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano di Eberhard Arnold, tratto dal suo libro “God’s Revolution”. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La nostra riverenza per la realtà dello Spirito Santo deve diventare così grande che le nostre banali preoccupazioni personali, compresi il nostro stato di salute e le nostre necessità emozionali, siano consumate come in una potente fiamma. Quando verrà la grande ora, ci sarà una generazione degna di essa? Per quanto riguarda l’umanità, solo una cosa è degna della grandezza del regno di Dio: la disponibilità a morire. Ma se non sapremo dimostrare questa disponibilità nelle piccole cose della vita quotidiana, non avremo il coraggio necessario nell’ora critica della storia. Nella vita di comunità dobbiamo superare completamente tutti i nostri atteggiamenti e sentimenti meschini, rinunciare a tutti i modi personali di reagire alle cose, come la paura, le preoccupazioni, l’incertezza interiore – ossia, in una parola, l’incredulità. Abbiamo, invece, bisogno della fede, una fede piccola come un minuscolo seme ma con lo stesso potenziale di crescita (cf Luca 17: 6) Questo è ciò di cui abbiamo bisogno, né più né meno. Per mezzo di Cristo e del suo Spirito Santo, questa fede è all’opera in mezzo a noi. Lo abbiamo percepito, ma non abbiamo vissuto di conseguenza. Se lo Spirito Santo si è dovuto ritirare da noi perché lo abbiamo addolorato e scacciato, mancandogli di rispetto e tenendolo in poco conto, attribuendo più importanza ai nostri affari che a lui, allora tutto ciò che possiamo fare è supplicarlo: “Manda il tuo giudizio su di noi, e nella tua infinita misericordia non risparmiarci nulla!”. Allora questo giudizio dato in misericordia, e la stessa misericordia contenuta nel giudizio, ci libereranno da noi stessi e ci prepareranno finalmente per la missione, rendendoci pronti per essere usati da Dio. (Eberhard Arnold, God’s Revolution).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Novembre 2020ultima modifica: 2020-11-22T22:38:34+01:00da fraternidade
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