Giorno per giorno – 23 Novembre 2020

Carissimi,
“Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere” (Lc 21, 1-4). Il ministero di Gesù, che si era aperto con la cura della suocera di Simone, (cf Lc 4, 39), che, guarita dalla febbre (del potere, cosa che tarderà a realizzarsi nei discepoli), si dispone subito a servire, si chiude in pratica con quest’altra figura di donna, la povera vedova, che, con quelle due monetine, ha, letteralmente, “gettato tutta la vita”. L’una e l’altra riassumono bene la logica del Regno, in cui Gesù (e, perciò, Dio) si riconosce perfettamente. Egli infatti che è vissuto in mezzo a noi “come colui che serve” (cf Lc 22, 27), si appresterà, da lì a poco, a dare la vita. Resta, allora, da chiederci in che misura, quand’anche moderata, questa proposta riesca realmente ad inverarsi nella nostra vita di Chiesa e nelle relazioni famigliari e sociali che instauriamo, e quanto invece ancora scantoniamo, relegandola alla retorica delle belle parole, e ritagliandoci tempi e spazi che ci consentano di rendere il dovuto omaggio alle pretese del nostro io. Ovviamente, nulla è perduto in partenza: il Vangelo non vuole fare di noi la società dei perfetti, ma intende aprirci progressivamente alla consapevolezza del Dono ricevuto e della possibilità che ci è offerta di entrare nel suo gioco.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Clemente di Roma, pastore e martire; Colombano, monaco; e Miguel Agustin Pro, martire in Messico.

Sappiamo poco di questo Clemente, che la tradizione vede alla successione del beato Pietro apostolo, come terzo vescovo di Roma, dopo Lino e Cleto, e che è, con certezza, l’autore di una bella Lettera ai Corinzi, che rappresenta uno dei documenti più importanti della Chiesa primitiva. La profonda conoscenza dell’Antico Testamento che in essa si rileva, porta a ritenere che egli fosse di origine ebraica. Conobbe Pietro e fu forse collaboratore di Paolo. Il suo pontificato durò nove anni, sotto gli imperatori Domiziano, Nerva e Traiano. Circa la sua fine, una tradizione non comprovata risalente al IV secolo afferma che sarebbe stato affogato con un’ancora al collo in Crimea, suo luogo d’esilio. per ordine dell’imperatore Nerva. Lo storico Eusebio di Cesarea e san Girolamo sostengono concordemente che Clemente morì nel 101, senza però menzionarne l’esilio o il martirio.

Colombano era nato verso l’anno 543, nella provincia irlandese del Leinster. A vent’anni era entrato nel monastero di Bangor, dov’era abate Comgall, un monaco famoso per la vita di preghiera e il rigore ascetico. Terminata la formazione monastica e ordinato sacerdote, Colombano, con dodici compagni, si recò in Bretagna, dove fondò numerosi monasteri e si fece carico di una diffusa azione missionaria. La forte personalità e lo zelo per il Vangelo lo portarono spesso a denunciare apertamente le malefatte dei governanti dell’epoca e a subirne le conseguenze, in termini di minacce alla sua persona, persecuzioni, esili. Davanti al papa Gregorio Magno, difese le ragioni dei cristiani del suo Paese circa la scelta della data della Pasqua e le discipline penitenziali che i monaci avevano esportato in tutta Europa. Due anni prima della morte, dopo un periodo trascorso sul lago di Costanza, raggiunse Bobbio, sull’Appennino emiliano-ligure, dove si spense, nel monastero che vi aveva fondato, il 23 novembre del 615.

José Ramón Miguel Agustín era nato a Guadalupe, vicino a Zacatecas, in Messico, il 13 gennaio 1891, terzo figlio di Miguel Pro e di Josefa Juárez.. Ragazzo estroverso e allegro, entrò nella Compagnia di Gesù a vent’anni, continuando a dar prova di spirito di sacrificio, nonché di allegria costante nel dono di sé. Dopo la formazione, avvenuta in California, Spagna, Belgio (dove fu ordinato prete nel 1925) e in Nicaragua, rientrò nel 1926 in Messico, che conosceva in quegli anni una situazione drammatica a livello sociale, politico e religioso. Quelli che seguirono furono mesi vissuti pericolosamente, di ministero pastorale clandestino, con celebrazioni in segreto dell’Eucaristia, esercizi spirituali per il popolo perseguitato, visite frequenti a quanti avevano più bisogno di una parola amica e di un aiuto concreto: i poveri, i malati, i moribondi. Il tutto eludendo astutamente la sorveglianza e i controlli di una polizia sempre più disorientata. Anche se si trattava di un’attività strettamente sacerdotale e caritativa, la legge in vigore la considerava illegale. E il governo massone dell’epoca non gliela perdonò. Nel clima di repressione generalizzata che seguì l’attentato al generale Alvaro Obregon, il giovane gesuita venne arrestato e, senza che si tenessero in alcun conto le deposizioni dei testimoni che provavano la sua innocenza, e che si istituisse un regolare processo, fu condannato e fucilato a Città del Messico, il 23 novembre 1927, con il solo fine di incutere paura a quanti non intendevano piegarsi ad un regime anticattolico e inumano. Le sue ultime parole, prima della scarica dei fucili, furono la sua professione di fede nel Re povero al cui servizio si era liberamente messo: “Viva Cristo Re!”. Uno degli autori dell’esecuzione dirà in seguito: “È così che muoiono i giusti”. In occasione dei funerali, nonostante le misure repressive in atto contro le manifestazioni religiose, accorsero più di ventimila persone, per ringraziare colui che aveva fatto loro dono della sua vita.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Apocalisse, cap.14, 1-3.4b-5; Salmo 24; Vangelo di Luca, cap.21, 1-4.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Con sabato si è chiuso, dunque, l’evento che ha avuto come titolo “The Economy of Francesco”, di cui, per dirlo con le parole del sito vaticano, “ciò che è andato in onda online dal 19 al 21 novembre, radunando 2000 giovani economisti e imprenditori, in dialogo fra di loro e con ospiti illustri, con l’obiettivo di “rianimare” l’economia, è stata solo la vetrina di un processo già avviato dal maggio 2019 con la convocazione di Papa Francesco e che ha già dato frutti concreti con le proposte di dodici villaggi tematici che hanno lavorato dal marzo scorso”. Di esso avrete già letto e, forse, sperabilmente, ancor più si leggerà. Noi scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura un brano del messaggio conclusivo rivolto da Papa Francesco ai convenuti. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Cari giovani, oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Un futuro imprevedibile è già in gestazione; ciascuno di voi, a partire dal posto in cui opera e decide, può fare molto; non scegliete le scorciatoie, che seducono e vi impediscono di mescolarvi per essere lievito lì dove vi trovate (cf Lc 13, 20-21). Niente scorciatoie, lievito, sporcarsi le mani. Passata la crisi sanitaria che stiamo attraversando, la peggiore reazione sarebbe di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica. Non dimenticatevi, da una crisi mai si esce uguali: usciamo meglio o peggio. Facciamo crescere ciò che è buono, cogliamo l’opportunità e mettiamoci tutti al servizio del bene comune. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma che impariamo a maturare uno stile di vita in cui sappiamo dire “noi”. Ma un “noi” grande, non un “noi” piccolino e poi “gli altri”, no, questo non va. La storia ci insegna che non ci sono sistemi né crisi in grado di annullare completamente la capacità, l’ingegno e la creatività che Dio non cessa di suscitare nei cuori. Con dedizione e fedeltà ai vostri popoli, al vostro presente e al vostro futuro, voi potete unirvi ad altri per tessere un nuovo modo di fare la storia. Non temete di coinvolgervi e di toccare l’anima delle città con lo sguardo di Gesù; non temete di abitare coraggiosamente i conflitti e i crocevia della storia per ungerli con l’aroma delle Beatitudini. Non temete, perché nessuno si salva da solo. Nessuno si salva da solo. A voi rivolgo l’invito a riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri per dar vita a questa cultura economica, capace di far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani, e ispiri ai giovani – a tutti i giovani, nessuno escluso – la visione di un futuro ricolmo della gioia del Vangelo. (Papa Francesco, Messaggio conclusivo a “The Economy of Francesco – I giovani, un patto, il futuro”).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Novembre 2020ultima modifica: 2020-11-23T22:40:18+01:00da fraternidade
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