Giorno per giorno – 09 Novembre 2020

Carissimi,
“Gesù trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato” (Gv 2, 13-16). Curioso, a prima vista, che per la festa della dedicazione della cattedrale di Roma, considerata madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe, la liturgia ci proponga questo vangelo. Eppure, se l’ha fatto, l’ha fatto a ragion veduta, per denunciare un pericolo che sempre incombe. Del resto, la Scrittura, e anche più il Vangelo, dicono sempre di cose del passato, per parlarci del presente. Lo stesso gesto di Gesù era a sua volta compimento di più di una profezia. Basti richiamare ciò che Dio dice per bocca di Geremia contro quanti opprimono lo straniero, l’orfano e la vedova e facendosi, nel contempo, scudo del tempio e della religione, si credono salvi: “Forse è una spelonca di ladri ai vostri occhi questo tempio che prende il nome da me? Ora, poiché avete compiuto tutte queste azioni, vi scaccerò davanti a me” (cf Ger 7, 3-15). Ciò che, nel gesto di Gesù, è detto di e per coloro che abitano il tempio e i suoi annessi, chi, nel caso, fa della religione mercato per arricchirsi materialmente, vale anche per chi pretende di instaurare la propria relazione con Dio in termini di mercimonio (io ti do-tu mi dai), con Lui che è solo grazia. E che, a maggior ragione, credente o non credente che sia, traspone poi questa logica, o anche peggio, nei termini della sola rapina (tu mi dai, io non ti do niente), nelle relazioni umane e nelle relazioni con la natura. Dio, dal canto suo, non ci sta a vedere le sue creature ridotte a merce dalla brama di accumulazione di pochi, che, nel far questo, si escludono dal vero tempio di Dio, che è il suo abbraccio nel Cristo al mondo. Egli lavora, perciò, a riscattarci da questa prospettiva, per riportarci ad una economia di comunione, che è la sua proposta per una umanità che gli si voglia figlia. In questo consiste la redenzione, che noi siamo chiamati a testimoniare, come sua chiesa.

La chiesa cattolica ricorda, dunque, oggi la Dedicazione della Basilica del Santissimo Salvatore in Roma.

La Basilica del Santissimo Salvatore (o di S. Giovanni in Laterano) è considerata la chiesa-madre di tutte le chiese cattoliche, per il fatto d’essere la sede del vescovo di Roma e patriarca d’Occidente. I terreni e il primitivo palazzo, che portava il nome della seconda moglie dell’imperatore Costantino – “Domus Faustae” – , sarebbero stati oggetto di una donazione a papa Melchiade (o Milziade), in seguito alla vittoria ottenuta dall’imperatore su Massenzio, alla battaglia di Ponte Milvio, nel 312. L’anno successivo, all’indomani dell’Editto di Milano, che riconosceva la libertà di culto alla religione cristiana, venne lì edificata una chiesa, dedicata al Redentore, ma fu solo il 9 novembre 324 che papa Silvestro la consacrò pubblicamente col nome di Basilica del Santo Salvatore. Nel corso del XII secolo, per via del suo battistero, che è il più antico di Roma, fu dedicata a san Giovanni Battista, e da questo derivò il nome con cui oggi è conosciuta. La celebrazione odierna ci ricorda il ministero della Chiesa di Roma al servizio delle Chiese sorelle: lo vogliamo dedicare perciò alla preghiera per essa.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri Dedicazione della Basilica del Santissimo Salvatore e sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.47, 1-2. 8-9.12; Salmo 46; 1ª Lettera ai Corinzi, cap. 3, 9c-11.16-17; Vangelo di Giovanni, cap. 2,13-22.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Noi ricordiamo anche Elisabetta della Trinità, monaca e contemplativa; Nettario di Egina, pastore e monaco; e Barton Stone, pastore fedele all’Evangelo; e i Martiri ebrei della Notte dei Cristalli.

Elisabetta Catez nacque il 18 luglio 1881 a Camp d’Avor, nei pressi di Bourges (Francia). Ragazza molto dotata, musicista di talento, sensibile alle bellezze della natura, visse, in un primo tempo, la vita di tutte le figlie della borghesia del suo tempo. Presto, tuttavia, percepì la chiamata irresistibile per la vita monastica e, a 21 anni, entrò nel Carmelo di Digione, dove l’8 dicembre 1901, vestì l’abito religioso. Scriverà: C’è una parola di san Paolo che è un riassunto della mia vita e che si potrebbe scrivere di ogni suo istante: “Perché Lui mi ha amato troppo”. Elisabetta volle “restituire amore per amore” nel cuore del quotidiano. Morì a soli ventisei anni, il 9 novembre 1906, minata da una malattia incurabile. Nei suoi scritti spirituali espresse la bellezza della dimora trinitaria in noi e della nostra chiamata a vivere nell’intimità di Dio.

Anastasio Kephalas nacque a Selyvria, in Tracia, il 1° Ottobre 1846. Nel 1876 divenne monaco nell’isola di Chio, ricevendo il nome di Lazzaro, che mutò, un anno più tardi, quando, ordinato diacono, assunse quello di Nettario. Nel 1882, con l’aiuto finanziario del patriarca Sofronio di Alessandria, si recò ad Atene, per studiarvi teologia. Terminati gli studi, nel 1885, si trasferì ad Alessandria d’Egitto, dove, il 23 marzo 1886, fu ordinato presbitero, nella cattedrale di san Saba. Nell’agosto dello stesso anno, fu fatto archimandrita nella chiesa di san Nicola al Cairo e, nel 1889, fu eletto metropolita della Pentapoli, nella Libia orientale, che era sotto la giurisdizione di Alessandria. Paradossalmente, la sua modestia e semplicità gli attirarono l’invidia di ecclesiastici ambiziosi che convinsero l’anziano Sofronio che Nettario ambisse alla cattedra patriarcale. Sollevato nel 1890 dalle sue funzioni, Nettario lasciò l’Egitto e fece ritorno in Grecia, dove però le accuse dei suoi avversari l’avevano preceduto. Nonostante la dignità vescovile, accettò dapprima l’incarico di semplice predicatore nella provincia di Euboia e, nel 1894, la direzione di una scuola ecclesiastica ad Atene. Conosciuto in tutta la Grecia per le sue predicazioni e i suoi scritti spirituali, fu ancor più amato per l’integrità di vita, e per la dolcezza, la pazienza e la mansuetudine della sua personalità. Ritiratosi nel 1908 nel monasterio che egli stesso aveva fatto costruire sull’isola di Egina, vi morì il 9 novembre 1920, a settantaquattro anni.

Barton W. Stone nacque a Port Tobacco (Maryland, USA) il 24 dicembre 1772. Studiò come professore e fu ministro della Chiesa presbiteriana, a Cane Ridge, nel Kentucky. Presto cominciò a nutrire alcuni dubbi sulla proposta calvinista, per risolvere i quali fece della Bibbia la compagna di ogni momento, trovando in essa il sostegno prezioso della Parola di Dio. Comprese che Dio ama il mondo, il mondo intero, e che l’unica ragione che può ostacolare la salvezza sta nella chiusura alla parola di Dio e nel rifiuto della verità rappresentata da suo Figlio. Dopo aver ospitato lo storico “Ravvivamento” di Cane Ridge del 1801, un imponente incontro inter-denominazionale, che conobbe momenti di forte esperienza dello Spirito, lui e altri pastori di differenti chiese, formarono il Prebiterio di Springfield, stilando un documento con cui si richiamavano alla Bibbia come unica norma di fede e di comportamento. In seguito, decisero di rinunciare ad ogni altra denominazione, scegliendo di chiamarsi semplicemente “cristiani”. La loro confluenza con il movimento di Thomas e Alexander Campbell diede origine alle Chiese di Cristo, ai Discepoli di Cristo e alle Chiese cristiane. Barton Stone morì a Hannibal Missouri, il 9 novembre 1844.

La notte del 9 novembre 1938, in Germania, fu, per il regime nazista, l’inizio della soluzione finale della questione ebraica. Durante un assalto accuratamente organizzato in tutto il paese, furono bruciate e rase al suolo 191 sinagoghe e distrutti 7500 negozi appartenenti a cittadini ebrei. Lo spettacolo desolante delle migliaia di vetrine distrutte farà ricordare quel progrom come Kristallnacht, la Notte dei Cristalli. Un centinaio di ebrei furono uccisi e ventiseimila arrestati e posti sotto “custodia preventiva”. La metà di essi furono avviati al campo di concentramento di Buchenwald. Insignificanti e di circostanza le proteste che si levarono in Germania e all’estero in tale occasione. È bene non dimenticare.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di un testo di Nettario di Egina, che troviamo in rete con il titolo “La via della felicità” e che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Dovere del cristiano, è rendere sempre gloria a Dio sia col corpo che con lo spirito. Del resto l’uno e l’altro sono la proprietà di Dio e per questo non abbiamo il diritto né di disonorarli né di corromperli. Ogni essere che si ricorda che il suo corpo e il suo spirito appartengono a Dio prova pietà e timore mistico a loro riguardo e ciò contribuisce a preservarli dal peccato restando in costante relazione con Colui che è la causa stessa della loro santificazione, il Signore Dio nostro. Così l’uomo rende parimenti gloria sia col corpo e sia con lo spirito ogni volta che si ricorda che è stato santificato da Dio e che in tal modo egli si è unito a Lui. Ciò diventa possibile ogni volta che egli fa concordare la sua propria volontà con quella di Dio affinché le sue azioni siano conformi ai comandamenti divini. Essere così gradito a Dio, significa testimoniare che non si vive più per sé ma per Dio. Significa costruire il regno dei cieli sulla terra. Tutto diventa pretesto per glorificare il nome del Signore e fare brillare quaggiù la divina scintilla della vera Luce, dolce e gioiosa così come proclamiamo quando celebriamo l’ufficio dei Vespri: “Phõs hilaron… Luce gioiosa della santa gloria, del Padre immortale, santo e beato Gesù Cristo….”! Se veramente prendessimo la decisione di agire così, allora diverremmo il vero cammino che condurrà direttamente a Dio tutti coloro che ancora non l’hanno incontrato o conosciuto. (Nettario di Egina, La via della felicità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Novembre 2020ultima modifica: 2020-11-09T22:23:04+01:00da fraternidade
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