Giorno per giorno – 31 Ottobre 2020

Carissimi,
“Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti” (Lc 14, 12-14). Siamo sempre a casa del fariseo, anzi di uno dei capi dei farisei, come sarebbe oggi, dato che erano, sì, religiosi, ma laici, il presidente di un’organizzazione cattolica di provata fedeltà, ma rivolgendosi, sotto sotto, ad ogni buon cristiano, a cui Gesù voglia insegnare, dicendo del nostro stare e invitare a tavola, e perciò anche del nostro essere chiesa, il senso vero e profondo da dare al nostro vivere nel mondo. Chi è al centro delle nostre relazioni? a chi dedichiamo tempo e mezzi? Cosa ci muove: i legami di sangue, l’interesse (non necessariamente personale, ma anche solo, nel caso, del gruppo di appartenenza), la speranza di avere un buon ritorno? O, invece, coloro che Gesù ha dichiarato felici, perché costituiscono da sempre l’oggetto della predilezione gratuita del Padre? Più ancora, ne sono il sacramento più vero! Che rappresentano il criterio di giudizio con cui si misura il nostro essere o meno della stoffa di Dio: dono incondizionato. C’è davvero da farci un pensiero.

Oggi ricordiamo Louis Massignon, profeta del dialogo tra le civiltà, Abba Roweis, egiziano, folle di Cristo, nonché l’inizio della Riforma protestante.

Louis Massignon nacque a Nogent-Sur-Marne (Francia), il 25 luglio 1883. Quand’era ancora incredulo, si appassionò per la cultura e la mistica islamica. Nel 1905 conobbe Charles de Foucauld, la cui testimonianza marcherà indelebilmente il cammino spirituale di Massignon. Nel 1908, accusato dalle autorità turche di spianoggio a favore del movimento nazionalista arabo, fu arrestato e incarcerato nelle prigioni di Bagdad. Qui, con una “visione” del patriarca Abramo, iniziò il processo della sua conversione, che Massignon fece coincidere con la data della sua prima confessione sacramentale, nella chiesa di san Giuseppe a Beirut, il 25 giugno 1908. Sposato con Marcelle Dansaert, ebbe tre figli. Trovò in Francesco d’Assisi il modello del dialogo con l’Islam e fece della non-violenza gandhiana la sua opzione di vita. Nel 1934, fondò con Maria Kahil, una cristiana egiziana, la Badaliya, una comunità che vuole contribuire alla fratellanza cristiano-musulmana, attraverso la preghiera, la carità e la santificazione personale. Nel 1949, Pio XII, ricevendolo in udienza, gli concesse di passare al rito cattolico greco-melchita, perché potesse essere ordinato sacerdote, nonostante il matrimonio. Solidale con la lotta di indipendenza dell’Algeria, non si stancò di pregare, digiunare, denunciare ripetutamente le violenze delle autorità coloniali francesi contro quel popolo. Morì improvvisamente d’infarto la notte del 31 ottobre 1962. Aveva scritto: “Esiste un popolo che nessuno veramente ama, perché nessuno veramente conosce, e che nessuno veramente conosce, perché nessuno veramente ama, e questo popolo è il popolo musulmano. Sento il dovere di dedicare tutta la mia vita per farlo conoscere e amare dai cristiani”.

Freig (questo il nome che gli diedero i genitori) nacque nel 1334 nel villaggio di Miniet Yameen, sul delta del Nilo, da una famiglia di contadini così poveri che il nostro, fin da bambino, dovette aiutare il padre a guadagnarsi da vivere. Nonostante la miseria, essi possedevano un cammello, chiamato Roweis (“piccola testa”), che aveva l’abitudine, quando il ragazzino non si alzava per tempo, di accovacciarglisi vicino e passargli la testa sui piedi per svegliarlo. Quando Freig ebbe vent’anni, scoppiò una dura persecuzione contro i cristiani. Temendo che questi arrivassero al punto di rinnegare la fede, decise di recarsi al Cairo, per consolare e incoraggiare i cuori pavidi. Fu allora che assunse il nome del suo vecchio cammello, Roweis, e cominciò a percorrere le regioni dell’Alto Egitto. Nulla possedendo, lavorava con le sue mani, digiunava e passava le notti vegliando e pregando. Girando nudo, con solo una cintola di cuoio in vita, passava nelle case, insegnava a pregare, benediceva le famiglie, curava i malati. Aggredito e percosso da malfattori, non si lasciava sfuggire un lamento. Spesso Cristo gli apparve, dialogando a lungo con lui. Indebolito dai digiuni e dalle privazioni, Roweis visse gli ultimi nove anni di vita , disteso sulla nuda terra. La gente continuava a recarsi presso di lui per chiedergli preghiere e consiglio. Quando presentì la fine, chiamò i suoi discepoli, lasciò loro il mandato dell’amore reciproco e li benedisse uno ad uno. Per la devozione che nutriva alla Vergine Maria, la pregò di farlo morire il giorno della sua festa. E, di fatto, egli morì il 21 babah del 1121 dell’era dei martiri (corrispondente al 18 ottobre 1404, nel calendario giuliano e, nel nostro calendario gregoriano, al 31 ottobre).

Risale al 31 ottobre 1510 la prima visita del monaco agostiniano Martin Lutero (1483-1546) a Roma e il suo incontro ravvicinato con la corte papale, che lo marcò dolorosamente per la frivolezza, il nepotismo e la corruzione che vi regnavano. Sette anni più tardi, il 31 ottobre 1517, Lutero avrebbe reso pubbliche le 95 tesi contro la predicazione delle indulgenze, così com’era praticata dal domenicano Johannes Tetzel. Egli non pensava ancora ad una riforma della Chiesa, né, tanto meno, sognava di provocare una divisione. Fu, infatti, solo a partire dalla sua condanna da parte del papa Leone X (1520), che Lutero, portato per una sorta di reazione a catena a posizioni ogni volta più radicali, elaborò una dottrina che mirava, nelle sue intenzioni, a restaurare i dati autentici della fede cristiana, così come sono proposti nella Sacra Scrittura. Tale dottrina chiariva con energia rinnovata i grandi principi dell’autorita della Bibbia (sola scriptura), della giustificazione per fede (sola fides), del perdono universale (sola gratia); dell’unico mediatore (solo Christo). Al di là di ogni intenzione soggettiva, il 31 ottobre divenne la data convenzionale che segna l’inizio della Riforma protestante.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Filippesi, cap.1, 18b-26; Salmo 42; Vangelo di Luca, cap.14, 1.7-11.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Ed è tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui e, prendendo spunto dalla memoria di Louis Massignon, ve ne proponiamo una citazione tratta dal suo libro “Parola data” (Adelphi). Che è così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Questa nozione dell’ospitalità sacra… Hallāj e Gandhi me l’hanno vigorosamente fatta intendere, loro che hanno dato tutto al Dio della Verità, facendo dono della propria vita e della propria morte per i più derelitti e i più sventurti fra gli uomini, rispettando e venerando in questi un’immagine di Dio più trasparente di quella che appare fra i ricchi dotati di intelligenza, di forza e di fortuna. Nel 1959, durante un congresso internazionale ad Aarhus, un “tecnico” danese mi obiettò che, in fondo, i sottosviluppati avevano bisogno soprattutto di lavoro per poter mangiare. Gli risposi: “In fatto di nutrimento, a loro necessita the milk of human kindness [il latte della gentilezza umana]”. L’uomo che aveva espresso l’obiezione uscì dalla sala. Non capiva che i bambini hanno bisogno dell’allattamento materno del rispetto, quello che la Vergine offre al suo Neonato. Fintanto che non rispetteremo la dignità dei credenti non cristiani che, come dicono i missionologi, tentiamo meccanicamente di “convertire”, tradiremo Dio, e non troveremo la verità per noi stessi. La “conversione” non è un certificato di transito che appiccichiamo sulla coscienza degli altri: è un approfondimento di quanto c’è di meglio nella loro attuale lealtà religiosa, e che il nostro effetto catalizzante può determinare in essi nel corso del lavoro comune; purché la nostra maschera di sostituti ci faccia realmente diventare “loro” mediante la compassione, il trasferimento delle sofferenze e, osiamo aggiungere, delle speranze. Non si tratta di disertare dalla Cristianità per passare all’Islam, o dal campo atlantico per passare all’altro. Ma dobbiamo, “formam servi accipiens”, aiutarli a trovare in se stessi la liberazione, intuendo in essi quel viso di Cristo sottoposto agli oltraggi, redentore, che ci ha invogliato ad amarli, abbandonando, se occorre, i nostri per passare dalla loro parte. Perciò, il pasto di ospitalità condiviso tra compagni di lavoro, nell’onore, prefigura l’estensione a tutta l’umanità dell’ultima Cena, in cui un certo fuorilegge, condannato in nostra vece, ci ha offerto il pane e il vino dell’Ospitalità di Dio. (Louis Massignon, Parola data).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Ottobre 2020ultima modifica: 2020-10-31T22:11:32+01:00da fraternidade
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