Giorno per giorno – 22 Ottobre 2020

Carissimi,
“Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera” (Lc 12, 51-53). Nell’ascoltare il vangelo di oggi, ci è venuto in mente quel passo della Lettera agli Efesini (forse un inno liturgico, tra le pagine più belle del Nuovo Testamento), là dove si dice: “Ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito” (Ef 2, 13-18). E, invece, no: non possiamo ancora presentarci al Padre, perché, a duemila anni di distanza, vale ancora il quadro desolante di divisione tracciato da Gesù, non a causa di qualche nemico esterno, il che risulterebbe comprensibile, ma per il “lievito dei farisei”, da cui egli ci aveva messo in guardia, all’inizio del suo discorso, e che ancora si nasconde all’interno della sua comunità. Dove per “farisei” non si intende il gruppo religioso di quel tempo, quanto piuttosto l’atteggiamento di coloro che, ritenendosi giusti e arrogandosi il monopolio della verità (questo il lievito dannoso), erigono muri e scavano baratri tra loro e gli altri. Non a caso il Vangelo dice che il discorso era rivolto alle “migliaia di persone che si calpestavano a vicenda” (Lc 12, 1), immagine di una Chiesa di liti, contrapposizioni, minacce, prevaricazioni, dimentica della sua chiamata ad essere sacramento dell’amore incondizionato del Padre di Gesù, nei confronti di vicini e lontani, amici e nemici, credenti e non credenti, giusti e peccatori. Annuncio tanto scandaloso, che suscita ripulsa proprio in molti di coloro che dovrebbero farsene carico, perpetuando in tal modo, nuovi farisei, l’azione del Divisore nel mondo, in un rinnovato assalto al significato dell’evento di Gesù e della sua croce. E noi saremo capaci di restare ostinatamente fedeli alla sua Parola?

Oggi il calendario ci porta la memoria di Hadewijch di Anversa, mistica del Tredicesimo secolo; e quella di Nervardo Fernández, Luz Stella Vargas, Carlos Páez e Salvador Ninco, martiri della lotta in appoggio alle rivendicazioni indigene in Colombia.

Il poco che si sa di Hadewijch, lo si deduce dai suoi scritti. Originaria della regione di Anversa, nelle Fiandre, visse nel Tredicesimo secolo e prese parte al movimento delle beghine, sorto in quegli anni e formato da donne che, rifiutando il matrimonio, vivevano lo spirito e la parola dell’Evangelo in libere comunità femminili, caratterizzate dalla semplicità di vita, la condivisione dei beni, il lavoro, la preghiera e la pratica delle opere di misericordia, senza tuttavia che ciò comportasse l’assunzione dei voti religiosi. Nella comunità di cui faceva parte, Hadewijch ricoprì probabilmente per un certo tempo funzioni di direzione spirituale, fino a quando, non ne sappiamo il motivo, se ne dovette allontanare. Questo non le impedì di mantenere i contatti con le antiche figlie spirituali, secondo quanto ci è testimoniato dalle numerose lettere a loro indirizzate. Di lei ci restano anche numerose poesie e descrizioni di visioni. In ogni suo testo risalta e si evidenzia la centralità dell’amore di Dio.

Nervardo e Luz Stella erano giovani militanti cristiani, artisti di teatro e della canzone popolare. Vivevano a Neiva, nel dipartimento di Huila (Colombia). Carlos e Salvador erano leader della Comunità indigena Caguán Dujos. La vita di Nervardo fu segnata dalla ricerca appassionata di Dio e del servizio disinteressato e generoso ai fratelli più poveri. Avrebbe voluto essere frate francescano, ma le condizioni di salute glielo avevano impedito. Fu ugualmente francescano tra la gente, vivendo in semplicità, dispensando allegria, offrendo le sue canzoni e il suo repertorio teatrale. Luz Stella aveva due passioni: il teatro e l’organizzazione popolare. Carlos e Salvador erano invece impegnati, assieme alle venticinque famiglie della loro Comunità, nella difesa della loro terra, su cui avevano messo gli occhi i Lara Perdomo, una famiglia di latifondisti della regione. Che aveva addirittura già imposto una data per lo sgombero: il 15 gennaio successivo. Per evitare di arrivarci impreparati, la comunità aveva delegato i quattro a prendere contatto con altre comunità della regione che affrontavano conflitti analoghi. La mattina del 22 ottobre 1988 si erano incontrati a Campoalegre, da cui avrebbero dovuto proseguire in autobus fino a Rosales. La fermata dell’autobus si trovava a mezzo isolato dal posto di polizia. I quattro non presero mai l’autobus, né arrivarono a Rosales. Quando gli indigeni si recarono al posto di polizia a chiedere notizie degli scomparsi, si sentirono rispondere che c’era nessuna segnalazione al riguardo. Solo la domenica 26, un contadino ne scoprì i corpi in un fossato. Tutti presentavano ustioni da acido e fori di proiettili. A Luz Stella erano stati tagliati i piedi.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da
Lettera agli Efesini, cap.3, 14-21; Salmo 33; Vangelo di Luca, cap.12, 49-53.

La preghera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Bene, è tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura la narrazione in chiave lirica di una delle esperienze mistiche di Hadewijch. Tratta dal suo libro “Poesie, Visioni, Lettere” (Marietti), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Dopo, un giorno di Pasqua ero andata a Dio / ed Egli mi abbracciò dentro i miei sensi / e mi prese in ispirito / e mi condusse innanzi al Volto dello Spirito Santo il quale il Padre / e il Figlio in una sola natura ha. Da quell’intera natura / del Volto io ricevetti ogni intelletto e lessi com’io ero giudicata. / E una voce da quel Volto suonò così tremenda / da essere udita per ogni dove; / ed essa disse a me: / “Or guarda, vecchia, / che hai chiamato me e hai investigato / che cosa e chi Io Amore sono mille anni innanzi la nascita degli uomini: / guarda e ricevi il mio Spirito; in tutto conosci / ciò che Io vi sono: Amore. / E quando tu mi ti compi, pura creatura umana, in me stesso, a traverso tutte le vie del pieno amore, allora tu di me godrai Chi, Io Amore, sono; / sino a quel giorno devi amare / ciò che io sono, Amore / e allora tu sarai Amore / così come Io sono Amore / nei tuoi giorni, sino alla morte, / allorché divieni vivente / nella mia unità: me tu ricevesti / e io ho ricevuto te. / Va e vivi ciò che Io sono. E torna / e récami deità intera, e godi chi Io sono”. E allora io rientrai in me stessa e intesi tutto il detto dianzi, / fisa nel mio dolcissimo Amore. (Hadewijch, Poesie Visioni Lettere).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Ottobre 2020ultima modifica: 2020-10-22T22:05:01+02:00da fraternidade
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