Giorno per giorno – 20 Ottobre 2020

Carissimi,
“Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12, 35-37). Come viviamo noi il tempo dell’attesa? Attesa di chi? Attesa di Lui in ogni altro. Con la luce accesa e il grembiule ai fianchi. In tenuta, dunque, di servizio. Come la nostra dona Dominga (e, forse, ogni madre), che, nonostante acciacchi e malanni, non si ritira fino a quando l’ultimo dei figli, o nipoti, ha fatto ritorno a casa, e spesso è già notte fonda, e lei ha potuto servirgli la cena, una sorta di laica eucaristia in cui lei ha messo, come ogni volta, tutta se stessa, il suo amore, la sua cura, la sua preoccupazione, che alimentano e danno vita a chi di dovere. A volte si pensa non sia giusto, ma vai a farlo capire a lei, e a Dio, che, anche lui, è proprio così: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 27). Noi siamo chiamati a testimoniarlo, nell’accoglienza e nel servizio ai fratelli. Se no, siamo atei.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Raimundo Hermann, prete e martire a difesa degli indios, in Bolivia, Jerzy Popiełuszko, prete e martire della Solidarietà; Soeur Emmanuelle Cinquin, straccivendola per solidarietà.

Raimundo Hermann era un prete statunitense, parroco a Marochata, in Cochabamba (Bolivia). Quando il 20 ottobre 1975 lo trovarono morto assassinato, nella sua parrocchia, aveva quarantacinque anni. Stava aiutando i contadini a organizzarsi in cooperativa per commercializzare le patate che coltivavano. Ma questo avrebbe contribuito a smantellato la rete di potenti intermediari, che avevano nelle autorità locali i loro referenti naturali. Subito dopo il fatto, il vescovo di Cochabamba emise una dichiarazione che sottolineava la dedizione pastorale del sacerdote e l’amore e la venerazione che la sua gente nutriva per lui; nel condannarne l’assassinio, chiedeva poi che si facesse prontamente giustizia. L’autore materiale del delitto fu arrestato, ma riuscì a scappare di prigione e non fu più trovato.

Jerzy Popiełuszko era nato in una famiglia contadina, il 14 settembre 1947, a Okopy, nella provincia di Bialystok. Ordinato prete dal cardinal Stefan Wyszynsky il 28 maggio 1972 a Varsavia, fu destinato alla parrocchia di san Stanislao Kostka, assumendo come incarico pastorale anche quello di cappellano alla Facoltà di medicina. All’agosto 1980 risale il suo coinvolgimento in Solidarnosc (Solidarietà), il movimento sindacale, nato un anno dopo la visita di papa Woytila. E fu solo per caso. I dipendenti delle acciaierie di Varsavia in sciopero avevano chiesto alla curia che un prete andasse da loro a celebrare la messa. P. Jerzy era libero e ci andò. Quella messa, di fronte alla fabbrica, dove gli operai avevano eretto una grande croce, cambiò la vita del giovane prete, che si rese conto, come del resto accadeva altrove nel mondo, sotto dittature di altro colore o sotto le false democrazie borghesi, che le lotte dei lavoratori per giustizia e libertà costituivano una vera e propria battaglia spirituale. Divenne così il cappellano dei lavoratori in sciopero. Quando nel dicembre 1981, il governo dichiarò la legge marziale e migliaia di membri e di simpatizzanti di Solidarnosc furono arrestati, l’attività di Popiełuszko incluse subito l’assistenza ai prigioniri e alle loro famiglie. Nello stesso tempo, attraverso i suoi “sermoni patriottici” che attiravano folle immense, sottolineava la dimensione morale e spirituale della causa di Solidarietà. Quando il governo dichiarò che questo non era affare della Chiesa, P. Jerzy rispose: “La missione della Chiesa è di stare con la gente, condividendone gioie e dolori”. Minacce, attentati, arresti si susseguirono, senza che egli si lasciasse intimorire. La sera del 19 di Ottobre 1984, di ritorno da un servizio pastorale, padre Popieluszko veniva rapito. Sotto la pressione popolare, il governo avviò immediatamente le indagini, che portarono in pochi giorni, il 30 ottobre, alla scoperta dei colpevoli, tre funzionari del ministero dell’interno polacco: Grzegorz Piotrowski, Wademar Chmelewski, Leszek Pekala. Rei confessi, dichiararono che la mattina del 20 ottobre, dopo aver picchiato selvaggiamente il prete, l’avevano legato, ne avevano appesantito il corpo con pietre e l’avevano lanciato ancora vivo in una cisterna. Oggi la tomba di Popiełuszko presso la Chiesa di san Stanislao Kostka è diventata meta di continui pellegrinaggi.

Madeleine Cinquin era nata a Bruxelles, seconda di tre figli, il 16 novembre 1908, da padre francese e madre belga. Nel settembre 1914, visse il trauma di assistere alla morte per annegamento del padre. In seguito confesserà: “Nell’inconscio, la mia vocazione data da quel momento. Ho cercato l’assoluto, non l’effimero”. Entrata nel 1929 tra le suore di Notre-Dame de Sion, dopo la laurea alla Sorbona, insegnò per quarant’anni a Istanbul, Tunisi e Alessandria, in scuole che offrivano insegnamento di qualità ai figli delle classe agiate dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Nel 1971, la svolta della sua vita, con la decisione di condividere la propria vita con quella degli straccivendoli del Cairo. La religiosa lascerà l’Egitto, ventidue anni più tardi, a ottantacinque anni, facendo ritorno in Francia, per dedicarsi a una vita di preghiera e di meditazione, senza comunque abbandonare il suo aiuto a molteplici situazione di povertà in diverse parti del mondo e l’appoggio a senzatetto e immigranti irregolari nel suo Paese. È scomparsa il 20 ottobre 2008, a Callian, in Francia, quando mancava poco meno di un mese al suo centesimo compleanno.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Efesini, cap.2, 12-22; Salmo 85; Vangelo di Luca, cap.12, 35-38.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Oggi, frei Carlos Mesters, carmelitano, biblista, il più conosciuto in America Latina, da sempre evangelicamente al servizio delle Comunità di base, completa le sue 89 primavere. Noi ringraziamo Dio per la sua sempre coerente testimonianza di vita e la sua instancabile dedizione alla causa dell’Evangelo.

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi alla lettura di una pagina di Suor Emmanuelle, tratta dal suo ultimo libro che ha come titolo “Confessioni di una religiosa” (Jaca Book). È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Come tutti, anche tu, porti il peso della quotidianità e degli anni, forse sei colmo di speranza, nella felicità di orizzonti possibili o di successi ormai raggiunti. Forse, al contrario, senti l’infelicità incombere vicina: il passato è vissuto come un fallimento e non serve da evasione. Forse, come ognuno di noi, passi da un sentimento all’altro. Ora, dal punto di vista dell’eternità, tutto ciò è relativo. Certamente, ci sono vite più o meno riuscite secondo l’unico criterio che valga, il loro peso d’amore. Ma, secondo questo stesso criterio e quali che siano le apparenze, nessuna vita è un fallimento e nessuna vita è in sé una vittoria. L’amore, infatti non ha limiti, non è mai acquisito, non è mai puro. Nessuno quaggiù può dire di aver amato in modo perfetto. Ma nessuno può dire, al contrario, che tutto è perduto. Anche per coloro che non sono riusciti ad amare, che hanno amato male, che hanno preferito se stessi al punto da uccidere l’altro, come il buon ladrone, un istante di compassione per l’altro, un’esigenza di giustizia, un’ultima invocazione all’infinito della misericordia permettono di accogliere l’amore di Dio, sempre pronto a donarsi. Nessuna vita è perfetta, nessuna vita è perduta, tutte vengono salvate. (Suor Emmanuelle, Confessioni di una religiosa).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Ottobre 2020ultima modifica: 2020-10-20T22:33:09+02:00da fraternidade
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