Giorno per giorno – 13 Luglio 2020

Carissimi,
“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. ” (Mt 10, 34-36). Difficile pace quella che porta Gesù con la proposta del Regno, ben differente da quella che a volte si rincorre attraverso tecniche spirituali, anche molto spicciole e oggi materiali, che si spera garantiscano una sorta di atarassia, per dirla con gli antichi filosofi, una inattaccabile tranquilla dello spirito nei riguardi di tutto ciò che ci accade intorno; o da quella, del tutto legittima, che può provenire dalla buona coscienza di aver fatto il proprio dovere nella routine casa-lavoro-chiesa; per non dire di quella, solo esterna, imposta dalla paura che incutono i potenti e che per molti finisce per coincidere con la pace dei cimiteri. La pace che Gesù porta non nasce dall’egoismo, neppure da quello che può apparire santo, con cui si pretende di conquistare il proprio pezzo di paradiso, e gli altri se la vedano loro. No, essa ci scaglia nel bel mezzo del conflitto, ci impone di scegliere a favore della vita degli altri, fino al rischio di perdere la nostra, di mettere in gioco la stabilità degli affetti famigliari, le alleanze tribali, le fedeltà tradizionali e religiose, che vengono a valere solo in seconda battuta e sempre che siano finalizzate a quelle priorità del Regno, veri e propri valori non negoziabili, che scandiscono la vita di una umanità di fratelli. Il vangelo di oggi, come quello di ogni giorno, intende ricordarcelo senza sconti.

Oggi facciamo memoria di Carlos Manuel Rodríguez Santiago, laico al servizio del rinnovamento liturgico, di Rodolfo Ricciardelli, prete al servizio dei poveri, e di Arturo Paoli, piccolo fratello del Vangelo.

Carlos Manuel Rodríguez Santiago era nato a Caguas (Portorico) il 22 novembre 1918, in una famiglia di cinque figli, frutto del matrimonio tra Manuel Baudilio Rodriguez e Herminia Santiago. Di essi, due figlie si sarebbero sposate, una sarebbe divenuta carmelitana e un altro benedettino. Carlos, aggredito quand’era dodicenne da un cane lupo, riportò gravi ferite, che gli causarono una colite ulcerosa, da cui non sarebbe mai guarito. Al termine del liceo trovò occupazione come impiegato; tentò di intraprendere gli studi universitari, senza per altro riuscire a completarli, a causa della malattia. Sull’onda del movimento liturgico che si era venuto affermando nei primi decenni del XX secolo, divenne un suo profondo cultore e propagatore, dedicandosi a letture specializzate in materia, curando traduzioni, scrivendo articoli, e creando infine, nell’ateneo di San Juan di Portorico, un Centro universitario cattolico per lo studio e l’approfondimento della liturgia. Decisivo nei suoi interessi accademici, ma assai più nella sua vita spirituale, fu sempre il tema del Mistero Pasquale, che lo portò, prima ancora del rinnovamento liturgico promosso dal Concilio Vaticano II, a evidenziare l’importanza di esso e della sua celebrazione nella vita della comunità cristiana, e di sottolineare la necessità di aprire la liturgia alla comprensione e alla partecipazione del laicato. Quando nel 1962, la malattia degenerò in tumore, confessò al fratello benedettino di non essere pronto a morire. Seguirono mesi di grandi sofferenze fisiche e una prolungata “notte dello spirito”, in cui Dio sembrava del tutto assente. Solo poco prima di morire ritrovò la serenità e la pace con Dio. Si spense il 13 luglio 1963, a soli 45 anni. È il primo beato della chiesa portoricana.

Rodolfo Ricciardelli era nato il 29 maggio 1939 a Buenos Ayres, da una famiglia di origine italiana, e fu ordinato prete il 22 settembre 1962. Dopo l’ordinazione chiese e ottenne di poter essere prete-operaio e lo restò fino al novembre 1969, quando gli fu affidata la cura pastorale della parrocchia di Santa María Madre del Pueblo, la prima parrocchia fondata in una baraccopoli, nella villa 1-11-14 del barrio Bajo Flores, alla periferia di Buenos Aires. Nel 1967, intanto, assieme ad altri due preti, Héctor Botán e Miguel Ramondetti, aveva fondato il Movimento dei Sacerdoti per il Terzo Mondo, che si proponeva di dar seguito e rendere effettivo il rinnovamento introdotto dal Concilio Vaticano II, in ordine soprattutto all’opzione di una chiesa povera per i poveri, e di rispondere positivamente al più recente Messaggio di 18 vescovi del Terzo Mondo” (di cui nove erano brasiliani, con alla testa dom Helder Câmara e nove di altri paesi, ma nessuno argentino), che, condannando i regimi capitalisti e comunisti, come contrari ai precetti evangelici, affermavano essere dovere dei cristiani di “mostrare che il vero socialismo è il cristianesimo vissuto nella condivisione dei beni e nell’uguaglianza di tutti”. Benché in pochi mesi il Movimento avesse riunito centinaia di sacerdoti, non durò però a lungo, a causa delle divisioni interne insorte, riflesso di quelle che, in quegli stessi anni, attraversavano la base popolare, peronista e non, che avrebbe conosciuto di lì a poco, gli anni bui e gli orrori della dittatura del generale Videla (1976-1983). Durante quegli anni e in quelli seguenti, padre Rodolfo, che vide numerosi amici sequestrati, torturati e uccisi, continuò incessantemente, come altri “curas villeros”, la sua missione in povertà tra la gente più povera della villa 1-11-14. Un tumore al midollo, affrontato con pazienza e serenità esemplari, ne accompagnò gli ultimi anni di vita e lo portò alla morte il 13 luglio 2008. L’allora arcivescovo di Buenos Aires, card. Bergoglio, e numerosi vescovi ne celebrarono le esequie.

Arturo Paoli era nato il 30 novembre 1912, a Lucca, dove visse la sua infanzia e adolescenza. Maturata la vocazione sacerdotale, dopo gli studi in Lettere a Pisa e la laurea all’Università Cattolica di Milano, entrò nel seminario di Lucca nel 1937, e fu ordinato presbitero nel 1940. Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò alla Resistenza, collaborando attivamente alla rete di sostegno agli ebrei in fuga dalla persecuzione nazifascista. L’impegno gli varrà il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni” da parte dello Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme. Dal 1949 al 1954 fu a Roma assistente della Gioventù di Azione cattolica. Dimesso dall’incarico per incompatibilità coi metodi di Luigi Gedda, allora Presidente dell’associazione, fu nominato cappellano sulle navi che portavano gli emigranti in Argentina. L’incontro, in uno di questi viaggi, con Jean Saphores, un Piccolo Fratello di Gesù, che gli morirà tra le braccia, lo spinse ad entrare nella giovane congregazione religiosa ispirata a Charles de Foucauld e fondata da René Voillaume poco tempo prima. Visse il periodo di noviziato a El Abiodh, in Algeria, dove ritrovò, per un certo periodo, il suo vecchio amico Carlo Carretto, anch’egli passato dalla dirigenza dell’Azione cattolica alla vita dei picoli fratelli nel deserto del Sahara. Dopo la professione religiosa, lavorò ad Orano come magazziniere in un deposito del porto, secondo lo stile di vita della Fraternità. Nel 1957 rientrò in Italia, stabilendosi a Bindua, in Sardegna, dove avviò una nuova Fraternità tra i lavoratori della miniera di piombo e zinco di Monte Agruxau. Durerà poco. Visto di malocchio dalle gerarchie ecclesiastiche, partì nel 1960 per l’Argentina, Saranno quarantacinque anni di Sudamerica, spesi tra Argentina, fino al 1973, Venezuela, fino al 1983, e Brasile, fino al 2006, quando rientrerà definitivamente in Italia. Sempre al servizio dei più poveri, sfidando i potenti, denunciando l’idolatria assassina del mercato, dando il suo contributo all’elaborazione, ma soprattutto alla testimonianza di una teologia fatta e vissuta dal basso, in compagnia dei poveri, in vista della loro liberazione e della creazione di un mondo riconciliato e fraterno, o come piaceva dire a lui, per “amorizzare il mondo”. Al rientro in Italia, pur legato alla comunità dei Piccoli Fratelli del Vangelo di Spello, si stabilì nella sua città natale, nella casa diocesana di San Martino in Vignale, sulle colline sopra Lucca, intitolata al Beato Charles de Foucauld, dove si è spento la notte del 13 luglio 2015. A chi gli aveva domandato tempo prima cosa pensasse di trovare “oltre la soglia”, aveva risposto così: “Vedi, oggi pomeriggio, un caro amico mi accompagnerà a fare una passeggiata. Io non sto mica a chiedergli dove andremo, non sto mica a farmi spiegare cosa troverò. Così penso all’incontro con Dio. È un amico. E io mi fido di lui”. Già.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.1, 10-17; Salmo 50; Vangelo di Matteo, cap.10, 34-11,1.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui offrendovi in lettura una pagina di Arturo Paoli, tratta da una sua riflessione, apparsa con il titolo “Il sogno di Dio” in Scoiattoli del 1 Aprile 2016 (Oreundici). Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Quando pensiamo al peccato, nella nostra cultura, pensiamo sempre alle nostre piccole o grandi trasgressioni della legge. Ci confrontiamo con la legge in maniera individualistica, ma non pensiamo di essere responsabili di una storia, di un popolo, di una nazione che professa la religione cristiana ma che non è fedele al suo patto con Dio. Riflettiamo sulla frase di Gesù: “Quando sei all’altare e ti ricordi che qualcuno ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta e va’ dal tuo fratello”, perché altrimenti la preghiera è ingiusta e non arriva all’orecchio di Dio. Se dicesse: “se ti ricordi che hai qualcosa contro qualcuno”, ci chiederebbe di andare incontro alla persona che abbiamo coscientemente offeso: ma questo è facile, per lo meno ci è chiaro. Invece Gesù ci dice di pensare a quelli che “hanno qualcosa contro di noi”, per esempio coloro che subiscono le conseguenze del nostro essere un popolo consumista, un popolo che consuma infinitamente di più di quanto avrebbe diritto. Se immaginiamo il mondo come una grande mensa comune, noi siamo quelli che prendono e consumano l’80% dei beni, lasciando il 20% ad un numero infinitamente più grande di persone che conseguentemente soffrono la fame, stanno male e arrivano sulle nostre sponde. Dopo di che ci lamentiamo: “perché vengono a cercare lavoro da noi, perché vengono a occupare la nostra terra?”. Siamo noi la causa di questo fenomeno, siamo noi che sottraiamo loro i beni naturali, i diritti basilari, la vita stessa. Noi dobbiamo assumerci la responsabilità di tutto questo. Coloro che hanno qualcosa contro di noi non sono soltanto quelli che noi abbiamo offeso direttamente, sono anche quelli che coloro la nostra prosperità, che pagano le nostre comodità. Essere cristiani vuol dire assumere una responsabilità collettiva, una responsabilità corale, una responsabilità di popolo. Beato l’uomo a cui non è imputato alcun male. Beato colui che riesce a stare dalla parte di Dio. Quest’uomo si rende conto che Dio è leso dalle ingiustizie della storia, è offeso dall’egoismo del consumismo, e si colloca dalla sua parte. (Fratel Arturo Paoli, Il sogno di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Luglio 2020ultima modifica: 2020-07-13T22:15:02+02:00da fraternidade
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