Giorno per giorno – 12 Luglio 2020

Carissimi,
“Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: Ecco, il seminatore uscì a seminare” (Mt 13, 1-3). Parabola sul destino del seme. Il seme buono che è Gesù, l’uomo nuovo, espressione del Regno, secondo il sogno di Dio. O anche, come ripetiamo spesso: la vita concepita come dono di sé, le relazioni come cura reciproca, servizio gratuito, amore incondizionato. Dove e come il seme Gesù, che accetta di soccombere e morire, come è nella logica dell’amore, può germinare, fiorire e fruttificare? Che terreno gli offriamo, noi, la storia, il mondo? Come, quando e perché la sua proposta, che è di vita, piena e abbondante per tutti, è ostacolata, dispersa, soffocata? Stamattina, abbiamo ricordato il massacro di Srebrenica, iniziato, come oggi, venticinque anni fa, quando le truppe dell’esercito serbo di Bosnia ed Erzegovina, penetrate nottetempo nella zona dichiarata protetta dall’ONU, a tutela della popolazione musulmana, provvedevano ad arrestare 8372 maschi dai 12 ai 77 anni, col pretesto di interrogarli, in realtà per ucciderli e seppellirli tutti in fosse comuni. Senza che i caschi blu dell’Onu facessero nulla per impedire la perpetrazione dello sterminio. Qual è il demone, che ha portato a soffocare il progetto di vita del seme Gesù ad opera dell’esercito di una popolazione forse solo nominalmente cristiana? Nazionalismo, xenofobia, razzismo, odio per la religione, la cultura, l’identità dell’altro, sono tutte espressioni di una volontà di dominio concepita come affermazione egoistica della propria parte con la soppressione dell’altra, vista come attentato al proprio spazio vitale. È la logica dell’anti-Regno che sembra avere così spesso il sopravvento, usando anche maschere religiose, per ingannare meglio i creduloni. Tutto questo lo sperimentiamo con modalità e misure diverse ovunque. E in noi cos’è che più ostacola il crescere vigoroso del seme Gesù? Superficialità, dispersione, preoccupazioni, incostanza, insofferenze, intolleranze, veri e propri cedimenti agli istinti egoisti? Abbiamo la fede che basta per sapere che Egli opera efficacemente nonostante e a partire dalle nostre fragilità, durezze, inconsistenze, ripiegamenti, fughe? L’importante è prenderne coscienza e lasciarlo agire attraverso il seme-Parola che Egli è.

I testi che la liturgia di questa XV Domenica del Tempo Comune propone alla riflessione dei fedeli sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.5, 10-11; Salmo 65; Lettera ai Romani, cap.8, 18-23; Vangelo di Matteo, cap.13, 1-23.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il nostro calendario ecumenico ci segnala oggi le memorie di Giovanni Gualberto, monaco e profeta di una Chiesa rinnovata; di Nathan Söderblom, vescovo luterano, al servizio della pace e dell’ecumenismo; di Sergej Nikolaevic Bulgakov, sacerdote e teologo ortodosso; e di p. André Louf, monaco trappista e autore spirituale.

Giovanni Gualberto nasce a Firenze all’inizio del sec. XI. Dopo aver perdonato, per amore a Cristo, l’assassino del fratello, entrò nel monastero benedettino di san Miniato, da cui ben presto dovette allontanarsi, per le minacce rivoltegli dall’abate e dallo stesso vescovo di Firenze, da lui accusati di corruzione. Dopo una sosta tra gli eremiti di Camaldoli, si rifugiò nella foresta di Vallombrosa, dove, nel 1038, fondò un monastero secondo la regola di san Benedetto, che darà origine alla Congregazione benedettina Vallombrosana, basata sulla vita in comune, la povertà, il rifiuto di privilegi e protezioni. La Chiesa dell’epoca viveva una situazione drammatica, essendo il clero composto, per lo più, da individui senza scrupoli, affaristi e immorali, legati a filo doppio all’aristocrazia dominante. Ma, nel contempo, cominciava ad affermarsi, con sempre maggior forza, l’esigenza di por fine a tanto scempio. Avviata per iniziativa dei ceti popolari, che presero a cacciare i chierici indegni, l’opera di riforma trovò appoggio e incoraggiamento nei monaci di Vallombrosa, che si dedicarono, tra l’altro, alla formazione di nuove leve di uomini, che testimoniassero, nelle file del clero, una ritrovata fedeltà al Vangelo. La morte di Giovanni Gualberto, il 12 luglio 1073, fu di poco preceduta dall’elezione a papa del monaco Ildebrando, Gregorio VII, che avrebbe fatto sua la lotta contro le degenerazioni del mondo ecclesiastico.

Lars Olof Jonathan (chiamato Nathan) Söderblom nacque a Trönö, in Svezia, il 15 gennaio 1866, da Jonas Söderblom e Sophia Blume. Ordinato pastore nel 1893, nello stesso anno conobbe e sposò Anna Forsell, una studentessa assai dotata, che sarà sua preziosa collaboratrice e che gli darà, nel corso della vita in comune, tredici figli. Fu poi cappellano all’Ambasciata svedese a Parigi, dal 1894 al 1901. Laureatosi alla Sorbona, divenne professore di Storia delle religioni all’Università di Uppsala e, nel 1914, arcivescovo di quella stessa città e Primate della Chiesa di Svezia. Benché luterano, di una chiesa che mantiene l’istituto dell’episcopato nella sua forma storica, Söderblom seppe apprezzare la liturgia e le diverse espressioni del culto e della devozione proprie della Chiesa cattolica, e nello stesso tempo riconoscere il valore della riflessione teologica protestante. Convinto fosse suo dovere darsi da fare per l’unità dei cristiani, cattolici ed evangelici, pensò che la collaborazione su concreti problemi potesse costituirne i primi promettenti passi. Durante la Prima Guerra Mondiale, lavorò instancabilmente per alleviare le condizioni dei prigionieri di guerra e dei rifugiati. Per questo e per tutto l’azione a favore della pace del mondo e dell’unità delle Chiese, ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1930. A Stoccolma, nel 1925, aveva fondato il Movimento internazionale cristiano Vita e Azione. Nello stesso tempo uno dei maggiori gruppi anglicani aveva costituito una Conferenza interconfessionale su Fede e Ordine. Nel 1948 i due gruppi si sarebbero uniti per formare il Consiglio Mondiale delle Chiese. Come arcivescovo primate della Chiesa svedese, si preoccupò di approfondire i canali di comunicazione tra la Chiesa e le masse lavoratrici, cosí come tra Chiesa e intellettuali. Morì il 12 luglio 1931.

Sergej Nikolaevic Bulgakov nacque a Livny, in Russia, il 16 giugno 1871. Educato religiosamente, conobbe a partire dai tredici anni una fase di ateismo che lo accompagnò fino ai trent’anni. Frequentò la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Mosca, dedicandosi alle scienze sociali e lavorando, poi, per due anni, presso la cattedra di economia politica e statistica. Durante un soggiorno in Europa conobbe Karl Kautsky, Rosa Luxemburg e altre personalità del socialismo europeo. Fu professore di economia politica e sociale dapprima a Kiev, poi a Mosca. Sotto l’influsso di Solov’ëv e di Florenskij, passò dapprima dal marxismo all’idealismo, e in seguito si convertì all’Ortodossia. Nel 1907 lo troviamo deputato (“socialista cristiano”) alla seconda Duma. Nel 1909 gli morì il figlio di quattro anni. È a partire da allora che Bulgakov cominciò a dirigere la sua riflessione alla contemplazione della kenosi del Cristo e, in Lui, iconicamente, della kenosi intradivina. Il giorno di Pentecoste del 1918 venne ordinato diacono, il giorno successivo sacerdote. Benché membro del soviet supremo ecclesiastico, fu costretto ad autoesiliarsi in Crimea, dove presto fu escluso dall’insegnamento. Espulso dall’Unione Sovietica alla fine del 1922, dopo un breve soggiorno a Costantinopoli e a Praga, fu chiamato a Parigi dal metropolita Evlogij all’Istituto di Teologia ortodossa di san Sergio, dove ccominciò per lui un periodo di lavoro intenso e di attivo ministero spirituale. Morì il 12 luglio 1944. Pavel Evdokimov considerò Bulgakov il maggior teologo del nostro tempo. La sua opera è stata paragonata a quelle di Origene, di Tommaso d’Aquino, di Teilhard de Chardin.

Jacques Louf era nato a Leuven (Belgio), il 29 dicembre 1929, terzo e ultimo figlio di una famiglia assai religiosa. Sedicenne conobbe il monastero trappista di Notre-Dame di Mont-des-Cats, nell’estremo nord della Francia, e ne fu subito affascinato. Due anni più tardi, il 15 ottobre 1947, vi fece il suo ingresso come novizio, assumendo il nome di André. Dopo gli studi biblici a Roma, e la professione solenne, avvenuta il 2 febbraio 1954, fu ordinato presbitero il 19 luglio 1955. Poi, a sorpresa, a soli trentatre anni, il 10 gennaio 1963, venne eletto abate, nonostante di norma l’età minima richiesta sia trentacinque anni. Resterà in carica per 34 anni, “guidando la sua comunità con sapienza e discernimento negli anni del Concilio Vaticano II e del successivo ‘aggiornamento’ in vista di una rinnovata fedeltà del monachesimo alle istanze evangeliche. Della sua esperienza di fede, confesserà un giorno: “Ero inginocchiato tra i banchi dell’abbazia, quando ho compreso chiaramente l’amore infinito di Dio per me. È stata un’esperienza sconvolgente. Da allora ho capito che Dio supera infinitamente qualunque cosa si possa dire di lui”. Nel 1997, lasciata la carica abbaziale, si ritirò in un eremo presso il monastero benedettino di Saint-Lioba, nel sud della Francia. Uomo di preghiera e di studio, scrittore e conferenziere prolifico, si è spento il 12 luglio 2010, nel monastero di Mont-des-Cats. Nel 2004, Giovanni Paolo II gli aveva chiesto di comporre le meditazioni per la Via Crucis che si tiene il Venerdì Santo al Colosseo.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di P. André Louf, tratto dal suo libro “Lo Spirito Santo prega in noi” (Edizioni Qiqajon). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Come ha detto a chiare lettere, Gesù non viene per i giusti ma solo per i peccatori (cf Mt 9,13). E qui in gioco un dato essenziale di ogni esperienza cristiana, che è indubbiamente l’unica condizione per essere toccati dalla grazia e per potervi acconsentire. Paolo esprime questo dato più o meno negli stessi termini: costretto dagli avversari a elencare tutti i propri meriti, nella speranza di far accettare la sua testimonianza, comincia con il vantarsi di tutto quello che ha ricevuto e che lo pone in buona luce agli occhi di quanti dubitano della sua missione. Ma alla fine preferisce vantarsi delle proprie debolezze: “Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di Satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: ‘Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza’. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole è allora che sono forte” (2Cor 12,7-10). In cosa consista concretamente questo ‘inviato di Satana’ incaricato di schiaffeggiare Paolo non interessa il nostro discorso. Tuttavia, dal contesto, sembra trattarsi di una forma di tentazione nella quale Paolo era messo di fronte in modo bruciante alla propria debolezza, al punto che cercava rifugio nella preghiera e supplicava il Signore di liberarlo. Forse Paolo aveva paura di fronte alla propria debolezza? Era forse un’idea per lui intollerabile? In ogni caso, Gesù non cede: la tentazione non viene risparmiata a Paolo, perché è molto più vantaggioso per lui restare nella tentazione in modo da imparare come la potenza di Dio è capace di agire al cuore della debolezza. Né la forza di Paolo, né la sua vittoria personale hanno qui importanza, ma unicamente la sua perseveranza nella tentazione e, al contempo, nella grazia. La grazia non viene a innestarsi sulla nostra forza o sulla nostra virtù, ma unicamente sulla nostra debolezza. Allora basta ampiamente, e noi siamo forti solo quando la nostra debolezza ci diventa evidente: è il luogo benedetto in cui la grazia di Gesù può sorprenderci e invaderci. (André Louf, Lo Spirito Santo prega in noi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Luglio 2020ultima modifica: 2020-07-12T22:08:55+02:00da fraternidade
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