Giorno per giorno – 25 Maggio 2020

Carissimi,
“Adesso credete? Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 31-33). Adesso credete? Gesù ce lo potrebbe chiedere ancora, ogni volta che, in comunità (chi lo può in questo tempo di prudente riapertura delle chiese), o da soli, si recita il Credo, forse troppo meccanicamente e senza soffermarsi a pensare al significato di quelle formule che così poco sembrano aver a che fare con la nostra vita. Ma, più in generale, potrebbe chiedercelo ogni volta che ci professiamo, o anche solo ci pensiamo, cristiani. Davvero credete di esserlo? Eppure, ci capita così spesso di lasciarlo, come allora, solo e di andarcene ciascuno per conto proprio, dimenticando che la fede in Lui avrebbe dovuto fare di noi pane per la vita del mondo. Ma dove? Quando? Se il Sistema ci ha ridotto alla sua logica, portandoci a schierarci dalla parte di potenti, ricchi e privilegiati, vuol dire che già non crediamo più in Lui, crediamo nel Mammona dell’iniqua ricchezza. Là dove il Sistema invece perseguita, calunnia, ostacola, minaccia la profezia nella Chiesa (ma anche fuori di essa), con operazioni mirate volte a distruggerne la presenza e l’azione in difesa della pace, della giustizia, della vita e del creato, Gesù ci fa sapere che siamo dalla parte giusta, e che Lui, dalla Croce, ha già vinto il Principe del mondo, anche e soprattutto quando, per ingannare meglio coloro ai quali, tutto sommato, fa spesso comodo lasciarsi ingannare, si maschera, come pare essere sempre più di moda, di devozionismo religioso. O anche laico. Svendendo valori che fanno colpo, al fine di conquistare o mantenere il potere. Che lo Spirito del Crocifisso-Risorto ci illumini e ci guidi nel retto cammino.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Maria Maddalena de’ Pazzi, monaca carmelitana e mistica, e di Dave Dellinger, combattente della pace per tutta la vita.

Caterina (questo il nome con cui fu battezzata) era nata a Firenze il 2 aprile 1566 da Maddalena Maria Buondelmonti e da Camillo di Geri de’ Pazzi. Sedicenne era entrata nel Monastero carmelitano di Santa Maria degli Angeli, dove aveva preso il nome di suor Maria Maddalena. Dopo la professione religiosa, il 27 maggio 1584, cominciò a ricevere, in stato di estasi, rivelazioni dall’alto, il cui contenuto fu, per volontà dei suoi direttori di spirito, annotato dalle consorelle e raccolto in quattro grossi volumi di manoscritti originali. Dal 1585 al 1590 sperimentò una tremenda notte spirituale, con tristezza, scoraggiamento e aridità. Nel frattempo le sue “voci” le chiesero di promuovere il rinnovamento della Chiesa, dirigendo esortazioni e ammonizioni alle sue gerarchie. Nell’ottobre 1598 le fu dato l’incarico di maestra delle novizie, che esercitò con grande spirito di dedizione, finché nell’autunno 1602 si manifestarono i primi sintomi di quella tubercolosi che l’avrebbe costretta a letto nel 1604, e portata alla morte il 25 maggio 1607.

David Dellinger era nato il 22 agosto 1915 a Wakefield, nel Massachusetts, da una facoltosa famiglia. Studiò a Yale e Oxford, ma anche teologia all’Union Theological Seminary, a Manhattan. Durante la Grande Depressione, tuttavia, lasciò gli studi e le sicurezze del suo ambiente, per andare a vivere con i senza-tetto. Obiettore di coscienza durante la Seconda Guerra Mondiale, continuò per tutti gli anni successivi, le sue battaglie per la pace, con metodi gandhiani, in difesa dei diritti civili e per un cambiamento nonviolento della società. Essendo, a motivo di ciò, ripetutamente arrestato e imprigionato. Fu amico di Martin Luther King, Eleanor Roosvelt, Abraham Muste, Ho Chi Minh. Contratto il morbo di Alzheimer, si spense il 25 maggio 2004. Qualche tempo prima di morire, scrisse questi pochi versi che ne riassumono con ironica semplicità la testimonianza: “Amo tutti, /anche chi non è d’accordo con me. // Sì, amo tutti, / persino coloro che la pensano come me. // Amo tutti, / ricchi e poveri, / amo i figli delle diverse razze, / compresi gli indigeni, / ovunque essi vivano, in questo paese o altrove. // Amo tutti, / di qualsivoglia religione, e anche gli atei. // E le persone che meditano, ovunque questo li conduca. // Amo tutti, / nel mio cuore e nel mio quotidiano”.

I testi che la liturgia odierna propona ella nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.19, 1-8; Salmo 68; Vangelo di Giovanni, cap.16, 29-33.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Ieri ricorrevano i cinque anni dell’enciclica Laudato Si’ con cui papa Francesco rivolgeva “un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta”. Per aiutarci in questo dialogo il papa ha indetto un Anno speciale per riflettere sull’Enciclica, dal 24 maggio di quest’anno fino al 24 maggio del prossimo anno, invitando tutte le persone di buona volontà ad aderire, per prendere cura della nostra casa comune e dei nostri fratelli e sorelle più fragili. Lo faremo certo anche noi.

In occasione dei 25 anni dell’Enciclica Ut Unum Sint, che, pur assai prudente nel’aprire nuovi cammini in tema di ecumenismo, i tradizionalisti denunciarono come eredità vergognosa di Giovanni Paolo II, papa Francesco ha scritto una lettera al card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in cui dice tra l’altro: “In questo anniversario, rendo grazie al Signore per il cammino che ci ha concesso di compiere come cristiani nella ricerca della piena comunione. Anch’io condivido la sana impazienza di quanti a volte pensano che potremmo e dovremmo impegnarci di più”. Ricorda tuttavia che “l’unità non è principalmente il risultato della nostra azione, ma è dono dello Spirito Santo. Essa tuttavia non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino”. Invita, perciò, a invocare “fiduciosi lo Spirito, perché guidi i nostri passi e ognuno senta con rinnovato vigore l’appello a lavorare per la causa ecumenica; Egli ispiri nuovi gesti profetici e rafforzi la carità fraterna tra tutti i discepoli di Cristo, “perché il mondo creda” (Gv 17,21) e si moltiplichi la lode al Padre che è nei Cieli”.

Ed è tutto, per stasera. In chiusura, scegliamo di proporvi una citazione dell’Enciclica “Ut Unum Sint”, che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Non c’è vero ecumenismo senza conversione interiore”. Il Concilio chiama sia alla conversione personale che a quella comunitaria. L’aspirazione di ogni Comunità cristiana all’unità va di pari passo con la sua fedeltà al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento della mente. Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e, senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo. Con l’ecumenismo la contemplazione delle “meraviglie di Dio” (mirabilia Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio Trinitario suscita l’azione di grazie: la percezione che lo Spirito agisce nelle altre Comunità cristiane, la scoperta di esempi di santità, l’esperienza delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il contatto con aspetti insospettabili dell’impegno cristiano. Per correlazione, il bisogno di penitenza si è anch’esso esteso: la consapevolezza di certe esclusioni che feriscono la carità fraterna, di certi rifiuti a perdonare, di un certo orgoglio, di quel rinchiudersi non evangelico nella condanna degli “altri”, di un disprezzo che deriva da una malsana presunzione. Così la vita intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa. Nel magistero del Concilio vi è un chiaro nesso tra rinnovamento, conversione e riforma. Esso afferma: “La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui essa stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno, in modo che se alcune cose sono state, secondo le circostanze di fatto e di tempo, osservate meno accuratamente, siano in tempo opportuno rimesse nel giusto e debito ordine”. Nessuna Comunità cristiana può sottrarsi a tale appello. (Giovanni Paolo II, Ut unum sint, 15-16).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Maggio 2020ultima modifica: 2020-05-25T22:13:31+02:00da fraternidade
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