Giorno per giorno – 24 Maggio 2020

Carissimi,
“Gesù si avvicinò e disse loro: A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 18-20). Forse in ossequio al nome della festa (la radice skand di ascensione designa tanto il salire quanto lo scendere), che celebra Gesù che sale al Padre (ma è un Padre che scende continuamente per incitare i suoi figli a liberarsi da ogni oppressione, cf Es 3, 8), la liturgia di oggi ce lo mostra scendere una volta di più, per restare definitivamente con noi, attraverso il suo Spirito – il suo Spirito di crocifissso per amore – perché a nostra volta battezziamo (=immergiamo) nell’amore trinitario tutti (!) i popoli. Missione tremenda, tradita ad ogni passo. Ascensione, dunque. Qui la vera trascendenza: superare ogni volta l’io che ci imprigiona in lotte e strutture antagoniste di potere, per vivere il sacramento di un Dio che si fa tutto a tutti, per saziarne il desiderio di vita e di felicità.

La solennità dell’Ascensione di Gesù al Cielo conclude il ciclo dell’esistenza terrena di Gesù. La sua base scritturistica è data dal racconto che ne fa Luca negli Atti degli apostoli: “Dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio” (At 1, 2-3). Circa la sua localizzazione, gli Atti menzionano esplicitamente il monte degli Ulivi, affermando che, dopo l’ascensione, gli apostoli “ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato” (At 1, 12). Per la Chiesa catttolica e le Chiese protestanti, la celebrazione si tiene 40 giorni dopo la Pasqua, il giovedì sucessivo alla VI domenica di Pasqua (in alcuni Paesi, come il nostro, è però spostata alla domenica successiva).

I testi che la liturgia della Solennità dell’Ascensione propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.1, 1-11; Salmo 47; Lettera agli Efesini, cap.1, 17-23; Vangelo di Matteo, cap.28, 16-20.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane ed è volta ad ottenere il dono dell’unità, nella salvaguardia e nella valorizzazione dei loro rispettivi carismi e differenze.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Susanna, John e Charles Wesley. La data, contrariamente a ciò che in genere facciamo, non ricorda il loro dies natalis, il giorno cioè del loro passaggio all’eternitá, ma quello della “rinascita” di John Wesley, celebrata anche nella Comunione Anglicana.

Susanna, venticinquesima figlia di Samuel Annesley, era nata nel 1669 e, ventenne era andata sposa a Samuel Wesley (1662-1735), pastore della Chiesa d’Inghilterra, a cui avrebbe dato quindici figli, tre soli dei quali sopravvissuti: Samuel, nato il 10 febbraio 1690, John, il 28 giugno 1703, e Charles, il 18 dicembre 1707. Di lei si racconta che, durante le frequenti assenze del marito, aveva preso l’abitudine di invitare a casa familiari e vicini per leggere la Scrittura e i suoi commentari, riuscendo in poco tempo a riunire più di duecento persone. Il fatto non mancò di suscitare la reazione gelosa del curato, che non sopportava l’idea che una donna potesse prendere simili iniziative. Scrisse perciò al di lei consorte, perché la richiamasse all’ordine. Questi gli rispose: Reverendo, io mi sarei aspettato che Lei, ponendo il problema, avrebbe anche prospettato la soluzione più ovvia, e cioè che andasse Lei, il sabato sera, a leggere i sermoni a casa mia. Ma se non vuole far questo, mi metta ben chiaro per iscritto il divieto esplicito al proseguimento di questa iniziativa. Io mi premurerò di presentarlo a Chi di dovere, quando saremo chiamati io e Lei al supremo tribunale di nostro Signore Gesù Cristo! Pare che il curato non se la sia sentita di replicare. Nacque così di fatto la pratica del metodismo, che John e Charles appresero dunque dalla madre. Susanna morirà, poco più che settantenne, il 23 luglio 1742. Tornando a ritroso nel tempo, quando John fu mandato a studiare a Oxford, dovette presto fare i conti con lo scetticismo religioso dell’ambiente studentesco. Per resistere ad esso, assieme al fratello Charles e alcuni amici, costituí un’associazione con regole molto esigenti: tutti i membri si impegnavano a studiare “metodicamente” la Bibbia, a partecipare settimanalmente alla Santa Cena, ad essere generosi nell’aiuto ai poveri. Scherzosamente furono chiamati il “Santo Club” o anche “metodisti”, nome che sarebbe rimasto in seguito al movimento wesleyano. Divenuto pastore, John entrò presto in contatto con i fratelli Moravi, e per loro tramite con il Pietismo tedesco e la tradizione luterana. Nella notte del 24 maggio 1738, ascoltando la prefazione di Lutero alla Lettera ai Romani, Wesley visse una straordinaria esperienza spirituale: “sentì” con profonda commozione del cuore che Cristo gli aveva perdonato i suoi peccati e decise che a partire da allora avrebbe collocato solo in Cristo la sua speranza di salvezza. Abbandonate le antiche posizioni ritualiste, dedicò tutta la sua vita a diffondere un’esperienza religiosa centrata sulla scoperta dell’amore di Dio, del perdono e della salvezza gratuita. Apertamente osteggiato dalla gerarchia della chiesa anglicana, aprí il ministero della predicazione ai laici, quale logica conseguenza della dottrina del sacerdozio universale dei fedeli. Diresse le sue attenzioni soprattutto alle grandi periferie proletarie, inaugurando così l’unione tra predicazione e opere sociali, tipica del Metodismo. Davanti alle esigenze dell’azione missionaria, lui, semplice pastore, cominciò ad ordinare altri pastori. Per cinquant’anni si dedicò interamente alla predicazione itinerante. Morì il 2 marzo 1791. Charles, dal canto suo, si dedicò soprattutto alla composizione di inni: ne scrisse circa 6500, fino alla morte, avvenuta il 29 marzo 1788.

E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di un “Sermone del giorno dell’Ascensione” di Dietrich Bonhoeffer. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La gioia dell’ascensione: bisogna essere diventati interiormente molto silenziosi per percepire il suono quasi impercettibile di queste parole. La gioia vive del silenzio e dell’incomprensibilità: essa non è comprensibile. Il comprensibile non riempie mai di gioia: questa si accende di fronte a ciò che è incomprensibile eppur vero, reale e vivo. Perciò anche la vera gioia è sempre qualcosa di incomprensibile, sia per gli altri e sia per colui che la prova. La gioia è semplicemente lì, la gioia dell’ascensione è semplicemente lì dove nella Chiesa si parla dell’innalzamento di Cristo al di sopra di tutto il mondo e del suo ritorno, dove egli incontra personalmente nel sacramento la sua comunità, che nella gioia attende. Essa è lì, non in maniera rumorosa, bensì in maniera sommessa: teme il mondo, teme il peccato; è lì come la gioia dei servi che hanno atteso con le lampade accese il ritorno del padrone (Lc 12, 35-40). Tutta la gioia di Cristo in questo mondo è infatti un’attesa gioiosa, e chi tradisce mai rumorosamente la propria attesa gioiosa? Eppure quale gioia è più intensa dall’attesa gioiosa? Attesa gioiosa, ma attesa di che? Attesa delle cose ultime. Perché il Signore celeste, che nel sacramento e nella fede placa la fame e la sete della sua comunità sospirante, il Signore che non vediamo e che ciò nonostante amiamo, ritornerà. Il sipario si alzerà. Lo vedremo faccia a faccia (1Cor 13,12). Verrà ancora una volta su questa terra, in cui noi siamo stranieri, e introdurrà nella patria del Padre celeste i senza patria, che nella Chiesa hanno sperato, credendo in Dio, la nuova terra. Allora il tempo della Chiesa in attesa sarà finito, allora sarà arrivata la fine del tempo della fede, allora la gioia non sarà più avvolta in una paura repressa, sarà il tempo del compimento, della contemplazione aperta, la beatitudine. (Dietrich Bonhoeffer, Sermone del giorno dell’Ascensione, 25 maggio 1933).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Maggio 2020ultima modifica: 2020-05-24T22:25:48+02:00da fraternidade
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