Giorno per giorno – 17 Maggio 2020

Carissimi,
“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi” (Gv 14, 15-17). Istruzioni di Gesù ai suoi nell’imminenza della sua dipartita. Che non sarà però definitiva, tanto è vero che egli si premura di aggiungere subito: “Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi” (v. 18). Lo farà attraverso il suo Spirito, il Paraclito, che significa il “chiamato vicino”, che ha la funzione di ricordarci la Verità di cui Gesù è stato latore, perché noi la si possa poi incarnare nelle nostre vite. Questo Spirito di Verità così incompatibile con il Sistema del Dominio (il “mondo”), noi, cedendo alle lusinghe di questo, possiamo venire a perdercelo. Ora, come possiamo sapere se siamo davvero abitati e animati da Colui che è lo Spirito del Crocifisso-risorto? Stamattina, ci è venuta in mente una frase di Gandhi che suona più o meno così: “Non esiste una strada per la Pace, la Pace è la strada”. La verità è nei mezzi che ti dai per affermarla. La verità di Gesù è racchiusa nel supremo atto di nonviolenza rappresentato dalla Croce. Che potremmo riassumere così: non c’è nessuna verità, tanto meno la verità del Dio-Amore, che possa imporsi con un atto di violenza (che, nel nostro caso, neghererebbe l’amore di Dio, cioè Dio stesso). Così, nell’evento della croce, è come se egli dicesse: “Se affermare la mia verità esige la morte di qualcuno, preferisco sia la mia, e quella di nessun altro, fosse pure il mio nemico”. Coerentemente la lettera di Pietro propostaci nella liturgia di oggi ammoniva: “Se mai doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate, ma siate sempre pronti a rispondere con dolcezza e rispetto a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3, 14-15). “Con dolcezza e rispetto”. Siamo in tempi in cui, sempre di più, si usa esternare le proprie opinioni come verità assolute, con strepiti, grida, insulti, calunnie, menzogne e violenze. E passi se a farlo sono coloro che non si riconoscono nel Vangelo di Gesù, ma è imperdonabile quando lo fa chi si presenta come cristiano, trascurando il fatto che così facendo svuota la Croce di tutto il suo significato. Generando, spesso, comprensibilmente, l’ateismo della protesta.

I testi che la liturgia di questa 6ª Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.8, 5-8. 14-17; Salmo 66; 1ª Lettera di Pietro, cap.3, 15-18; Vangelo di Giovanni, cap.14, 15-21.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il calendario ci porta oggi la memoria dei 29 Martiri di Shimabara e Unzen, in Giappone.

Nel secolo XVI il Giappone era nominalmente governato da un imperatore, ma di fatto era diviso in 76 feudi, a capo di ognuno dei quali c’era un daimyô (feudatario). A partire dal 1568, uno di essi, Oda Nobunaga era riuscito a estendere militarmente il suo dominio su alcuni territori vicini, dando così inizio al processo di unificazione dell’Impero del Sol Levante. Sotto il suo governo, i missionari, giunti nel Paese vent’anni prima, ebbero modo di lavorare efficacemente all’evangelizzazione delle popolazioni shintoiste e buddhiste. Le cose cominciarono a cambiare quando, con l’assassinio di Oda, nel 1582, assunse il potere Toyotomi Hideyoshi, un suo generale. Questi, nel 1587, emanò un editto, in seguito ritirato e poi reiterato, che ordinava l’espulsione di tutti i missionari. In ogni caso, nel primo decennio del secolo XVII, sotto il governo dello shôgun Tokugawa Ieyasu, i cristiani riuscirono a vivere tranquilli e persino a incrementare il loro numero. Ma, nel 1614, quando il potere nominale era già nelle mani del figlio Hidetada, affidò a un monaco zen nome Suden la redazione di un editto che, bollando il cristianesimo come “jakyô” (religione malvagia), segnò l’inizio di una feroce persecuzione, che prevedeva il definitivo allontanamento dei missionari, la distruzione delle chiese e il forzato ritorno dei cristiani all’antica religione. Nel 1623 lo shôgun Tokugawa Iemitsu, subentrato solo diciannovenne a Hidetada, iniziò una violenta persecuzione contro chi si ostinava a restare cristiano. Fu in queste circostanze che, nel feudo del daimyô Matsukura Nobushige, nelle date del 21 e 28 febbraio e del 17 maggio 1627, 29 cristiani, tutti laici, uomini, donne e un bambino, imprigionati e torturati nei giorni immediatamente precedenti, vennero messi a morte. Del gruppo facevano parte Paolo Uchibori Sakuemon (sposato), con i tre figli Baldassarre, Antonio (18 anni) e Ignazio (5 anni); Gaspare Kizaemon, Maria Mine, con il marito Gioacchino Mine Sukedayu, Gasparre Nagai Sônan (sposato), Ludovico Shinzaburô, Dionisio Saeki Zenka con suo figlio Ludovico, e il nipote Damiano Ichiyata (sposato), Leo Nakayama Sôkan con suo figlio Paolo, Giovanni Kizaki, Giovanni Heisaku (sposato), Tommaso Shingorô, Alessio Shôhachi, Tommaso Kondo Hyôuemon (sposato) e Giovanni Araki Kenshichi, Paolo Nashida Kyûri, Maria, Giovanni Matsutaki, Bartolomeo Baba Hanuemon, Luigi Sukeuemon, Paolo Onizuka Magouemon, Luigi Hayashida Sôka con la moglie Maddalena e il figlio Paolo.

“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 9-10). Oggi si celebra la Giornata di lotta contro a Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Triste che queste forme di odio, disprezzo, violenza e morte, così simili alla xenofobia, al razzismo, all’antisemitismo, trovino ancora spazio anche in ambienti che si pretendono cristiani. Giornata, perciò, per noi, di preghiera, riflessione, assunzione di impegno perché tutto questo abbia fine.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura e daa pregare una “Nuova preghiera della Serenità” elaborata dal gesuita nordamericano P. James Martin che, sui temi della Giornata odierna, si è fatto conoscere come operatore di dialogo e costruttore di ponti. È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Dio, dammi la serenità / di accettare le persone che non posso cambiare, / cioè, praticamente, tutti, / dal momento che chiaramente non sono te, Dio. / Almeno non l’ultima volta che ho controllato. // E mentre ci sei, Dio, / dammi per favore il coraggio / di cambiare ciò di cui ho bisogno di cambiare in me stesso, / il che francamente è molto, poiché, una volta di più, / io non sono te, il che significa che non sono perfetto. / È meglio che mi concentri sul cambiare me stesso /che preoccuparmi di cambiare qualcun altro, / che, come certo ricorderai, mi ha detto: / non posso proprio cambiare. // Infine, dammi la saggezza di stare zitto / ogni volta che penso di essere ovviamente più intelligente / di chiunque altro in questo spazio, / e che nessuno sappia di cosa si stia parlando tranne me, / o che solo io ho tutte le risposte. // Soprattutto, Dio, / concedimi la saggezza di ricordare che io non sono te. // Amen. (P. James Martin, A New Serenity Prayer).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Maggio 2020ultima modifica: 2020-05-17T22:53:54+02:00da fraternidade
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