Giorno per giorno – 17 Dicembre 2019

Carissimi,
“Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa” (Mt 1, 3-6). Nel presentarci la genealogia di Gesù, in questi quattro versetti l’evangelista menziona quattro nomi di donne. Se proprio avesse dovuto farlo, ci dicevamo stamattina, sarebbe stato più opportuno citare le quattro matriarche di Israele: Sara, Rebecca, Rachele e Lia. Spose dignitose dei tre patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe. E invece, no. Presentando il simbolico albero genealogico del figlio di Dio, la chiara intenzione è di mostrare che egli non si sceglie una ascendenza pura e immacolata, ma assume la nostra storia così com’è, fatta ovviamente di cose belle e di imprese valorose, ma anche di vizi, peccati e atrocità, dove uomini e donne, stranieri o no, si rendono protagonisti di vicende di incesto (Giuda e Tamar), prostituzione (Racab, cananea), adulterio e omicidio (Davide e la moglie di Uria, hittita), o semplicemente includendo la figlia di un popolo da sempre nemico e disprezzato (Rut, la moabita). Noi, di questo, si parlava nei giorni scorsi alla chácara di recupero, dove, tra gli amici, spesso affiora il sentimento di indegnità che viene loro di provare rispetto alle vie di Dio. Ebbene, il vangelo si apre proprio con questa buona notizia, che sgombra il campo di ogni possibile ambiguità: non siamo noi con i nostri sforzi e presunti meriti che potremo mai dare la scalata al cielo, ma è Dio stesso che amorosamente si è chinato sulla nostra vita, discendendo fino all’ultimo di noi, per restituirci, graziosamente e gratuitamente, alla nostra dignità di figli, resi capaci, a nostra volta, di divenire solidali con ogni sorta di umanità perduta. Il mistero del Natale che ci prepariamo a celebrare ci ricorda anche questo.

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di Jalâl âlDin Rûmi, mistico islamico.

Jalâl âlDin Rûmi nacque il 6 Rabî I dell’anno egiriano 604 (corrispondente al 30 settembre 1207), a Bakl (che all’epoca apparteneva alla Persia, ma oggi è in territorio afgano), nella famiglia di Mu’mina Khâtûn e di Bahâ âlDîn Wâlad, mistico famoso, conosciuto come il “Sultano dei Saggi”. Per sfuggire alle invasioni dei mongoli di Gengis Khan, il padre con tutta la famiglia abbandonò il paese e, accettando l’invito del sultano di Konya (nell’attuale Turchia), si stabilì in quella città, dispensando lì il suo insegnamento religioso. Alla sua morte, nel 1231, il suo incarico nella scuola teologica fu assunto dal figlio Rûmi. Già influenzato dal sufismo, Jalal, nel 1244, incontrò un personaggio tanto affascinante quanto misterioso, Shams-i Tabriz (il Sole di Tabriz), che divenne sua guida spirituale. Questo evento mutò radicalmente la vita di Rûmi, che decise di abbandonare l’insegnamento e si dedicò interamente ad approfondire il pensiero del maestro, consacrando la sua vita alla poesia, alla musica e alla danza estatica. Per cantare bellezza, ebbrezza e dolcezza dell’amore di Dio. Rûmi morì a Konya, il 17 dicembre 1273 (il 5 Jumada dell’anno egiriano 672), dopo aver fondato una confraternita di “dervisci rotanti”, la Maulawiyya, e lasciando numerosi poemi mistici, i più famosi dei quali sono il Dīvān-e Šhams-e Tabrīzī (Il Canzoniere di Shams-i Tabrīz”), di circa 40 mila versi, e il Mathnavī-yi Mànavi (“Distici Spirituali”), che fu definito un Corano in lingua persiana e consta di oltre 26.000 distici, raccolti in sei volumi.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap. 49,2.8-10; Salmo 72; Vangelo di Matteo, cap. 1,1-17.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

Auguri, accompagnati dalla preghiera, anche da parte nostra, a Papa Francisco per i suoi 83 anni: “Ad multos, multos, ma proprio, multos annos!”.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Jalâl âlDin Rûmi, tratto dal suo Mathnawi (Bompiani), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’ordine: “Venite… per forza” è per colui che è diventato un discepolo cieco; “Venite… obbedienti” è per colui che è tutto sincerità. [Corano 41 a 11]. / Il primo ama Dio per amore di qualcosa, mentre l’altro di un amore puro e disinteressato. / Il primo ama la nutrice per il suo latte, l’altro ha dato il suo cuore per amore della sua bellezza. / Il bambino non conosce la sua bellezza, non ha desiderio per lei nel suo cuore: solo per il suo latte, / mentre l’altro è veramente innamorato della nutrice: è tutto amore e non ha altra speranza né desiderio. / Ecco perché colui che ama Dio per speranza e paura legge accuratamente il libro dell’imitazione cieca, / mentre quello che ama Dio per Dio… dov’è? È lontano dagli interessi personali e dalle cause. / Sia come questo o come quello, se è alla ricerca di Dio la seduzione di Dio lo attira verso Dio. / Se ama Dio per qualcos’altro che Lui, al fine di poter avere sempre una parte dei Suoi beni, / o se ama Dio per Lui stesso, per null’altro che Lui, e teme d’essere separato da Lui, / le indagini e le ricerche di entrambi vengono dalla Sorgente: i loro cuori sono stati rapiti da Colui che rapisce i cuori. (Jalâl âlDîn Rûmî, Mathnawî, III, 4590-4600).

Ricevete l’abbraccio di vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Dicembre 2019ultima modifica: 2019-12-17T22:04:06+01:00da fraternidade
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