Giorno per giorno – 18 Dicembre 2019

Carissimi,
“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 20-21). Storia unica, e in questo senso irripetibile, di allora, eppure anche storia di oggi, di ciascuno di noi. Anche noi come Giuseppe, “aggiunti” da Dio – come vuole l’etimologia del nome -, alla cerchia dei chiamati. Thiago, uno degli amici della chácara di recupero, diceva nei giorni scorsi che gli è abbastanza chiaro il messaggio e la proposta che rappresenta Gesù, ma che gli fa molto problema la chiesa, anzi le chiese in questa concorrenza, spesso sleale, che si fanno per rivendicare il monopolio della verità. Tutto vero, e ci sarà bisogno di fare opera di discernimento, alla luce dell’evento e del significato di Gesù, per aggiungerci al corpo di una comunità. Con la consapevolezzza, tuttavia, che senza la comunità che è la Chiesa, e la sua vicenda millenaria, spesso problematica e piena di pecche, ma anche con una sua storia di ininterrotta fedeltà fino al martirio, il vangelo di Gesù non sarebbe giunto fino a noi. Non ci si salva da soli, fuori dalla storia concreta della comunità umana, da soli si può solo morire, tanto siamo interdipendenti sotto ogni aspetto della nostra vita. A noi, come a Giuseppe, è chiesto di non aver paura, nel prendere in custodia la comunità (Maria), da sempre gravida della Parola di Dio, che è trasmessa a noi, affinché noi diamo a essa, nella concreta pratica della nostra vita, il nome di Gesù, Dio-salva. Sempre, soltanto e tutti.

Oggi facciamo memoria di Auguste Valensin, filosofo e mistico, appassionato di Gesù, e di Michel Quoist, prete e maestro spirituale.

Auguste Valensin nacque a Marsiglia il 12 settembre 1879 da padre ebreo, medico, convertito al cristianesimo. Entrò a vent’anni nella Compagnia di Gesù e fu ordinato sacerdote nel 1910. Insegnò filosofia nello studentato dell’Ordine, a Lione, fino al 1920. La pubblicazione, con padre Yves de Montcheuil, di un lavoro sul filosofo Maurice Blondel, di cui, tra l’altro, era amico, gli valse la censura e l’allontamento dall’insegnamento nel 1935. Lasciò perciò Lione per Nizza, dove rimase fino al 1953, anno della sua morte, avvenuta il 18 Dicembre 1953. Poche ore prima di morire, quando l’infermiera della clinica dov’era ricoverato si avvicinò alla finestra per chiuderne le imposte, disse: “Oh, no, vi prego! Lasciate entrare la luce! Lasciate entrare il sole! È un annuncio gioioso di quello della Morte! Vado all’incontro di Dio, all’incontro di mio Padre, della Bontà, della Tenerezza”. Uomo di profonda spiritualità, assai provato dalla sofferenza fisica, non aveva mai cessato di tramettere, tanto nelle sue lettere come nei suoi libri, la scoperta che egli considerò fondamentale dell’immensa tenerezza di Dio.

Michel Quoist era nato a Le Havre (Francia) il 18 giugno 1921 da padre ateo e da madre fervente cattolica. La morte improvvisa del padre, lo costrinse, solo dodicenne, a impiegarsi come fattorino. In quegli stessi anni entrò nella JOC, la Gioventù operaia cristiana, e, nel 1936, visse la stagione degli scioperi del Fronte Popolare, che appoggiò con convinzione, scoprendo la necessità e l’efficacia delle lotte operaie. Partecipando come barelliere in un pellegrinagio diocesano a Lourdes, nel 1938, fece la conoscenza di un prete, che favorì in lui il sorgere della vocazione sacerdotale. Entrò così a diciotto anni in seminario, prima a Meaux, poi a Rouen. Alla vigilia dell’ordinazione suddiaconale si ritrovò improvvisamente quasi completamente cieco. Dopo inutili controlli in vari ospedali, quando ormai pensava non ci fosse più nulla da fare, ricuperò altrettanto repentinamente la vista. Ordinato prete il 1º Luglio 1947, studiò con risultati brillanti scienze sociali e politiche all’Institut catholique de Paris. In seguito fu nominato vicario di una popolosa parrocchia di Le Havre e gli fu affidato il coordinamento dei movimenti giovanili dell’intera regione. Contemporaneamente contribuì al sorgere del CEFAL, la Commissione episcopale francese per l’America Latina, dove soggiornerà frequentemente, dedicando gran parte del suo tempo a corsi di formazione, ritiri, conferenze e scrivendo numerosi libri di spiritualità, che segneranno tutta una generazione. Nel 1970 fece definitivamente ritorno in patria, svolgendo numerosi incarichi pastorali. Nel dicembre 1996, i medici gli diagnosticarono un tumore al pancreas. Morì l’anno successivo, il 18 dicembre 1997, dopo aver ultimato il suo ultimo libro: “Costruire l’uomo”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap. 23, 5-8; Salmo 72; Vangelo di Matteo, cap. 1,18-24.

La preghiera del mercoledì è in comunione con i cercatori dell´assoluto, lungo i sentieri non istituzionali della lotta per la giustizia, la pace, la comprensione tra popoli e individui.

Oggi è la Giornata Internazionale di Solidarietà con i Migranti. Sorta nel 1997 per iniziativa di numerose organizzazioni per i migranti di alcune regioni dell’Asia, che intendevano così ricordare la Convenzione Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dal Consiglio Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, l’iniziativa è stata fatta propria dall’ONU il 4 dicembre 2000. La Giornata intende promuovere il rispetto e la tutela dei diritti fondamentali dei migranti, nonché il riconoscimento del contributo da essi portato alle economie ed al benessere dei paesi di accoglienza e di origine. E speriamo in bene, anche lì da voi.

È tutto. Eccovi, in chiusura, una preghiera di August Valensin, tratta dal suo “La Joie dans la foi” (Éditions Montaigne), che vi proponiamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Tu mi segui, o mio Dio, o mio Padre, indulgente e tenero, come se avessi solo paura che io abbia paura… Questo è così bello che non posso, lo sento, provarne in me tutta la bellezza. Dovrei vivere in uno slancio di gioia continua… Ciò che è certezza in me, devo sforzarmi di farlo diventare, a lungo andare, e sempre più, sentimento. Ripetendolo a me stesso, non devo approfondirlo, come se si trattasse di una teoria da chiarire; ma lasciarmene penetrare. Con cui familiarizzarmi. Vivere in questa atmosfera continuamente! Padre mio, Padre infinitamente tenero. Padre che ami me, proprio me, indegno come sono (ma non voglio pensarci!), aiutami ad esserti filiale! Che io possa capire chi sei, sempre di più, e che io possa essere ardente, abile a “far conoscere il tuo vero nome”. (Auguste Valensin, La joie dans la foi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Dicembre 2019ultima modifica: 2019-12-18T22:05:30+01:00da fraternidade
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