Giorno per giorno – 11 Novembre 2019

Carissimi,
“È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli” (Lc 17, 1-3). Due istruzioni ai discepoli: una sulla gravità dello scandalo, l’altra sulla correzione fraterna e la necessità del perdono. Dove, per scandalo non si intende, come ci dicevamo stamattina, quel che è entrato nel linguaggio comune di qui, una reazione scomposta, eccessiva, rumorosa a un qualche avvenimento, ma, in questo contesto, un ostacolo concreto che è posto al cammino di fede dei più piccoli, deboli, ultimi. Di quanti, spesso sfiduciati, si avvicinano alla comunità, nella speranza di trovarvi uno spazio promettente di vita, benedizione, riscatto, comunione e fraternità, come anche di sfida e di impegno personale. Ora, scoprirvi il prevalere della stessa logica, già sperimentata “fuori”, nel mondo, nelle sue espressioni di dominio, sfruttamento, oppressione, intolleranza, violenza, esclusione, ecco lo scandalo che può indurre a una ritirata spesso senza ritorno, non solo in termini spaziali, ma sul piano delle scelte di fede e di vita. Questo vale anche quando ci si riferisca ad una fede non esplicitamente riferita a Gesù, ma, più genericamente, a ciò che egli significa: promessa di vita. Al compimento della quale i credenti non possono, con i loro atteggiamenti, scelte, parole, ma anche silenzi e omissioni, porsi come ostacolo. A chi scegliesse di farlo, Gesù, con un’affermazione paradossale che ne esprime tutta la gravità, dice che sarebbe meglio che si affogasse. Non, perciò, di lasciare affogare gli altri, con le loro speranze. Ora, chi sbaglia possa trovare chi lo rimprovera e una comunità comprensiva che lo riporti sul retto cammino della testimonianza all’evangelo di Gesù.

Il nostro calendario ci porta oggi due belle memorie: Martino di Tours, pastore e difensore dei deboli, e Sören Kierkegaard, filosofo appassionato di Cristo.

Martino nacque in Pannonia (l’attuale Ungheria), nella famiglia di un ufficiale dell’esercito romano nell’anno 330 circa. Giovanissimo si arruolò anche lui nella cavalleria imperiale, e prestò servizio in Gallia. È a questo periodo che potrebbe risalire, se fosse storico, l’episodio del mantello diviso in due per aiutare un mendico a proteggersi dal freddo. Nel 356, divenuto cristiano, decise di lasciare l’esercito, dicendo: “Finora ho servito fedelmente Cesare, adesso lasciatemi servire Cristo”. Accusato di viltà dai suoi ex-commilitoni (i cappellani militari non c’erano ancora a dar loro man forte!), si offrì di restare privo di armi nel bel mezzo di una battaglia. Si diresse poi alla città di Poitiers, dove divenne collaboratore del vescovo Ilario che, nel 360 lo ordinò presbitero. L’anno successivo fondò a Ligugé il primo monastero della Gallia e, nel 371, fu eletto vescovo di Tours. Intraprese un’opera di evangelizzazione piuttosto rozza nelle forme e poco rispettosa delle tradizioni religiose delle campagne, ma seppe, in compenso, conquistarsi il favore delle popolazioni contadine, prendendone le difese nei confronti dell’esoso fisco romano. Reagì inoltre duramente all’uso invalso in quel tempo, di condannare a morte gli eretici. La popolarità che conquistò fu così grande che, alla sua morte, l’8 novembre del 397, la sua salma fu contesa tra gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. La memoria si celebra nell’anniversario della sua sepoltura.

Søren Kierkegaard nacque il 5 maggio 1813, a Copenhagen, in Danimarca. Quando già era un giovane e brillante filosofo, la sua ricerca del senso divino dell’esistenza lo portò a rinunciare all’ideale di sposare Regina Olsen, non volendo esporla all’angoscia della sua ricerca spirituale, né accettando che il matrimonio fosse ad essa di ostacolo. Vittima di ogni genere di aggressività, a causa della sua aspra critica della cultura europea e della filosofia hegeliana allora dominante, soleva dire che il suo tempo si caratterizzava per l’ingenua accettazione di idee borghesi, calate dall’alto, senza alcun serio questionamento. Essere cristiano, per lui, significava seguire concretamente la prassi di Gesù. Il cristianesimo è, pertanto, di una serietà tremenda. E tuttavia dopo duemila anni “tutto è diventato superficiale” e la più sottile e pericolosa delle eresie è quella di “fingere o scherzare al cristianesimo”, come fanno disinvoltamente tanti cattolici e protestanti. Tanto che, affermava, è, oggi, paradossalmente “più difficile divenire cristiani quando già lo si è, che quando non lo si è”. Søren Kierkegaard morì l’11 novembre 1855.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro della Sapienza, cap.1, 1-7; Salmo 139; Vangelo di Luca, cap.17, 1-6.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad una citazione di Søren Kierkegaard, tratta dal suo “Discorsi edificanti. 1843” (Piemme). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Un giorno che Gesù sedeva a tavola da un fariseo, nella stessa casa entrò una donna; era prostituta, poiché reggeva una moltitudine di peccati. Il giudizio del mondo stava leggibile sul volto dei farisei, non si lasciava imbrogliare; il dispiacere e le lacrime della donna non coprivano nulla, ma palesavano tutto, e altro non c’era da scoprire se non una moltitudine di peccati. Tuttavia non cercò il giudizio del mondo, “ma s’inginocchiò dietro Gesù e pianse”. Allora l’amore scoprì ciò che il mondo copriva: l’amore in lei. E siccome quest’ultimo non aveva trionfato in lei, lo soccorse l’amore del Salvatore, affinché “colui al quale furono condonati cinquecento denari potesse amare maggiormente”, ed egli rese l’amore in lei ancora più capace di coprire la moltitudine di peccati – l’amore che c’era già, che appunto “le furono perdonati i suoi molti peccati in quanto aveva amato molto”. Beato l’uomo il cui cuore testimonia con lui che ha amato molto; beato un uomo quando lo spirito onniscente di Dio testimonia che ha amato molto – per lui ci sarà consolazione in questo come nell’altro mondo, poiché l’amore copre una moltitudine di peccati. (Søren Kierkegaard, Discorsi edificanti. 1843).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Novembre 2019ultima modifica: 2019-11-11T22:33:07+01:00da fraternidade
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