Giorno per giorno – 03 Ottobre 2019

Carissimi,
“Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!” (Lc 10, 3-5). Cosa avrà mai determinato il fatto che coloro che il Signore ha inviato come agnelli in mezzo ai lupi, si siano, così spesso, traformati in lupi loro stessi, bramosi di saccheggiare i greggi altrui, quando non il proprio gregge, o si siano sentiti inviati a competere con altri branchi di lupi? Perché mai, per restare più vicini a noi, a ciò che interpella le nostre responsabilità dirette, questi livelli di intolleranza e violenza, oggi solo verbale, ma domani chissà, che troviamo in mezzi di comunicazione e reti sociali (o nei loro utilizzatori), che si pretendono (spesso persino devotamente) cristiani e che sistematicamente ostentano odio e disprezzo (il più delle volte espressione di ignoranza abissale) nei confronti di quanti ragionano, credono, adorano, agiscono in maniera diversa dalla propria? Eppure, l’invio da parte del Maestro (quando è davvero suo) avviene sempre e solo sotto il segno della nonviolenza e della pace, con l’invito a ripiegare, pacificamente e decisamente, laddove ci si confronti con quanti rifiutano l’annuncio della pace, preferendo la logica del dominio che regge il sistema del peccato, che consiste nella sopraffazione e negazione dell’altro, invece che nel rispetto, nella fraternità e nell’accoglienza. Come a dire: tu non riuscirai a trasformarmi in lupo, né a trascinarmi sul terreno che ti è più congeniale. Io sono discepolo del Signore.

Oggi facciamo memoria di George Allen Kennedy Bell, pastore e testimone di ecumenismo, di Maria Magdalena Enriquez, difensora dei diritti dei poveri e martire in El Salvador, e di Antonio Bargiggia, fratello dei poveri, martire in Burundi.

George Allen Kennedy Bell era nato il 4 febbraio 1883 a Hayling Island, nello Hampshire (Inghilterra), maggiore dei figli di Sarah Georgina Megaw e di suo marito James Allen Bell. Dopo gli studi teologici a Oxford, Bell fu ordinato diacono, nel 1907, e presbitero, nel 1908. Nei tre anni che seguirono si dedicò alla cura pastorale di una parrocchia alla periferia di Leed, dove un terzo della popolazione era costituito da immigrati indiani e africani, provenienti dalle diverse regioni dell’Impero britannico. In questa attività ebbe modo di collaborare e di apprendere molto dai metodisti, di cui ammirava la capacità di coniugare fede e impegno sociale. Nel 1914 fu nominato, dapprima, cappellano dell’arcivescovo Randall Davidson, primate d’Inghilterra, poi, nel 1925, decano di Canterbury e, nel 1929, vescovo di Chichester. Dal 1932-34 fu primo presidente di “Vita e Azione”, quando questo movimento confluì nel Consiglio Ecumenico delle Chiese. All’avvento del nazismo, divenne il più importante sostenitore della “Chiesa Confessante” che, in Germania, si opponeva risolutamente all’ideologia hitleriana, denunciando come eretiche le posizioni assunte da settori consistenti della Chiesa Evangelica Tedesca in appoggio alla politica del Fuhrer. In questi anni, Bell strinse amicizia con Dietrich Bonhoeffer, Nathan Söderblom e Wilhelm Visser’t Hooft, ponendo le basi per il cammino di riavvicinamento tra le chiese che ebbe luogo alla fine della seconda guerra mondiale. Negli anni ’50, fu avversario della corsa al riarmo atomico, e appoggiò numerose iniziative contro la Guerra Fredda. I suoi contatti ecumenici lo portarono a stringere amicizia con l’arcivescovo di Milano, Montini, che in seguito sarebbe divenuto papa Paolo VI. Bell morì il 3 Ottobre 1958. Aveva dedicato la sua ultima omelia a commentare la parola di Gesù che dice: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17, 10).

Di Maria Magdalena Enriquez, sappiamo solo che apparteneva alla Chiesa Battista e lavorava a tempo pieno alla “Commissione per i diritti umani”, creata a San Salvador, nell’aprile del 1978, con il compito di coordinare le difese dei prigionieri politici e raccogliere prove e testimonianze sulle sempre più gravi e diffuse violazioni dei diritti umani. Magdalena riceveva le persone per le denunce, raccoglieva la documentazione in merito, teneva i contatti con le autorità e con la Chiesa. Il 3 ottobre 1980 venne rapita e uccisa. Il suo cadavere fu ritrovato alcuni giorni dopo sepolto vicino al mare, a oriente della città e del porto.

Antonio Bargiggia era nato a Milano il 21 giugno 1958, e nel 1979 era andato in Africa, a lavorare come volontario in una missione del Burundi. Ritornato in Italia, maturò la decisione di dedicare tutta la sua vita ai poveri. Entrò così tra i “Fratelli dei poveri”, una famiglia religiosa di laici consacrati che opera in Burundi. Per vent’anni, fratel Antonio lavorò nella bidonville di Buterere, nella periferia più povera di Bujumbura, capitale del Burundi. Viveva, povero come i suoi vicini, in una baracca senza luce e senza acqua, con un suo fratello burundese, volendo bene e rendendosi disponibile a tutti, in qualunque ora del giorno o della notte, quale ne fosse l’etnia, hutu o tutsi, o la religione. Pochi mesi prima di morire, aveva scritto: “Abbiamo molti vicini, quasi tutti musulmani; andiamo d’accordo e ci aiutiamo gli uni con gli altri”. La mattina del 3 ottobre 2000, quattro uomini armati, due in divisa militare e due con abiti civili, bloccarono l’automezzo su cui stava viaggiando e lo uccisero, sparandogli a bruciapelo al volto, a Kibimba. Gli rubarono l’orologio e i sandali e abbandonarono il suo corpo per strada, portandosi via l’auto con il materiale che stava trasportando. Rintracciati poco dopo, furono nei giorni seguenti processati e condannati: l’esecutore materiale alla pena capitale, due complici all’ergastolo e l’autista a venti anni di detenzione. Il giorno prima dell’esecuzione, l’assassino fece chiamare il cappellano del carcere, l’abbé Gakona, per esprimere il suo pentimento e chiedere perdono del suo gesto. Restarono a parlare a lungo, il prete gli parlò di Gesù e della buona notizia dell’amore che Dio ha per gli ultimi e della festa che fa per quanti si convertono da una vita sbagliata. Alla fine del colloquio, il giovane chiese e ottenne di essere battezzato e il giorno dopo affrontò con grande serenità d’animo l’esecuzione della condanna.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Neemia, cap.8, 1-4a. 5-6. 7b-12; Salmo 19B; Vangelo di Luca, cap.10, 1-12.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto, per stasera. E, prendendo spunto dalla memoria della martire salvadoregna Maria Magdalena Enriquez, scegliamo di congedarci offrendovi in lettura un brano di Jon Sobrino, tratto dal suo libro “Tracce per una nuova spiritualità” (Borla), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Tutta la vita cristiana, e la vita di tutti i cristiani, deve essere evangelizzazione; inoltre in ciò consistono l’identità e la ragione d’essere di tutta la chiesa. D’altra parte ogni vita cristiana consiste nel configurarsi a immagine del Figlio o, parlando in maniera storicizzata, nella sequela di Gesù, che dopo la Pasqua ha cominciato ad essere “espressione assoluta dell’esistenza cristiana”. Evangelizzazione e sequela sono dunque due dimensioni che competono ad ogni vita cristiana, per il semplice fatto di essere tale. […] Da un punto di vista storico è chiaro che Gesù ha chiamato degli uomini a seguirlo per mandarli ad annunciare la buona notizia del regno di Dio, cioè per evangelizzare. Il “vieni e seguimi” ha la sua ragion d’essere nel fare “pescatori di uomini”. La sequela non ha giustificazione in se stessa – anche se la chiamata si giustifica di per se stessa – bensì è giustificata per il fatto di ordinarsi all’evangelizzazione; inversamente quest’ultima presuppone la sequela come la forma adatta alla sua realizzazione. Da un punto di vista sistematico è chiaro che Gesù è riconosciuto dopo la Pasqua come “primo evangelizzatore”, e che tutta la sua realtà – fatti, parole, prassi e preghiera, azione e destino, morte e risurrezione – è vista come evangelizzatrice. Questo “riprodurre” è il concetto sistematico di sequela, che va al di là di quanto si dice esplicitamente in proposito nei testi evangelici, ma che è necessario, per comprendere il significato della sequela per l’evangelizzazione. (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Ottobre 2019ultima modifica: 2019-10-03T22:35:16+02:00da fraternidade
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