Giorno per giorno – 04 Ottobre 2019

Carissimi,
“Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti. Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafarnao, sarai innalzata fino al cielo? Fino agli inferi sarai precipitata!” (Lc 10, 13-15). Poco si sa di queste cittadine, menzionate da Gesù, nel suo lamento su di esse, ma il paragone da lui instaurato con Sodoma, prima, ed ora con Tiro e Sidone, ripetutamente oggetto delle reprimende dei profeti, porta ad immaginare che si trattasse di realtà, nel contesto della regione, dai commerci fiorenti, orgogliose di vivere nell’abbondanza e nella sicurezza, senza prendersi cura di poveri e indigenti” (cf Ez 16, 49; Ez 27-28). Incapaci di cogliere il significato degli insegnamenti e dell’agire di Gesù, che annuncia e testimonia la venuta del Regno. Il lamento di Gesù preannuncia la fine triste, il giudizio severo della storia, diremmo oggi, cui va incontro una civiltà che si allontani da Dio e che ostinatamente resista a quanti sono inviati per chiamarla a convertirsi al suo progetto di una umanità accogliente e solidale. Tutto bene, ma, noi, che facciamo?

La Chiesa celebra oggi la memoria di Francesco d’Assisi, fratello dei poveri. Ad essa noi aggiungiamo quella di Carlo Carretto, piccolo fratello del Vangelo.

Giovanni di Bernardone nacque ad Assisi, nel 1182, nella famiglia di un ricco commerciante che, per la simpatia che aveva per la Francia, dove si recava frequentemente per affari, passò presto a chiamarlo Francesco. Il giovane, che non doveva aver una grande propensione per l’attività paterna, preferì correre appresso alle glorie militari. Non ebbe molta fortuna, dato che, durante una guerra tra Perugia e Assisi, fu fatto prigioniero e questa esperienza lo portò a riflettere sulla vanità della vita che aveva condotto fino ad allora. Nel 1206, in un epoca in cui, sempre più, si affermavano gli ideali della ricchezza e dell’autoaffermazione, Francesco visse il suo personale cammino di Damasco, incontrando i lebbrosi e riconoscendo in essi la presenza di Cristo. Scelse allora di lasciare la famiglia, rinunciando ai suoi beni e proprietà, per sposare “madonna Povertà”. Ben presto altri giovani si unirono a lui, con il solo proposito di vivere il Vangelo, nella radicalità e nella libertà dei figli di Dio, facendosi compagni degli ultimi, fratelli minori, nella convinzione che è nelle categorie minori, nella gente povera, umile ed emarginata, che Dio ha da sempre la sua abitazione. Nel 1211, Chiara, una giovane assisiate affascinata dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, diede vita a una famiglia di claustrali povere, immerse nella preghiera per sé e per gli altri. In una Chiesa trionfalista e in pieno regime di cristianità e di crociate, Francesco, esente tuttavia da ogni forma di orgoglio spirituale, preferì essere immagine della tenerezza di Dio con tutti, usando le armi del dialogo, della non-violenza, della pace e dell’amore. A 45 anni, malato e quasi cieco, di fatto emarginato dalla fraternità cui aveva dato vita, portando nel corpo i segni della passione di Cristo, morì, nudo sulla nuda terra, cantando la gioia di servire Cristo e le bellezze del creato. Era la sera del 3 ottobre del 1227.

Carlo Carretto era nato ad Alessandria, il 2 aprile 1910, da famiglia contadina. Militante dell’ Azione Cattolica, professore e, nel 1940, direttore di scuola, fu presto esonerato dall’incarico a causa della sua opposizione al regime fascista. Nel 1946 divenne presidente della G.I.A.C. (Gioventù Italiana di Azione Cattolica). Nel 1953, per il contrasto con i settori cattolici che progettavano un’alleanza con la destra italiana, si dimise dall’incarico. È in questo periodo di ricerca laboriosa e sofferta che maturò la decisione di entrare nella congregazione di Charles de Foucauld, i piccoli fratelli di Gesù. L’8 dicembre 1954 partì per il suo noviziato in Algeria, dove, per dieci anni, condusse una vita eremitica nel Sahara. Fu questa una profonda esperienza di vita interiore e di preghiera, nel silenzio e nel lavoro, che alimenterà tutta la sua vita e azione posteriore. Nel 1965, tornato in Italia si stabilì a Spello (Perugia), dove, poco prima, in un antico convento disabitato era sorta una comunità di piccoli fratelli. Ben presto, la fama di cui fratel Carlo godeva cominciò a richiamare moltissime persone, credenti o no, che erano comunque in ricerca. Da allora la comunità divenne spazio di accoglienza, preghiera e riflessione. Dopo alcuni anni di malattia, la notte del 4 ottobre 1988, festa di Francesco d’Assisi, di cui, pochi anni prima, aveva steso un’appassionata biografia, fratel Carlo entrò nell’abbraccio di Dio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Baruc, cap.1, 15-22; Salmo 79; Vangelo di Luca, cap.10, 13-16.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Bene, oggi tra l’altro è l’onomastico del Papa venuto dalla fine del mondo, che ha scelto come nome Francesco, proprio in omaggio del santo di Assisi, avendo così in lui, vangelo vivo, un’ulteriore fonte di ispirazione. Stamattina la preghiera è stata perciò di azione di grazie per il dono che lo Spirito ci ha fatto con lui. E che il Signore ce lo conservi a lungo, testimone umile e intrepido della buona notizia del Regno.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui offrendovi in lettura il racconto di un episodio determinante nella vita di Francesco, l’incontro coi lebbrosi. Tratto dalla “Vita prima di Francesco d’Assisi”, scritta da Tommaso da Celano, un frate suo contemporaneo, è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Come vero amante della umiltà perfetta, il Santo si reca tra i lebbrosi e vive con essi, per servirli in ogni necessità per amor di Dio. Lava i loro corpi in decomposizione e ne cura le piaghe virulente, come egli stesso dice nel suo Testamento: “Quando era ancora nei peccati, mi pareva troppo amaro vedere i lebbrosi, e il Signore mi condusse tra loro e con essi usai misericordia”. La vista dei lebbrosi infatti, come egli attesta, gli era prima così insopportabile, che non appena scorgeva a due miglia di distanza i loro ricoveri, si turava il naso con le mani. Ma ecco quanto avvenne: nel tempo in cui aveva già cominciato, per grazia e virtù dell’Altissimo, ad avere pensieri santi e salutari, mentre viveva ancora nel mondo, un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò Da quel momento decise di disprezzarsi sempre più, finché per la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria. Quand’era ancora nel mondo e viveva vita mondana, egli si occupava dei poveri, li soccorreva generosamente nella loro indigenza e aveva affetto di compassione per tutti gli afflitti. Una volta, che aveva respinto malamente, contro la sua abitudine, poiché era molto cortese, un povero che gli aveva chiesto l’elemosina, pentitosi subito, ritenne vergognosa villania non esaudire le preghiere fatte in nome di un Re così grande. Prese allora la risoluzione di non negar mai ad alcuno, per quanto era in suo potere, qualunque cosa gli fosse domandata in nome di Dio. E fu fedele a questo proposito, fino a donare tutto se stesso, mettendo in pratica anche prima di predicarlo il consiglio evangelico: Dà a chi ti domanda qualcosa e non voltar le spalle a chi ti chiede un prestito (Mt 5,42). (Tommaso da Celano, Vita Prima di Francesco d’Assisi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Ottobre 2019ultima modifica: 2019-10-04T22:36:23+02:00da fraternidade
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