Giorno per giorno – 27 Settembre 2019

Carissimi,
“Allora Gesù domandò loro: Ma voi, chi dite che io sia? Pietro rispose: Il Cristo di Dio. Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc 9, 20-22). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci chiedevamo che tipo di risposta daremmo noi a Gesù, dal profondo del cuore, specchiandoci cioè nella nostra vita, non cosí per dire. E, soprattutto, nel caso avessimo il coraggio di Pietro di riconoscerlo come il Cristo, che confessiamo figlio di Dio e nostro unico modello, se sapremmo accettarne le conseguenze, che la sua sequela inevitabilmente comporta, con la sfida che essa ci pone a muoverci controcorrente rispetto alla logica di un mondo organizzato in vista della competizione, del dominio e dell’affermazione di sé a danno degli altri, sul piano politico, religioso, e culturale. Difficile dirlo, anche per quanto ci riguarda in piccolo, nelle scelte e nella maniera di procedere e vivere tra i nostri in casa, a scuola, al lavoro, in chiesa. Dove, proprio lì, siamo chiamati a testimoniare che un altro mondo è possibile.

Il nostro calendario ci porta oggi le memorie di Vincenzo de’ Paoli, servitore dei poveri, e di Don Germano Pattaro, pioniere dell’ecumenismo.

Nato a Pouy in Guascogna il 24 aprile 1581, da una famiglia contadina, Vincenzo de’ Paoli fu, da ragazzo, guardiano di porci, poi studiò e divenne prete a soli 19 anni. Caduto nelle mani di pirati turchi, durante un viaggio marittimo, passò due anni in prigione a Tunisi. Questa esperienza lo segnò profondamente e, da allora, decise di lasciare i libri, per dedicare la vita a lenire le sofferenze della gente e a restituire dignità alle numerose categorie di bisognosi della società del suo tempo. Fondò a tal fine la confraternita delle Dame della Carità, i Servi dei Poveri, la Congregazione dei Preti della Missione (con il compito di aiutare la formazione dei futuri sacerdoti e di organizzare “missioni” di evangelizzazione tra la gente semplice dei campi) e le Figlie della Carità. Soleva dire ai suoi preti: “Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore della fronte”. Morì a Parigi il 27 settembre 1660.

Germano Pattaro era nato il 3 giugno 1925 a Venezia. Rimasto orfano di madre all’età di tre anni, entrò tredicenne in seminario, ma una grave forma di tubercolosi lo costrinse ad abbandonare gli studi, per sottoporsi alle lunghe terapie del caso. Il tempo della malattia, pur difficile e penoso, permise tuttavia al giovane di estendere i suoi interessi a diversi ambiti del sapere e di dedicare gran parte del suo tempo a letture di autori, come Dostoevskij e Guardini, che segneranno la sua formazione umana e spirituale; ma, più ancora, lo aiutò nella scoperta della “vocazione che guiderà tutta la sua esistenza, cioè il dono gratuito ad ogni uomo, soprattutto ai più deboli, di un amore prima accolto e sperimentato” (Ugo Sartorio). Guarito dalla tubercolosi e tornato in seminario, concluse gli studi e fu ordinato sacerdote nel 1950. Negli anni successivi fu assistente ecclesiastico della FUCI e animatore dei gruppi di Rinascita cristiana. Svolse un approfondito e coraggioso lavoro teologico, attraverso omelie, conferenze e incontri, scontando sospetti, avversioni e diffide nei settori più conservatori della gerarchia, compreso il suo Patriarca, quell’Albino Luciani, che però, eletto papa, lo chiamò inaspettatamente a Roma, come suo consulente teologico. Il manifestarsi di una pancreatite, se ne limitò gli spostamenti, gli consentì però di intensificare l’attività pubblicistica su temi come il matrimonio, l’ecumenismo e la teologia contemporanea. Fino alla morte, che lo colse il 27 settembre 1986.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Aggeo, cap.1, 15b – 2,9; Salmo 43; Vangelo di Luca, cap.9, 18-22.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una citazione di Germano Pattaro, tratta da una sua conferenza su “Eucaristia e Comunità”, tenuta ad un gruppo di giovani, durante una Settimana Santa, in data imprecisata. La troviamo nel sito di Status Ecclesiae, ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Pensate in concreto: quante volte noi celebriamo l’eucaristia (come si può dire?) senza sapere bene perché accade questo. Andiamo in chiesa, ci sembra, perché l’abbiamo deciso noi; andiamo alla Santa Messa perché ci tocca. Ci incontriamo intorno all’altare perché è l’abitudine. Cioè celebriamo questa eucaristia, perché come si fa a non celebrarla? È nei doveri dei cristiani celebrarla, ascoltarla, parteciparla. Nessuno che pensa bene: noi andiamo non perché abbiamo deciso noi, non perché è nostra abitudine, ma perché ogni volta Dio ci chiama lì. È una chiamata di Dio che parte da quell’altare, è come se il Signore dicesse: “Venite, io desidero stare con voi e non voglio che questa mensa sia vuota”. Se c’è posto, manda i servi fuori ancora: “Trovatene altri, scovateli dappertutto, ma li voglio tutti qui”. Ecco un primo dato: andare all’eucaristia significa andare con questo cuore, sapere che si va perché Cristo ci chiama lì, perché Egli desidera di stare con noi, perché non vuole stare solo, perché quella mensa vuota a Lui pesa e vuol celebrare, come si dice, questo incontro, questa comunione con noi. E chi siamo noi che andiamo lì? Tutti: buoni e cattivi, vecchi e giovani, intelligenti e stupidi. Siamo un gran baraccone. (Germano Pattaro, Eucaristia e Comunità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Settembre 2019ultima modifica: 2019-09-27T22:08:55+02:00da fraternidade
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