Giorno per giorno – 25 Settembre 2019

Carissimi,
“Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno” (Lc 9, 1-3). Stamattina, ci chiedevamo se la chiesa sia mai riuscita ad assumere in tutta la sua radicalità le modalità con cui Gesù ordinò ai Dodici di acccompagnare l’annuncio del Regno di Dio. Salvo pochi pazzi, fuori di senno o scriteriati, come Francesco d’Assisi e i suoi primi compagni, i monaci del deserto, o i “folli per Cristo”, che apparvero qua e là in Oriente, c’è da ritenere che la “missione”, asssai presto, per certo a partire dalla trappola costantiniana, si dotò sempre più di mezzi e risorse, che ne smentirono le esigenze poste da Gesù. “A fin di bene”, ovviamente, senza preoccuparsi che questo svuotasse l’insegnamento che affermava non essere possibile “servire Dio e le ricchezze” (Lc 16, 13), sotto il facile pretesto di “servire Dio con le ricchezze”. Ma, Gesù, evidentemente non ci sta. Chi non può prendere nulla per il viaggio (compreso il viaggio che è la vita) sono in realtà i poveri, con i quali gli inviati di Gesù devono identificarsi, dato che sono proprio loro i soggetti del Regno. E, oggi come oggi, assieme e più degli altri, potremmo dire siano quanti si presentano ai confini dei Paesi dell’opulenza, o sbarcano, quando ci arrivano, sulle vostre coste, con la sola “roba del corpo”, come si dice. Proprio come Gesù esigeva dai suoi. Ad annunciare, senza che neppure lo sappiano, la conversione alla logica del Regno. Regno di giustizia e solidarietà, contro il regno demoniaco degli egoismi, dello sfruttamento, dell’iniquo arricchimento. E noi, sappiamo ascoltarli?

Oggi facciamo memoria di Rabbi Akivà, maestro in Israele.

Akivà era nato a Lydda intorno al 50 d.C. Figlio di un proselito di nome Yosef, fino a quarant’anni fu povero, ignorante e, per dire così, anticlericale. Soleva infatti dire: Se incontrassi uno studioso della Bibbia, lo morderei come un somaro (Talmud, Pesachim 49b). Era pastore alle dipendenze di un ricco soprannominato Kalba Savua, perché si diceva che chiunque entrasse nella sua casa affamato come un cane (kalba), se ne ripartiva satollo (savua). Lì si innamorò della bella figlia di lui, Rachel, che accettò di sposarlo a patto che si mettesse a studiare seriamente la Bibbia. E fu un successo. Anche se questo significò per lei, almeno in un primo momento, la perdita dell’eredità paterna. Divenuto maestro famoso, Rabbi Akivà non dimenticò mai le sue umili origini e fu molto amato dal suo popolo. Insegnava che, tutto ciò che ci accade, Dio lo volge prima o poi al nostro bene. Sosteneva anche che ogni essere umano è creato a immagine di Dio e che per piacere a Dio non è necessario conoscere e praticare la Legge di Mosè (che è prerogativa e vocazione particolare d’Israele). È sufficiente vivere secondo la morale dettata dalle norme elementari della legge di Noè (vivere secondo giustizia, non praticare idolatria, non commettere incesto, non uccidere, non rubare, non prostituirsi, non cibarsi di carne viva). Amò molto il Cantico dei Cantici, diceva che alla sua luce possiamo leggere tutta la Bibbia come un rapporto d’amore tra Dio e il suo popolo. Questo lo spinse a battersi perché fosse incluso nel canone della Bibbia ebraica. Quando scoppiò la rivolta antiromana di Shimon Bar Kokhbà, la appoggiò con convinzione, convinto del suo carattere messianico. La rivolta fu soffocata nel sangue. Akivà, imprigionato per non aver obbedito al divieto imperiale di insegnare pubblicamente la Torah, fu condannato alla dilacerazione delle membra per mezzo di arpioni. La condanna fu eseguita il 25 settembre dell’anno 135 (9 del mese ebraico di Tishri) e Rabbi Akivà morì il giorno successivo, festa dello Yom Kippur. Le sue ultime parole furono: Adonai ehad. Il Signore è uno solo.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Esdra, cap.9, 5-9; Salmo (Tb 13, 2-5.8); Vangelo di Luca, cap.9, 1-6.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano la Verità del mondo e l’Assoluto della loro vita, lungo i sentieri dell’impegno per la pace, la giustizia e la fraternità tra popoli e individui.

Per stasera è tutto. Nel congedarci, vi proponiamo una pagina a commento di un detto di Rabbi Akiva. La prendiamo dal libro “Detti di Rabbini (Edizioni Qiqajon). Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“[Rabbi Aqiva diceva]: Tutto è previsto, ma la libertà è lasciata. Con bontà il mondo è giudicato, e tutto avviene secondo la grandezza dell’opera”. Il Santo vede in anticipo ogni azione degli uomini, come è detto: “Gli occhi del Signore percorrono tutta la terra” (Zc 4, 10). Allorché un uomo si dispone a compiere qualcosa di sconveniente, egli lo vede e lo sa. Ciononostante non glielo impedisce, perché la libertà è lasciata a ogni uomo. Se vuole può peccare, ma se vuole può anche astenersi dal peccare, come sta scritto: “Vedi, io oggi ti ho posto davanti la vita e il bene, la morte e il male” (Dt 30, 15). E conclude dicendo: “Perciò scegli la vita” (Dt 30, 19). Non sarebbe possibile dire all’uomo: “Scegli”, se non avesse la libertà di scelta (Vitry). – Con bontà il mondo è giudicato. Il giudizio degli uomini da parte del Nome benedetto si opera veramente con grazia e con bontà, non è come il giudizio che essi si meriterebbero. Come egli stesso – sia benedetto – ha spiegato a proposito dei suoi attributi, dicendo: “Magnanimo e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34, 6). Ciò che i nostri maestri – il loro ricordo sia in benedizione – hanno interpretato così (b ’Eruvin 22a): Magnanimo sia verso i giusti che verso gli empi. E anche il profeta lo loda dicendo: “Il Signore è buono verso tutti” (Sal 145, 9) (Maimonide). – Con bontà il mondo è giudicato: insegna che il Santo mantiene in vita il mondo, secondo la sua bontà e “non secondo il numero delle opere”. Benché nel mondo vi siano dei peccatori e vi siano anche persone giuste e meritevoli, il mondo è giudicato solamente in base alla bontà del Signore (Vitry). – E tutto avviene secondo la grandezza dell’opera. Possiamo interpretare questa massima nel modo seguente: benché tutto sia previsto, la libertà è lasciata, E per quanto noi non capiamo questo mistero, giacché tutto è previsto e la libertà è lasciata sembrano quasi una contraddizione in termini, tuttavia non scervellarti tanto su questo problema, perché con bontà il mondo è giudicato: il giudizio del Santo – sia benedetto – è sempre buono, sia che punisca sia che ricompensi. E tutto avviene secondo la grandezzza dell’opera, vale a dire secondo la grandezza dell’opera del Creatore, di cui noi siamo incapaci di afferrare il mistero, come sta scritto: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, e le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55, 8) (Nachmias). (Detti di Rabbini).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Settembre 2019ultima modifica: 2019-09-25T22:28:27+02:00da fraternidade
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