Giorno per giorno – 18 Luglio 2019

Carissimi,
“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 28-30). Arrivando nel pomeriggio alla chácara di recupero, abbiamo scoperto che Bruno ci aveva preceduto in moto. Congedato l’altro ieri, ha detto che non ha retto alla saudade, e al desiderio di partecipare all’incontro sulla Parola e, subito dopo, alla consueta partita di pallone. “Venite a me… e troverete ristoro alle vostre anime”. Che possa essere davvero così, ogni volta che incontriamo il Signore Gesù! La progressiva scoperta del volto di Dio in Gesù, quel Dio che, come ricorda Bruno, si pone in ginocchio davanto a noi, per lavarci i piedi (un Dio “mite e umile”), ci sbalordisce e ci anima a volerlo imitare. Infatti, mentre ci rinfranca nelle nostre debolezze e nelle oppressioni che ci impedivano di godere del suo ristoro, della sua amicizia, ci offre però, nello stesso tempo, il tratto distintivo che deve caratterizzare il nostro essere suoi discepoli, sua chiesa. Nei rapporti tra noi e con gli altri. Come si arriverà a sbarazzarci del peso che siamo per noi e per gli altri, per assumere il “peso che non pesa” di Gesù resta per noi un mistero. Ma contiamo di farcela. Se non fosse così, neanche ci avrebbe invitato.

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria del Pastore luterano Paul Schneider, martire, vittima della barbarie nazista; e quella di Rienzo Colla, cristiano adulto.

Paul Schneider nacque il 29 agosto 1897, a Pferdsfeld, in Germania, secondo dei tre figli di Elizabeth e del pastore Gustav Adolf Schneider. Tornato dal fronte, dopo la Grande Guerra, iniziò i suoi studi teologici, che si conclusero con la sua ordinazione a pastore nel 1925. L’anno successivo sposò Margarete Dieterich, da cui avrà sei figli, e assunse la cura della chiesa di Hochelheim, succedendo al padre. Quando, nel 1933, Hitler salì al potere, il giovane pastore per qualche tempo si illuse che il nuovo Cancelliere, con l’aiuto della provvidenza, avrebbe guidato la Germani verso un futuro luminoso. Si rese però presto conto dell’abbaglio e ne trasse tutte le conseguenze. Nel 1934 entrò a far parte della Lega dei Pastori fondata dal pastore Martin Niemöller. Dopo ripetuti arresti, Schneider fu deportato nel lager di Buchenwald nel 1937, a motivo della sua opposizione al nazismo, e ripetutamente sottoposto a maltrattamenti e a torture crudeli per il rifiuto ripetutamente opposto a rendere omaggio alla croce uncinata di Hitler. Nell’aprile 1938 fu rinchiuso in isolamento nel bunker del campo, ove trascorse gli ultimi 14 mesi di vita. Da lì non cessò di proclamare la parola di Dio. Come testimonia un suo compagno di prigionia: “Nei giorni di festa, nel silenzio della conta, proveniente dalle tetre inferriate del bunker, risuonava improvvisamente la voce potente del pastore Schneider. Teneva la sua predica come un profeta, o meglio: la incominciava. La domenica di Pasqua, per esempio, improvvisamente udimmo le parole: ‘Così dice il Signore: Io sono la risurrezione e la vita!’. Le lunghe file dei prigionieri stavano sull’attenti, profondamente turbate dal coraggio e dall’energia di quella volontà indomita… Non poté mai pronunciare altro che poche frasi. Poi sentivamo abbattersi su di lui i colpi di bastone delle guardie…” Seriamente malato per le torture e gli stenti, il pastore confidò a un prigioniero: “Non c’è più un posto, in tutto il mio corpo, che non sia stato battuto fino a farlo diventare nero. Mi hanno fatto delle iniezioni; da quando mi hanno fatto la seconda, ho il cuore terribilmente agitato. Non vivrò più a lungo. Prima che ci lasciamo voglio benedirti, e pregherò per te, perché tu possa percorrere la via giusta”. L’eroico Pastore morì, qualche giorno dopo, il 18 luglio 1939, finito con un’iniezione di strofantina. Al suo funerale, presero parte 200 pastori e migliaia di partecipanti. Karl Barth scrisse allora: “Con la sua testimonianza egli ha dovuto mostrare e dire a molti qual è la posta in gioco, e Dio lo ha considerato degno di soffrire”.

“Mentre pensavo al nome da dare all’editrice, mi capitò di aprire il Vangelo, per trarne ispirazione. Era Matteo, capitolo tre, versetto quattro, dove parla di S. Giovanni Battista che mangiava locuste e miele selvatico. Mi colpì l’immagine di questo insetto che non mangiava, ma si faceva mangiare. E decisi che i libri che avrei stampato sarebbero stati piccoli, forse fastidiosi per qualcuno, ma fatti per essere mangiati”. Così Rienzo Colla narra l’invenzione della sua casa editrice, il cui primo volumetto ad essere pubblicato, nell’inverno del 1954, ebbe come titolo “La parola che non passa”, di don Primo Mazzolari. Complessivamente sarebbero stati una sessantina i titoli del profetico parroco di Bozzolo sugli oltre 250 pubblicati da “La Locusta”. Rienzo Colla era nato il 28 marzo 1921. Diciannovenne, aveva stretto amicizia con don Primo Mazzolari. Dopo la laurea in filosofia, partecipò alla Resistenza a Roma, per darsi poi, dopo la guerra, all’insegnamento di storia e filosofia. Conobbe don Giovanni Rossi e la Pro Civitate Christiana di Assisi, e nel 1952, fece ritorno a Vicenza, entrando in seminario dai Padri filippini, ma ne fu espulso, nel 1955, proprio a seguito della pubblicazione del libro di Don Mazzolari. Da allora “La Locusta” diede voce a una serie di personalità – uomini e donne, monaci e mistici, poeti e romanzieri, filosofi e teologi, preti scomodi e profeti della non violenza, pensatori cattolici e intellettuali laici della prima e della seconda metà del secolo – che, diversissimi tra loro, ma accomunati dalla ricerca appassionata di Dio e di un cristianesimo più evangelico, segnarono profondamente la vicenda culturale e ecclesiale del tempo: Simone Weil, Edith Stein, Thomas Merton, Rebora, Turoldo, Bernanos, Mounier, Chénu, Rahner, Milani, Balducci, Gandhi, Martin Luther King, Pasolini, Rodano, per citarne i più noti. Rienzo Colla è morto a Vicenza, il 18 luglio 2009.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da :
Libro dell’Esodo, cap.3, 13-20; Salmo 105; Vangelo di Matteo, cap.11, 28-30.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Nel ricordo della nascita di Nelson Rolihlahla Mandela, avvenuta il 18 luglio 1918, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con risoluzione votata il 10 novembre 2009, ha istituito il Mandela International Day, da celebrarsi ogni anno in tale data. Esso intende rappresentare un appello generale all’azione, a partire dalla convinzione che ogni individuo può contribuire a trasformare il mondo. Prendendo spunto dai sessantasette anni (di cui ventisette in carcere) spesi da Mandela nella lotta politica, per l’affermazione degli ideali di libertà e giustizia, il suggerimento è che ciascuno cominci col dedicare sessantasette minuti di questa giornata ad una buona causa. Questo perché si ha il fondato sospetto che poi ci si prenda gusto, arrivando così a fare di ogni giorno a venire un Mandela Day.

E, in tema di compleanni, oggi festeggia i suoi novantuno anni, ai piani superiori, don Andrea Gallo. Scegliamo, cosí, di omaggiare lui, nel congedarci, con una citazione, tratta dal suo “Così in terra, come in cielo” (Oscar Mondadori), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Attilia ha un cognome genovese. Abbiamo trovato il suo certificato di nascita ma non siamo riusciti a rintracciare un solo parente. È da sempre completamente sola. Non è mai stata violenta con le persone; era una bambina irrequieta, scaricata prima in riformatorio, poi in ospedale psichiatrico, sottoposta a diversi elettrochoc, abituata a essere sballottata su e giù alla stregua di un pacco. Oggi è un’anziana signora, autonoma. Prende l’autobus, trascorre la giornata da noi a San Benedetto, non fa che dare baci a tutti, anche durante la messa. Anna Maria era una ragazza bellissima, esuberante, a ogni ribellione veniva legata a un letto in clinica. Si buttò giù dal campanile della canonica, per fortuna si salvò. A un certo punto della mia vita non sono più riuscito a sopportare il peso di queste storie. Crollai, infinitamente stanco, in una profonda crisi depressiva. Non ero in grado di andare a letto e di addormentarmi: restavo tutta la notte alla scrivania, con gli occchi fissi nel vuoto, mentre i ragazzi facevano a turno per ternermi sotto controllo. Ne uscii dopo tre mesi, ma rischio di diventare matto ogni giorno; non per le atrocità a cui assisto, piuttosto per l’indifferenza che vedo diffondersi e crescere nelle nostre città. L’indifferenza è l’ottavo vizio capitale. Fortuna che ho molti amici psichiatri. (Don Andrea Gallo, Così in terra, come in cielo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Luglio 2019ultima modifica: 2019-07-18T21:50:04+02:00da fraternidade
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