Giorno per giorno – 19 Luglio 2019

Carissimi,
“In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano. Ciò vedendo, i farisei gli dissero: Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato” (Mt 12, 1-2). C’è da credere che quel gruppetto di farisei che stava sistematicamente alle costole di Gesù e dei suoi doveva sapere a memoria l’intero diritto canonico dell’epoca, tanto erano lesti a metterli sotto accusa ad ogni passo falso in cui incorressero. C’è sempre stato, del resto, chi vive la religione così. Gesù, per tutta risposta, porta due esempi, tratti dalle Scritture, da cui risulta, che il buon Dio non è cosí tassativo nel pretendere l’applicazione della sua Legge. Nel redigere la quale, Mosè (o chi per lui), deve essersi fatto prendere la mano, esagerando un po’. Già era accaduto, ricorda Gesù ai suoi interlocutori, che Davide e i suoi soldati, avendo fame, erano entrati nella casa di Dio e avevano mangiato i pani dell’offerta, rigorosamente riservati ai sacerdoti. Il che, tanto per intenderci, é come se ai giorni nostri qualcuno che si ritrovasse affamato andasse in chiesa e, sia pure senza nessun intento dissacratorio, si cibasse delle ostie consacrate. Cosa potrà fare il nostro Padre celeste se non rallegrarsi del fatto che uno dei suoi figlioli si è saziato? Poi, Gesù porta ancora l’esempio dei sacerdoti, per i quali, in forza della loro funzione nel tempio la legge del riposo sabbatico non vale. Noi si ricorda quando i nostri vecchi ripetevano il detto: Lavoro di festa finisce in tempesta. E, forse, potrebbe valere per chi è mosso dall’ansia di accumulare a sproposito. Ma, per i poveri cristi, che cercano di arrotondare i miseri salari che guadagnano, il loro lavoro festivo deve essere visto dal buon Dio come la liturgia degli antichi e nuovi sacerdoti. L’unica legge che davvero vale, e varrà per sempre, conclude Gesù, è quella che promana dalla misericordia, in cui consiste la santità di Dio e che ci fa interpreti e signori di ogni altra legge.

Oggi è memoria di Arsenio il Grande, monaco e eremita, e di Macrina la Giovane, monaca “domestica” e contemplativa. In America Latina noi ricordiamo anche la figura di Tupac Amaru, martire della resistenza indigena in Perù.

Arsenio nacque a Roma intorno al 354 da una nobile famiglia. Nel 383 l’imperatore Teodosio lo chiamò alla corte di Costantinopoli per affidargli l’educazione dei figli Arcadio e Onorio. Dopo aver svolto tale funzione per undici anni, Arsenio entrò in una profonda crisi spirituale e ottenne dall’imperatore di potersi ritirare nel deserto egiziano. Recatosi ad Alessandria d’Egitto, si unì alla comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto. Qui trascorse quasi quarant’anni, vivendo in solitudine, dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e al lavoro manuale. Quando nel 434 Scete fu invasa da una tribù libica, Arsenio si spostò a Troe, presso Menfi, dove visse fino al 450 circa. Raccontano di lui, che dopo molti anni di servizio al Signore, gli altri monaci lo udirono un giorno gridare a Dio: “O Dio, non mi abbandonare; non ho fatto niente di buono ai tuoi occhi, ma nella tua bontà concedimi di cominciare”. Al suo ultimo giorno di vita, poi, a quanti, vedendolo piangere, gli chiedevano se avesse paura, rispose: “Il timore che provo ora mi ha sempre accompagnato da quando mi sono fatto monaco”. Detto questo, morì. Deve aver scoperto solo allora che non era il caso di tanto timore. Ma, al buon Dio, gli sarà piaciuto anche così, come tutti gli piacciamo, comunque noi siamo.

Macrina appartenne ad una famiglia di santi. Il nome le fu dato in onore della nonna paterna, Macrina l’Anziana, pure lei santa (di cui si fa memoria il 14 di gennaio). Così come santi furono i genitori, Basilio e Emmelia e altri tre fratelli, Basilio, Gregorio e Pietro. Nata a Cesarea, in Cappadocia, nell’ano 325, poco dopo la morte del padre, avvenuta nel 340, decise di non allontanarsi mai dalla madre, per prendersi cura con lei dell’educazione dei fratelli, giungendo ad esercitare una profonda influenza sulla loro crescita spirituale. Pur avendo ereditato dal padre una considerevole fortuna, abituò la famiglia a evitare ogni tipo di lusso e di privilegio, vivendo con estrema semplicità. Alla morte della madre, fondò un convento nella tenuta della famiglia. Nel 379, Gregorio, uno dei maggiori teologi di tutti i tempi, andò a visitare la sorella e la incontrò inferma, distesa su un semplice letto di tavole. Restarono per ore a parlare sul senso della vita, sulla morte e sulla vita futura. Finché lei esalò l’ultimo respiro.

Tupac Amaru, cacicco inca di Tangasuca (Perù), si ribellò all’oppressione spagnola, rivendicando uguaglianza di diritti per i suoi fratelli indigeni. Nel 1781, fu sconfitto, decapitato e squartato nella piazza di Huacaypata, assieme alla sua sposa, Micaela Bastidas.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap.11, 10-12.14; Salmo 116B; Vangelo di Matteo, cap.12, 1-8.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessa l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

È morta oggi probabilmente d’infarto, mentre nuotava nel lago Balaton, in Ungheria, la filosofa Agnes Heller, di cui avevamo ricordato il novantesimo compleanno il 12 maggio scorso. Scegliamo allora di congedarci, offrendovi in lettura il barno di un suo articolo, apparso con il titolo “La mia scelta esistenziale e gli altri” sul Corriere della Sera, il 24 settembre 2013. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La scelta esistenziale di sé diventa una scelta morale — e non soltanto etica — se ci si sceglie come persona buona e si comincia a diventare la persona buona che si è scelto di essere. Così facendo, il soggetto diventerà una persona che di fronte a ogni scelta concreta, preferirà subire il male che fare il male, senza tentennamenti, per forza di carattere, perché non avrà altra scelta. Sarà un essere morale completamente autonomo. Ma esistono esseri completamente autonomi? Esistono persone buone. Tutti noi conosciamo buone persone. Pensando in termini filosofici, hanno scelto se stessi come persone buone e sono diventati ciò che hanno scelto di essere. Ma conosciamo persone che non crollano mai nelle proprie azioni? Chi è in grado di sapere immediatamente, in ogni situazione, quali atti sono giusti o ingiusti? Quasi nessuno, ma quali conseguenze possiamo trarne? Qualunque sia la teoria che abbiamo in mente, dobbiamo ammettere che nessuno di noi è completamente autonomo, nessuno di noi può scegliere in piena autonomia. Kant direbbe che la piena autonomia è un’idea regolativa pratica. Nella vita di tutti i giorni si può solo cercare con tutte le proprie forze di evitare l’eteronomia. Come? Forse, per prima cosa, seguendo il consiglio di Kant: in caso di scelta o di qualsiasi tipo di azione, meglio decidere se la scelta è buona prima di decidere se è piacevole o utile. E, in secondo luogo, meglio evitare la cieca accettazione dell’opinione pubblica e delle ideologie. In terzo luogo, facendo del nostro meglio per non mentire a noi stessi. Infine, essendo consapevoli della relatività della nostra autonomia, della nostra fragilità di esseri accidentali. (Agnes Heller, La mia scelta esistenziale e gli altri).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Luglio 2019ultima modifica: 2019-07-19T21:51:08+02:00da fraternidade
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