Giorno per giorno – 28 Giugno 2019

Carissimi,
“Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: Signore, se vuoi, puoi purificarmi. Tese la mano e lo toccò dicendo: Lo voglio: sii purificato! E subito la sua lebbra fu guarita” (Mt 8, 1-3). La tzaraath, di cui parla la Bibbia, tradotta sempre con il termine “lebbra”, si riferiva in realtà a tutta una serie di manifestazioni patologiche della pelle (ma esisteva anche una tzaraath delle case e una dei vestiti), del tipo di psoriasi, erisipela, tigna, vitiligine, impetigine, pitiriasi e, solo forse, anche di quella conosciuta oggi come morbo di Hansen. Tali patologie, al pari di altre, erano considerate conseguenza di determinate colpe, e, nel caso specifico, come castigo della maldicenza (sulla scorta di quanto era accaduto a Maria, sorella di Mosè, in Nm 12, 10-15). Colpa che meritava di essere punita con l’isolamento e l’allontanamento dall’accampamento (Lv 13, 46), non per paura di qualche contagio, ma come una sorta di pena del contrappasso. Come, infatti, con la maldicenza si era inteso isolare chi ne era stato vittima, così il “colpevole” doveva scontare in prima persona la pena equvalente alla sua intenzione malefica. Si era perciò di fronte ad una norma penale, insieme religiosa e civile. Tutto questo, per concludere che, nel Vangelo di oggi, tanto il lebbroso, quanto Gesù, contravvengono la Legge mosaica (e perciò divina). Il che, se è comprensibile per il lebbroso, istintivamente desideroso di guarigione, lo è meno, agli occhi dei benpensanti, in Gesù, che compie intenzionalmente un atto di disobbedienza civile e religiosa, per affermare la superiorità, su ogni normativa (persino divina), del diritto alla vita e ad una vita piena, a cui Dio, che ne è la fonte originaria, destina tutti. Toccando il lebbroso, Gesù lo libera dalla prigione in cui la società l’aveva confinato, a costo di subirne lui la condanna, proprio per questo suo gesto. Noi, cristiani, che ci diciamo suoi discepoli, siamo disposti a seguirlo in questa logica, operando per il riscatto degli esclusi?

Oggi è memoria di Ireneo di Lione, pastore e martire, padre della Chiesa.

Ireneo nacque a Smirne (nell’attuale Turchia), nell’anno 130 circa, e fu discepolo di san Policarpo, che aveva conosciuto personalmente l’apostolo Giovanni e altri testimoni oculari di Gesù. Missionario in Gallia, fu fatto vescovo della comunità cristiana di Lione e divenne il più importante tra gli scrittori cristiani del II secolo. Fu il primo che cercò di fare una sintesi del pensiero cristiano. Si schierò risolutamente a favore della preservazione della pace e dell’unita della Chiesa, mettendo in guardia contro i pericoli della gnosi. Uomo equilibrato e capace di discernimento seppe consigliare il papa Vittore ad evitare ogni atteggiamento men che rispettoso nei confronti delle chiese orientali in un momento di crisi e tensione. Sua è la celebre affermazione che “la gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è la manifestazione di Dio”. Ireneo morì probabilmente martire durante la persecuzione di Settimio Severo nell’anno 202.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.17, 1. 9-10. 15-22; Salmo 128; Vangelo di Matteo, cap.8, 1-4.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui con un brano di Ireneo di Lione, tratto dal suo “Adversus Haereses”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se la carne non viene salvata, allora né il Signore ci ha redenti col suo sangue, né il calice dell’Eucaristia è la comunione del suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del suo corpo. Il sangue infatti non viene se non dalle vene e dalla carne e da tutta la sostanza dell’uomo nella quale veramente si è incarnato il Verbo di Dio. Ci ha redenti con il suo sangue, come dice anche il suo Apostolo: in lui abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati per mezzo del suo sangue (cf Ef 1, 7). Noi siamo sue membra, ma siamo nutriti dalle cose create, che egli stesso mette a nostra disposizione, facendo sorgere il suo sole e cadere la pioggia come vuole. Questo calice, che viene dalla creazione, egli ha dichiarato che è il suo sangue, con cui alimenta il nostro sangue. Così pure questo pane, che viene dalla creazione, egli ha assicurato che è il suo corpo con cui nutre i nostri corpi. Il vino mescolato nel calice e il pane confezionato ricevono la parola di Dio e diventano Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Da essi è alimentata e prende consistenza la sostanza della nostra carne. E allora come possono alcuni affermare che la carne non è capace di ricevere il dono di Dio, cioè la vita eterna, quando viene nutrita dal sangue e dal corpo di Cristo, al quale appartiene come parte delle sue membra? Lo dice l’Apostolo nella lettera agli Efesini: Siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa (cf Ef 5, 30), e queste cose non le dice di un uomo spirituale e invisibile – uno spirito infatti non ha né ossa né carne (cf Lc 24, 39) – ma di un uomo vero, che consta di carne, nervi e ossa, e che viene alimentato dal calice che è il sangue di Cristo e sostenuto dal pane, che è il corpo di Cristo. Il tralcio della vite, piantato in terra, porta frutto a suo tempo, e il grano di frumento caduto nella terra, e in esso dissolto, risorge moltiplicato per virtù dello Spirito di Dio, che abbraccia ogni cosa. Tutto questo poi dalla sapienza è messo a disposizione dell’uomo, e, ricevendo la parola di Dio, diventa Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Così anche i nostri corpi, nutriti dall’Eucaristia, deposti nella terra e andati in dissoluzione, risorgeranno a suo tempo, perché il Verbo dona loro la risurrezione, a gloria di Dio Padre. Egli ci circonda di immortalità questo corpo mortale, e largisce gratuitamente l’incorruzione alla carne corruttibile. In questa maniera la forza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza degli uomini. (Ireneo di Lione, Adversus haereses, V, 2, 2-3).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Giugno 2019ultima modifica: 2019-06-28T22:01:22+02:00da fraternidade
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