Giorno per giorno – 24 Giugno 2019

Carissimi,
“All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: No, si chiamerà Giovanni. Le dissero: Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami così. Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: Giovanni è il suo nome” (Lc 1, 59-63). Noi non si saprebbe dire perché la nostra gente nutra per Giovanni Battista, come per altri pochi, quali il Divino Spirito Santo, Nostra Signora di Aparecida, e i Santi Re Magi, un di piú di devozione, fuori da ogni preoccupazione di stilare classifiche di importanza, o di ricevere in cambio qualche favore o grazia. Ma resta il fatto. Giovanni è la storia di una vocazione riuscita, come dovrebbe essere quella di tutti. E invece. Nel nome c’è inscritto il destino, sostenevano gli antichi. E Giovanni significa “Dio è benigno”. Allora, ci dicevamo stamattina, tutti noi in realtà ci portiamo magari come secondo o terzo nome quello di Giovanni. E Dio non può smentirsi. Stamattina, si parlava con una nostra amica, il cui figlio ha da tempo preso una cattiva strada e gliene combina di tutte e lei tutto sopporta, e le riesce parlarne ancora con un tale amore, che a noi fa venire in mente Dio. Ed è stata lei, a dirci, dato che il discorso era scivolato sull’inferno: “Vedi, se anche lui finisse male, come spesso succede in questi casi, senza neppure il tempo di pentirsi, e Dio fosse tentato di spedirlo laggiù, io mi farei avanti e gli direi: allora per te non sono valse nulla le mie sofferenze? E se non vuoi calcolare queste, non è valso nulla il sangue di tuo Figlio, di fronte al quale tutto il male del mondo ha un peso insignificante? E mi darebbe ragione, dato che è proprio così che Lui pensa, solo che ogni tanto gli piace sentirselo ricordare”. Già, Giovanni: “Dio è benigno”. Forse è per questo che qui ne sono tanto devoti.

Oggi è, dunque, la solennità del Natale di Giovanni il Precursore. L’unico santo (assieme alla madre di Gesù), di cui si celebri la natività, oltre che il giorno natalizio alla vita del cielo. La sua vicenda ci è nota attraverso le pagine dei Vangeli sinottici e di quello di Giovanni. Il racconto della nascita nel Vangelo di Luca è ricco si simbolismi, che sottolineano la straordinarietà del personaggio in ordine alla figura di Cristo.

Figlio della vecchiaia e della sterilità del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta, Giovanni (il cui nome significa Dio è benigno) è cugino di Gesù. Ritiratosi nel deserto di Giuda (dove, forse, viene a contatto con la comunità essena di Qumran), vi inizia il suo ministero profetico, annunciando la prossimità del regno, l’imminenza del giudizio, e invitando al battesimo e alla conversione. Il messia delle sue attese è il giudice che battezza con il fuoco e con lo Spirito Santo, e separa il grano dalla paglia. Gesù entra nella sua cerchia ed è da lui battezzato. Giovanni riconosce in lui l’agnello di Dio e da qui inizia la missione autonoma di Gesù e la chiamata dei primi discepoli. Arrestato per ordine di Erode Antipa a causa dei ripetuti rimproveri mossi pubblicamente da lui nei confronti della condotta immorale del sovrano, Giovanni è imprigionato. Dal carcere, colto da qualche dubbio sulla messianicità di Gesù, così diversa da quella che aveva predetto, invia messaggeri al maestro di Nazareth per essere da lui rassicurato (Mt 11, 2-6). La risposta fornitagli gli chiarisce il carattere della visione messianica di Gesù. Giovanni viene, poco dopo, fatto decapitare da Erode, dietro richiesta della moglie Erodiade e della figlia di lei, Salomé.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.49, 1-6; Salmo 139; Atti degli Apostoli, cap.13, 22-26; Vangelo di Luca, cap.1, 57-66.80.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Oggi il calendario ci porta anche la memoria di Vincent Lebbe, apostolo tra i cinesi. Ricordiamo anche p. Silvano Fausti, maestro spirituale.

Vincent Lebbe era nato a Gand, in Belgio, nel 1877 e aveva maturato la sua vocazione a missionario in Cina prestissimo, addirittura a undici anni. In Cina, di fatto, ci arrivò a tempo di record, subito dopo essere stato ordinato prete nella Congregazione della Missione (Lazzaristi), assumendo il nome di Lei-Ming-Yuan e propugnando, da subito, un metodo di evangelizzazione nel più assoluto rispetto della cultura locale, lontano da ogni imposizione di schemi di vita europei. Invece della sottana da prete, prese a vestirsi come un comune manovale cinese, compreso il tradizionale codino. Sosteneva inoltre la necessità di sviluppare una chiesa interamente cinese, con clero e vescovi autoctoni, fuori da ogni dipendenza dalla cultura e dominazione europea e per questo subì, con grande dignità e senso dell’obbedienza, ogni tipo di irrisione, umiliazioni, denigrazioni e continui trasferimenti. La sua attività, in ogni caso non conobbe sosta. Fondò il quotidiano Ichepao e alcuni altri periodici. Istituì la Société des Auxiliaires des Missions, i Piccoli Fratelli di San Giovanni Battista e le Piccole Sorelle di Santa Teresa, esponendo i principi della sua attività missionaria in Annales de la Mission. Quando si rese conto che era giunto il momento di un nuovo e decisivo passo, si recò a Roma e chiese udienza al papa Pio XI, ottenendo la nomina dei primi sei vescovi cinesi. Gli altri, i vescovi europei, gridarono al tradimento, ma non poterono farci nulla. Lui, ormai naturalizzato cinese, tornato in patria, quella scelta da lui, si dimise dalla Congregazione della Missione e entrò in quella da lui fondata. Stremato dalla fatica di tante iniziative, morì a Nanchino il 24 giugno 1940. Il governo cinese, dichiarando un giorno di lutto, volle onorare in Lei-Ming-Yuan (Tuono-che suona- a distanza), un grande cristiano e un grande patriota.

Silvano Fausti, gesuita bresciano e biblista, noto per i suoi corsi di lectio divina e la guida di esercizi spirituali, oltre che per aver dato vita con un gruppo di confratelli, alla fine degli anno Settanta, nella periferia di Milano, alla Comunità di Villapizzone, in cui vivono sei nuclei famigliari e una comunità di gesuiti, all’insegna della condivisione evangelica. Nato in Val Trompia il 2 gennaio 1940, Fausti era entrato nella Compagnia di Gesù il 5 gennaio 1960 ed era stato ordinato presbitero il 28 giugno 1968. Per 15 anni fu confessore del Card. Martini. Determinante, nella scelta di farsi gesuita, era stato l’esempio di suo zio, Giovanni Fausti, missionario della Compagnia di Gesù in Albania, fucilato il 22 febbraio 1946 sotto la dittatura di Enver Hoxha, assieme ad altri 37 albanesi. Beatificati tutti il 5 novembre 2016. P. Silvano è morto, dopo una lunga malattia, il 24 giugno 2015.

Prendendo spunto dal ricordo di P. Silvano Fausti, scegliamo di congedarci, offrendovi una pagina tratta dal suo libro “L’idiozia. Debolezza di Dio e salvezza dell’uomo” (Ancora). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La croce non è solo un evento di duemila anni fa. Rimane il segno costante con cui Dio si presenta all’uomo per offrirgli salvezza: è il segno del Figlio dell’uomo che alla fine tutti vedranno, perché è il loro fine (cf Mt 24, 30). Anche adesso l’affamato e l’assetato, l’immigrato e il nudo, il malato e il carcerato, sono sempre lui, il Crocifisso (cf Mt 25, 35 ss), che sarà con noi sino alla fine del mondo (cf Mt 28, 20) per darci in eredità il regno preparato per noi dal Padre suo fino dalla fondazione del mondo (cf Mt 25, 34). Alla luce della storia di Gesù vediamo la luce della nostra storia. La croce ci salva svelandoci che all’origine dei nostri mali c’è un terribile inganno. Noi confondiamo il male con il soffrire, che è una semplice conseguenza. Male non è soffrire, e neppure morire, essere affamati o uccisi; bensì voler possedere la vita propria e altrui. Questo produce sofferenza e morte, fame e uccisioni. Fino a quando consideriamo male il subire e non il fare ingiustizia, continueremo a moltiplicare il capitale già alto di violenza che abbiamo ereditato. Solo se ci conosciamo e accettiamo come figli che tutto ricevono in dono, è vinta la radice della violenza e possiamo vivere da fratelli. Più in concreto possiamo chiederci quale interpretazione idiota possiamo fare noi oggi della croce in questo nostro tempo, in cui il dio di questo mondo è uno, e l’ingiustizia, pure unica, domina sovrana. La nostra epoca è “apocalittica”: mostra il vero volto della violenza, rivelandola come male ormai capace di distruggere la terra. E possiamo supporre che lo farà. Il male è stolto: non retrocede neanche davanti alll’asassinio di Dio, pur sapendo che questo segna la sua fine. Contemplando la croce che perdura nella storia, anche noi, liberati dai nostri idoli, possiamo aprire gli occhi. Davanti a questa “teoria” devono nascere nuove interpretazioni “idiote”, necessarie per comprendere la salvezza di Cristo oggi, per batterci il petto e ritornare. Sarà il principio di una prassi nuova. (Silvano Fausti, L’idiozia. Debolezza di Dio e salvezza dell’uomo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Giugno 2019ultima modifica: 2019-06-24T22:00:22+02:00da fraternidade
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